L'emigrazione italiana in Uruguay nel secondo dopoguerra

Il libro
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"L'emigrazione italiana in Uruguay nel secondo dopoguerra. Il caso Sardegna." di Martino Contu - AM&D Edizioni, 2014.

Il libro, attraverso fonti d'archivio inedite e una aggiornata bibliografia, ricostruisce il fenomeno dell'emigrazione italiana in Uruguay nel secondo dopoguerra, quando oltre 20.000 connazionali salparono dai porti italiani con destinazione la repubblica sudamericana.

Il volume dedica particolare attenzione al flusso migratorio sardo rico­struito grazie alle testimonianze dei protagonisti che hanno attraversato l'Oceano Atlantico alla ricerca di nuove prospettive di vita e di lavoro.

Dal sommario:

Problemi di storiografia dell'emigrazione italiana nel secondo dopoguerra

La legislazione italiana sull'emigrazione e le norme uruguaiane in materia di immigrazione

Le relazioni tra Italia e Uruguay negli anni '40 e '50 e la nuova emigrazione assistita

II quadro delle condizioni politiche, socio-economiche e culturali dell'Uruguay e della Sardegna nel secondo dopoguerra

Le ragioni della fuga sarda verso i nuovi mercati del lavoro

Nella sponda opposta del Rio de la Piata: tentativi di ricostruire il fenomeno migratorio dalla Sardegna all'Uruguay attraverso le statistiche

Nella sponda opposta del Rio de la Piata: l'emigrazione raccontata attraverso i documenti, le memorie e le esperienze di vita. I casi di alcuni emigrati di Guspini, Sassari, Giave, La Maddalena e Fluminimaggiore

I sardi residenti in Uruguay secondo i dati dell'AIRE

Documenti e iconografia:

  • Giuseppe Vaccargiu
  • Angelo Vaccargiu
  • Luigi Scanu
  • Francesco Scanu
  • Emilio Scanu
  • I fratelli Scanu-Vaccargiu
  • Francesca Idini
  • Giovanni Sotgiu
  • Giovanni Nebbia
  • Fulvio Diana

 

L'autore:

Martino Contu, presidente della Fondazione "Mons. Giovannino Pinna" e del Centro Studi SEA di Villacidro, dirige la rivista «Ammentu. Bollettino Storico, Archivistico e Consolare del Mediterraneo».
Autore di numerose pubblicazioni, tra cui L'emigrazione in America Latina dalle piccole isole del Mediterraneo occidentale. I casi di Capraia, Formentera, Giglio, La Maddalena, San Pietro e Sant'Antioco (Centro Studi SEA, 2012).


 

Dall'Unione Sarda, pag. 28, sabato 8 febbraio 2014.

Emigrazione. Oggi sono un centinaio
Quei sardi d'Uruguay mini colonia
Il nuovo libro di Martino Contu racconta le vicende degli isolani partiti per il paese sudamericano nel secondo dopoguerra

Tra Sardegna e Uruguay esiste un forte legame di simpatia e affari nel mondo sportivo: l'allenatore del Cagliari è Diego Lopez che nella sua squadra ha due giovani connazionali, Cabre­ra e Vecino. Indietro nel tempo tutti ricordano il grande campione Enzo Francescoli che ai primi an­ni Novanta con il goleador Fonseca e il difensore Herrera componevano il "trio delle meraviglie", per citare i più famosi dei tanti che han­no giocato a Cagliari. I colo­ri rossoblù si sono mischiati spesso con il biancoceleste della bandiera uruguaiana. Al contrario sono davvero pochi i sardi emigrati nel pìccolo paese sudamericano di appena tre milioni e mez­zo di abitanti, metà di origi­ni italiane. Nel 2007 ufficialmente risultavano iscritti nell'Aire (Archivio degli ita­liani residenti all'estero) so­lo 110 provenienti dai Co­muni dell'Isola: un'esigua minoranza rispetto ai 68 mi­la italiani censiti. E una "mi­ni" comunità anche rispetto ai tremila sardi che vivono dall'altra parte del Rio de La Piata, in Argentina, che co­stituiscono la più numerosa presenza dei novantamila sardi attualmente all'estero.

POCHI EMIGRATI.
Tradizionalmente l'Uruguay non ha mai attirato i sardi, come in­vece l'Argentina che, a parti­re dalla metà dell'Ottocento, ha richiamato oltre 30 mila isolani, il Brasile o il Vene­zuela. «Un flusso migratorio modesto e per giunta diffici­le da conoscere», spiega Martino Contu, console ono­rario dell'Uruguay, docente nell'università di Sassari, storico affermato a livello nazionale per aver "scoper­to" l'archivio sulle vìttime delle Fosse Ardeatine e pub­blicato le biografie degli otto martiri sardi uccisi dai nazi­sti in quel massacro del 24 marzo 1944.

