Insediamenti della curatorìa di Bonorzuli

Arrogus de storia
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Note conclusive a “Insediamenti della curatoria di Bonorzuli in relazione al castello di Monreale: il caso di San Gavino Monreale (SU) – tesi di laurea di Serra Alberto.

Insediamenti della curatorìa di Bonorzuli in relazione al castello di Monreale: il caso di San Gavino Monreale (SU) - è un lavoro che ha dato un esito preciso, ovvero quello che allo stato attuale della ricerca non esistono risposte a questo determinato quesito. Si è giunti a questo attraverso un percorso di quattro capitoli, ognuno con una specifica tematica.

Il primo capitolo ha trattato della storia degli studi sull'insediamento in Sardegna, partendo dalle basi extra nazionali per scendere nel dettaglio di quelle isolane, mettendo in mostra - in un breve excursus storiografico - come la disciplina si sia evoluta ed abbia portato gli studiosi, siano essi storici o archeologi, ad abbracciare tematiche sempre differenti tra di loro.

Per studiare la relazione tra il castello di Monreale e l'attuale paese di San Gavino Monreale nel medioevo è stato necessario spiegare quale fosse la realtà politico-istituzionale all'ora vigente, ovvero il regno giudicale d'Arborea.

Il capitolo dedicato alla curatorìa di Bonorzuli è stato quello più difficile da affrontare: la scarsità degli studi su questa zona della Sardegna ha reso difficile rendere l'idea e le caratteristiche di questo centro amministrativo, in particolare in periodo medievale. Sono stati pochissimi gli studiosi che nel corso degli anni si sono occupati di questo territorio: coloro che ne hanno trattato alcuni aspetti lo hanno fatto in maniera marginale, senza entrare nel merito specifico dell'argomento. La tematica è risultata difficile sopratutto per quanto riguarda il periodo medievale, mentre invece è risultata più semplice – perché meglio studiata – quella che riguarda l'epoca moderna e l'evoluzione della curatorìa in Baronia di Monreale durante il periodo della piena dominazione spagnola.

Il quarto capitolo è stato scisso in due parti: il primo riguardante la storia medievale di San Gavino, il secondo la storia del castello di Monreale.

La villa di San Gavino ha avuto origine, così come è arrivato sino ai nostri giorni, dalla possibile fusione di tre centri, riunitisi poi attorno alla chiesa di San Gavino Martire, edificio studiato da diversi studiosi come Francesco Cesare Casula; i problemi legati alla storia di San Gavino sono tanti: la scarsità delle fonti sia scrittorie che materiali e il veloce cambiamento al quale è stata portata durante i primi anni del XX secolo scorso, oltre che alla fragile consistenza del suo territorio – soggetto spesso ad inondazioni che non permettono scavi adeguati – non permettono di ricostruirne con sicurezza la sua vita.

Il castello di Monreale invece – la cui giurisdizione appartiene al comune di Sardara – è stato maggiormente e più approfonditamente studiato da diversi anni, e l'ultimo studio risale al 2010, fatto da Francesca Romana Stasolla, senza dimenticare i contributi di Francesca Carrada.

Dai loro studi risulta che il castello ha avuto una certa importanza per tutto il territorio circostante, ma ciò non è bastato per affermare se sia esistita una relazione tra lo sviluppo di San Gavino e il centro fortificato stesso.

Proprio a partire dalle considerazioni fatte da Francesca Romana Stasolla possiamo affermare che - almeno ideologicamente - sia esistita una correlazione tra San Gavino e il castello, in quanto la posizione della porta detta “di San Gavino”, era perfettamente in linea con l’abitato della villa omonima; questo potrebbe far pensare che San Gavino avesse - così come Sardara - un ruolo importante nello scacchiere del giudicato d’Arborea almeno durante le guerre contro i catalano-aragonesi, a partire dalla seconda metà del XIV secolo.

Ed è sempre dal XIV secolo che - come già affermato nel quarto capitolo a proposito della storia di San Gavino - che questo villaggio ottenne una sua importanza, sia per numero di fuochi sia per quanto riguarda i firmatari della pace del 1388 tra Eleonora d’Arborea e le forze aragonesi, che testimoniano come la villa fosse tenuta in considerazione per la sopravvivenza dello stato giudicale sardo. Infatti la sua vicinanza al castello avrebbe potuto farla diventare un luogo importante anche per quanto riguarda l’accumulo delle derrate alimentari, collocando la villa tra i poli più importanti del giudicato stesso: sappiamo infatti che nel castello venivano ammassate le scorte cerealicole, di cui San Gavino avrebbe potuto esserne produttrice. La stessa presenza della chiesa di San Gavino Martire, considerata chiesa-pantheon degli Arborea da Francesco Cesare Casula e da Nicoletta Usai una possibile cappella palatina, farebbe pensare che la villa avrebbe ricoperto un ruolo non indifferente nella vita del giudicato stesso, paragonando il ruolo di questa chiesa a quella di Santa Chiara di Oristano. Nemmeno la lettura dei proceso contra los Arborea, ovvero tutti quei documenti che testimoniano l’azione intrapresa dai sovrani d’Aragona contro i regnanti sardi d’Arborea accusati di tradimento e di fellonia per gli anni 1353-1393, riportano in maniera diretta o indiretta fonti o testimonianze che potrebbero far pensare ad un possibile collegamento o rapporto tra villa e castello.

