Giovanni Pisu

Da Il Filo della Memoria 2.0 - Biblioteca Multimediale di San Gavino Monreale (VS).

Testimonianza di Giovanni Pisu

Giovanni Pisu, (San Gavino Monreale (VS)), è stato un operaio della Fonderia di San Gavino.

Indice

INTERVISTA

Presentazione

Mi chiamo Giovannino Pisu, per gli amici Nino, 81 anni compiuti, ho fatto il consulente del lavoro sino al 1999, adesso per ammazzare il tempo, sono qui, nell’ufficio di casa mia, per gli amici e per chiunque abbia bisogno, senza far pagare niente, faccio ricorsi, preparo domandine. Il mattino mi alzo presto, verso le cinque, vado all’orticello sino alle otto e anche più tardi, specialmente d’estate, alternando così lavoro fisico a lavoro d’ufficio, allenando il corpo e la mente e penso che questo abbia giovato moltissimo alla mia salute.

Ricorda il suo primo giorno di lavoro in Fonderia, aveva svolto precedentemente altri lavori?

Sono stato assunto in fonderia nel 1943, precedentemente lavoravo presso la “Manfredi” ed eseguivo lavori di sterro, nei pressi della zona dove è stato costruito un riparo per mettere le biciclette degli operai. Ricordo che era estate, sudavo moltissimo, mi era stato assegnato un pesante piccone per lavorare! In quel momento l’ingegner Masoch, dirigente della fonderia, che osservava il mio lavoro dalle finestre del suo ufficio, mandò maestro Orrù, capo cantiere della “Manfredi” a chiamarmi e mi disse : - Pisu, vai dall’ingegnere Masoch, che ti vuole parlare-. Una volta entrato nell’ufficio l’ingegnere mi propose di lavorare in fonderia. Risposi si con grande gioia, più o meno con queste parole : - Se si tratta di officina, senz’altro vengo a lavorare in Fonderia. E’ un lavoro sicuro! Poi in officina meccanica va benissimo, signor Direttore, la ringrazio -. Il direttore mi diede alcune istruzioni per presentarmi all’indomani in Fonderia per l’assunzione: ritirare il libretto di lavoro; sottopormi a visita medica e dopo recarmi all’officina meccanica dal signor Magnino. In questo modo venni assunto in Fonderia.

Era un anno particolare, perché era subito dopo il 1943?

Subito dopo la guerra. Non ricordo bene, penso fosse il 1944. A quanto so in quegli anni, tra il 1943 e il 1944, si fabbricavano picchi, pale, aratri etc. Quando sono entrato in Fonderia, la Seconda Guerra Mondiale volgeva a termine, la produzione consisteva in quel momento nella fabbricazione di vomeri per gli aratri trainati dai bui o da cavalli, ferri per buoi e cavalli, cerchioni per le ruote in legno dei carri, chiodi etc. La Fonderia cominciava a riprendersi, anche se ancora in quel periodo non si erano raggiunti i livelli di produzione dell’anteguerra, anche a causa della conversione della produzione della Fonderia da bellica a civile e della concorrenza di altre fabbriche; soprattutto per la penuria del minerale proveniente dalla Miniera di Montevecchio. “Le vene”, si diceva allora, si stavano esaurendo, era quindi necessario importare il minerale da altre paesi, con costi maggiori. Anche se non si trattava di una vera propria crisi, era certamente un periodo di grande difficoltà. Ma nonostante tutto si è andati avanti. Nel 1948 si svolsero l’elezioni politiche, che assegnarono la vittoria al partito della Democrazia Cristiana, che insieme ad altre forze politiche moderate, prese la direzione del governo italiano. Questo aveva creato un sentimento di delusione nell’animo dei lavoratori che avevano sperato in un diverso corso politico. E’ in questo clima che si svolsero l’elezioni per la commissione interna, che doveva rappresentare i lavoratori della Fonderia: operai, impiegati, etc. L’elezioni per la Commissione Interna si svolsero democraticamente e assegnarono la vittoria al sindacato della C.G.I.L., di cui ero anch’io un candidato. Alcuni giorni dopo l’elezioni, iniziò, partendo dalle aziende del Sud Italia uno sciopero. E’ bene precisare che gli operai della Fonderia non appartenevano alla categoria dei metalmeccanici ma bensì a quella dei minatori.

Si riferisce allo sciopero del 1949?

Lo sciopero del febbraio 1949 (all’epoca direttore della Fonderia era Marini) si risolse con la vittoria aziendale, ottenuta grazie ad una forte pressione esercitata dalla direzione della Fonderia sui lavoratori. In sintesi la direzione dell’azienda riuscì a dividere i lavoratori usando il metodo del bastone e della carota, cioè terrorizzando il lavoratore con la prospettiva che se non avesse firmato in un apposito registro la rinuncia a far parte di qualsiasi organizzazione sindacale, sarebbe stato licenziato e allo stesso tempo allettandolo con la prospettiva di consistenti aumenti di stipendio e di una serie di agevolazioni. Agendo non solo sul singolo operaio, ma anche sulle famiglie. Ma nonostante questa pressione, gli operai scesero comunque in sciopero.

Quale dimensione raggiunse la partecipazione allo sciopero?

Ci fu una grande adesione allo sciopero.

Comprendeva la totalità dei lavoratori della Fonderia?