L'INCONTRO.
Ieri, nel salone della Società Operaia, ha presentato il suo nuovo stu­dio dedicato a "L'emigrazio­ne italiana in Uruguay nel secondo dopoguerra, il caso Sardegna", edito da Am&D. A parlare delle esperienze e delle politiche per i sardi al­l'estero c'erano Michele Carrus, segretario regionale del­la Cgil, il sindacato che ha sostenuto la ricerca, e la re­sponsabile per l'emigrazione Marinora Di Biase. Insieme a loro lo storico Stefano Pira e Giorgio Carta, ex assesso­re regionale a cui si deve la legge che tuttora, dopo oltre vent'anni, tutela (o forse sa­rebbe meglio dire non tutela più a sufficienza) i nostri corregionali nel mondo.
Il libro di Contu colma un buco nero della storia sul­l'emigrazione perché il flus­so migratorio dalla Sardegna verso l'Uruguay è stato poco o per niente studiato. In as­senza di dati statistici per il periodo 1946-1955, Martino Contu ha dovuto spulciare le fonti dello Schedario Conso­lare Italiano di Montevideo e, soprattutto, quelle dell'AI­RE (Archivio degli Italiani Residenti al'Estero). «Que­st'ultimo archivio - spiega lo studioso di Villacidro - defi­nito una fonte frammentaria e poco affidabile per rico­struire le correnti migratorie di fine Ottocento e dei primi decenni del Novecen­to, contiene documenti utili soprattutto per la situazione presente. Tuttavia, nel caso specifico dell'Uruguay, si è rivelato una fonte importan­te per tracciare un quadro degli emigrati di prima gene­razione che hanno lasciato la Sardegna negli '40 e '50 per dirigersi sull'altra spon­da del Rio de la Piata. Emi­grati - sottolinea Contu - che hanno continuato a mante­nere, spesso insieme ai loro figli, la cittadinanza italia­na».
Per completare la ricerca si è avvalso in parte di docu­menti provenienti da archi­vi comunali e, in modo par­ticolare, dal racconto orale dei testimoni, protagonisti della traversata transoceani­ca (allora durava sino a 25 giorni), dei loro figli, parenti e amici. Una raccolta di biografie che fanno emergere uno spaccato sociale e cul­turale di quella piccola real­tà sarda in Sud America. Ec­co le storie dei fratelli Vaccargiu e dei fratelli Scanu di Guspini, di Giovanni Sotgiu di Giave, Giovanni Nebbia di La Maddalena e Francesca Idini di Sassari, oggi quasi novantenne.

IL GARIBALDINO FIGURINA.
Emigrati di ogni genere, in gran parte contadini e ma­novali, ma alcuni hanno fat­to fortuna come piccoli im­prenditori, medici, avvocati e ingegneri. In tempi passati il più illustre sardo è senza dubbio il colonnello garibal­dino Angelo Figurina, nato a Cagliari nel 1815, un valoro­so volontario della prima ora. Amico personale e uffi­ciale fidatissimo del Genera­le, gli fu a fianco in Sud Ame­rica e poi in Italia. Trascorse una vita avventurosa tra campi di battaglia e scontri navali, tra guerre d'Indipen­denza e rivoluzioni, ferito nella presa di Roma del 1850 ed emigrato definitivamente a Montevideo dove morì nel 1878. Aveva 63 anni. Il suo nome non figura tra quelli entrati nella leggenda del Ri­sorgimento, dimenticato an­che in Sardegna: un altro personaggio riscoperto da Contu che gli ha dedicato una biografia sulla base del­l'epistolario di Garibaldi e delle memorie dello stesso Figurina (il cognome origi­nario era Portoghese).

LA FAMIGLIA CRISPO.
Tra i sardi che si sono affermati in Uruguay emergono le storie di alcuni componenti della famiglia Crispo, di Codrongianos. Fra tutti risalta la fi­gura del medico Giovanni Antonio Crispo Brandis (emigrato nel 1872), primo preside italiano della Facoltà di Medicina di Montevideo, e quella di alcuni suoi di­scendenti: il figlio Osvaldo Crispo Acosta, docente uni­versitario, apprezzato criti­co letterario e il nipote Eduardo Crispo Ayala, inge­gnere, ministro delle Opere pubbliche negli anni della dittatura (1973-76). «Ma lui non fu mai coinvolto in azio­ni contro i diritti umani», conclude Contu.

Carlo Figari