Con la fine del potere giudicale, la curatorìa di Bonorzuli divenne la Baronia di Monreale, che comprendeva, secondo Francesco Floris, cinque villaggi importanti, tra cui San Gavino, sotto l’egemonia dei Carroz di Quirra. Tra questi villaggi, San Gavino è quello più popoloso a partire dal 1483: nel lavoro di Giuseppe Meloni e Pinuccia Simbula, sono presenti i dati sui fuochi dei villaggi della baronia di Monreale, e da questi risulta che San Gavino possedeva, per quell’anno 157 fuochi, mentre Sardara, che era il secondo villaggio più popoloso, nello stesso periodo ne aveva solo 123, segno di come la villa di San Gavino mantenesse un discreto ruolo.

Per il Medioevo queste sono le uniche testimonianze di quale possa essere stato il legame tra San Gavino e il castello di Monreale; è a partire dall’età moderna che si hanno alcuni agganci per discutere riguardo questo argomento.

Per anni il comune è stato detto di San Gavino Monreale: giuridicamente il suddetto nome venne acquisto con il R. D. Torino 13 dicembre 1863, fatto proprio per evitare di confondere il comune con il suo omonimo di Porto Torres; ancora prima però in alcune opere seicentesche - come quelle di Jorge Aleo - il comune viene menzionato come Sancti Gavini Montis Regalis, così come in alcuni atti notarili - relativi al 1647 - viene menzionata la stessa dicitura per indicare persone appartenenti a quella comunità.

Due sono ancora le tesi riportate da Antonio Casti e relative a questo aspetto del presente lavoro: con il riscatto dei feudi nel 1856 - e la relativa riedizione catastale dei confini tra le comunità - viene indicato quale sia il confine preciso tra i comuni di San Gavino e di Sardara, e dove sia il castello: risulta così da questa carta catastale che esso si trovi nel territorio comunale di Sardara, com’è tutt’oggi.

La seconda ipotesi - ovvero una idea di Antonio Casti - riporta come il nome San Gavino Monreale sia da far risalire al fatto che con la creazione e lo sviluppo della baronia di Monreale, la villa - per la sua crescita del XVII e XVIII secolo - abbia ottenuto quell’appellativo; lo studioso, per supportare questa tesi, riporta alcuni documenti posseduti dall’archivio arcivescovile di Ales del 1632 in cui il villaggio viene citato come oppidum Sancti Gavini Montis Regalis; ed è sempre Antonio Casti però che - facendo notare l’importanza della villa all’epoca di Sigismondo Arquer nel XVI secolo - essa viene comunque appellata con il solo nome “S. Gavinus”. L’appellativo Monreale, affianco al nome del villaggio, potrebbe essere stato usato a seconda dei casi, e che all’epoca del R.D 1863 il legislatore abbia voluto codificare un modo di dire che probabilmente era entrato in maniera consuetudinaria nell’uso delle persone.

Tutto questo farebbe pensare che la villa di San Gavino abbia ottenuto solamente in piena epoca moderna - per la sua posizione al centro della pianura del Campidano - una importanza tale da averla associata al castello e a tutto ciò che questo avrebbe potuto comportare: importanza sociale prima di tutto e prestigio morale; se questo può essere ipotizzato per il periodo che va dal XVII al XIX secolo, è impossibile affermarlo per il Medioevo, che non presenta - al momento - fonti scritte o testimonianze materiali per affermare quale sia stata la relazione per lo sviluppo dell’uno che dell’altro centro.

Esistono, nella tradizione orale, alcuni elementi che potrebbero stabilire quale sia stato il rapporto che ha legato San Gavino al castello di Monreale: Antonio Casti riporta alcune storie, tramandate da generazioni di sangavinesi, secondo le quali la proprietà del castello venne decisa in una partita a carte tra gli abitanti di San Gavino e Sardara, e che a vincere sarebbero stati questi ultimi; altra voce popolare riportata afferma che gli abitanti di San Gavino abbiano ceduto il possesso del castello agli abitanti di Sardara per ottenere in cambio l’uso delle fonti di Santa Maria Acquas; ultima tradizione afferma che il castello era spesso identificato come “su casteddu de santu Engiu”.

Non avendo nemmeno testimonianze di come si sia evoluto nel tempo l’abitato di San Gavino, è impossibile affermare se ciò sia stato o no influenzato dal prestigio che il castello aveva ottenuto; fatto sta che esso ha avuto un ruolo importante per la formazione di una coscienza della comunità, che si rispecchiava nell’importanza che il nome “Monreale” suscitava in chi lo pronunciava, attraverso delle idee di appartenenza che fino a poco tempo fa - almeno fino alla prima metà degli anni Sessanta del secolo scorso - gli abitanti di San Gavino erano consapevoli di avere.

Non esistono documenti che provino questa relazione: gli stessi elementi elencati non permettono di affermare se sia esistita o no questa relazione di sviluppo dei due centri, mentre invece è possibile almeno ipotizzare che un collegamento ideale si sia formato nel corso dei secoli, raggiungendo la massima affermazione a partire dal XVII secolo, e trovando conferma del senso di appartenenza che i sangavinesi provavano verso questo centro fino alla seconda metà del secolo appena concluso.