Un Natale di novant'anni fa (3a parte)

Arrogus de storia
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"Un Natale di novant'anni fa" di don Giovanni Giacu (terza parte).

"In vista di questo, e per evitare fastidi che ci sì potrebbero procurare dal popolo, non sempre retta nei suoi giudizi, né sempre delicato nel presentare i suoi lamenti, io san di parere, che convenga meglio ad entrambi di provocare al riguardo una perizia ufficiale dalla prefettura.
Essa così darebbe i suoi ordini, cui nessuno potrebbe sottrarsi, e noi ci conserveremo sempre scevri di ogni
responsabilità dinanzi al nostro popolo.


Del resto, in conclusione, qualora ritenesse superfluo tale ripiego, Ella può benissimo, nel caso presente, per ragioni di sicurezza pubblica, impartire tutti quelli ordini che crederà più opportuni. Comandi, se crede, e troverà in me un suddito inappuntabilmente sottomesso.
In ogni caso però La pregherei di procrastinare i provvedimenti pratici fino al 1° gennaio inclusivo, del prossimo anno, in omaggio alle imminenti feste del Natale, e di rendermene consapevole a tempo, per dare gli opportuni avvertimenti al popolo. Confido poi che, come mi è stato promesso, si farà di tutto per restituire al primitivo decoro il campanile, che, per il nostro paese, è un monumento.
Gradisca penante i miei rispettosi ossequi. (...) Sac. Raffaele Cabitza rettore Parrocchiale".


Le richieste del Rettore Parrocchiale don Cabitza, non vengono prese in considerazione, e con una lettera del 24
dicembre si ha la risposta del Sindaco, il quale conferma gli ordini impartiti nella lettera del 21 dicembre 1909.


24 dicembre 1909.
Lettera del Sindaco al Parroco N. Prot. 1245: "Al Rev. Parroco. Prendo atto della sua pregiatissima in data di ieri, e mentre mi riserbo di comunicarle altri ordini circa il suono delle campane, pregola disporre (fin da stanotte) dei banchi in modo che sia vietato l'avvicinamento del pubblico nella parte interna della chiesa, per alami metri dal Campanile... Il Sindaco G. Sassu ".

Per sapere quali siano stati l'accadere degli eventi, occorre interrogare Mons. Severino Tornasi, che con i suoi preziosi appunti ci testimonia il nostro ieri. Mons. Tornasi al riguardo dice: "Fu costruito infatti uno steccato, al di fuori e al di dentro della chiesa, e per vari anni ingombrò il piazzale e la chiesa; ma i ristauri rimanevano sempre al di là da venire. Scoppiata l'epidemia della spagnola nel 1918 e 1919, il legname dello steccato dovette impiegarsi per fare le bare ai numerosi morti; ed in occasione del Quaresimale predicato nel 1920 dal Padre Emiliano Zedda Cappuccino, avendosi bisogno di molto spazio in chiesa, anche dì là furono rimossi gli ultimi avanzi di steccato".

A proposito dell'epidemia il Tornasi ci lascia questa breve ma significativa testimonianza: "Negli anni 1918, 1919, dopo il disastro delle guerre fummo pure oppressi da una epidemia detta "la Spagnola", specie di polmonite perniciosissima che dal novembre 1918 per tutto quell'inverno, con un mitigamento nell'estate ed un rincrudimento più benigno nell'inverno successivo 1919, fece vastissima messe di floridissime esistenze
specialmente fra i giovani, e a preferenza fra le donne. A San Gavino nel 1918 i morti furono 161, su nati 70; nel 1919 i morti furono 83, nati 87".

Altre curiosità popolano la nostra mente, speriamo che un giorno esse trovino un appagamento, magari, ancora fra le carte ingiallite dal tempo,  che amorevolmente custodisce l'Archivio Comunale di San Gavino.
Continuiamo con pazienza il nostro lavoro di ricerca sperando di riuscire a trovare altri frammenti narranti il nostro ieri.


Giovanni Giacu

 

(da "Il Provinciale oggi", n. 1 del 1° Dicembre 1999)