Ricordo che la gran parte degli operai aderì assieme ad un impiegato ed un ingegnere. Mentre il resto degli impiegati e dei tecnici, durante l’assemblea dei lavoratori, avevano precisato la loro contrarietà ad azioni del genere, in quanto riponevano grande fiducia nella dirigenza della Fonderia, la quale sino allora era riuscita ad ottenere ottimi risultati. Noi lavoratori apprezzammo la loro sincerità. Gli operai aderiranno quasi all’unanimità allo sciopero. Ma l’azienda reagì immediatamente: durante la notte mandò i suoi “galloppini” per agire presso ciascun operaio e le loro famiglie, con il sistema che ho precedentemente descritto, si venne cosi a creare un vero clima di “terrore”. Gli operai cercarono di reagire all’offensiva padronale che gli aveva “rinchiusi” nello stabilimento, allestendo brande etc., in modo che non avessero contatti con l’esterno. Così dopo alcuni giorni il fronte dei lavoratori incominciò a sfaldarsi. Ricordo che diversi operai, facendo finta con la zappa di andare a lavorare nei loro orti, passarono dietro il muro di cinta della Fonderia e vi entreranno “consegnandosi” all’ingegner Marini decretando così la sconfitta dello sciopero! In brevissimo tempo la direzione licenziò tutti quelli che maggiormente si erano mostrati attivi nella realizzazione dello sciopero. Il primo (o tra i primi) a venire licenziati fui io! Con la seguente motivazione: “per sabotaggio alla produzione”. A proposito dello sciopero del 1949, in alcune pubblicazioni si è sostenuto che a scioperare fu soltanto una persona. Un dirigente sindacale, membro della Commissione Interna. Questo non corrisponde alla realtà dei fatti, i sangavinesi hanno buona memoria, ricorderanno bene quanti e chi aderì allo sciopero con le conseguenze che ne seguirono: i licenziamenti etc. A conferma di quanto dice, ho riscontrato, nelle interviste precedenti, il ricordo di una grande manifestazione di scioperanti che attraversò via Roma… Una grande assemblea si riunì al Cinema Italia del Signor Collu, seguito da un grande corteo, con una forte adesione della popolazione sangavinese. Allo sciopero aderirono tantissimi lavoratori, anche se questa grande e generosa lotta si concluse con una grave sconfitta, seguita da una repressione nei confronti degli operai più militanti che furono licenziati. La Commissione Interna, democraticamente eletta, non ebbe di conseguenza la possibilità di entrare in funzione, anche perché l’associazione degli Industriali non aveva convalidato l’elezione. La direzione della Fonderia creò alcuni strumenti per il controllo dei lavoratori: uno di questi, ricordo, era la famosa “Messa di mezzogiorno” della domenica, un’invenzione voluta dall’ingegner Marini che con il concorso della Chiesa e attraverso vari “gallopini” controllavano chi frequentava o meno la funzione religiosa. Un dato che verificava l’adesione del lavoratore alle direttive aziendali. Questa era la dura vita, negli anni 50’ qui a San Gavino Monreale. Espulso dalla Fonderia, dovetti cercare un’altra occupazione, dopo tre anni di studi da autodidatta mi preparai per gli esami per diventare consulente del lavoro, professione che ho svolto sino al 1999, ma continuavo a seguire ciò che accadeva in Fonderia, avendo ancora tanti contatti con gli operai, che mi raccontavano l’evolversi delle relazioni tra gli operai e la Direzione. Intorno al 53’ o al 54’ (non ricordo bene) l’Azienda, sicura di aver messo definitivamente all’angolo gli operai, indisse nuovamente l’elezioni per il rinnovo della Commissione Interna, certi di un risultato favorevole. Ma rimasero spiazzati dalla “sorprendente vittoria” ottenuta dalla C.G.I.L., a dimostrazione che l’animo dei lavoratori non era stato piegato, anzi reagiva con rinnovato vigore.

Lo sciopero del febbraio 1949 è durato circa tre o quattro giorni?

Quattro giorni.

Sappiamo che lo sciopero si concluse con una sconfitta per gli operai, può descrivermi quale era i loro stato d’animo, in quel drammatico frangente?

Come ho raccontato precedentemente lo sciopero si concluse grazie e soprattutto alla pressione esercitata dalla Direzione dell’Azienda, attraverso i suoi “gallopini”, che durante la notte bussando alla case degli scioperanti “terrorizzarono” le mogli con la prospettiva del licenziamento e delle miserie che ne sarebbero derivate. Ho già raccontato degli operai che fingendo di andare all’orto con la zappa entrarono dagli ingressi laterali, e questo con un grande senso di colpa. Premendo sulle famiglie il fronte dei lavoratori si sfaldò completamente. Per quanto riguarda lo stato d’animo degli operai, dopo la sconfitta dello sciopero, ricordo che c’era una grande voglia di rincominciare, di riportare nuovamente il Sindacato in Fonderia. Nonostante avessi intrapreso un’altra attività, avevo numerosi contatti con gli operai della Fonderia, che incontravo clandestinamente, in un vicoletto, a tarda sera, quasi ogni notte. Nei loro discorsi vi era un grande desiderio di rivincita, che si manifestò nell’elezioni per la Commissione Interna del 53’ o del 54’.

Per quali ragioni si scioperò?

Non eravamo scesi in sciopero per rivendicazioni salariali, ma in solidarietà con i Minatori di Montevecchio, in quanto, anche gli operai della Fonderia, appartenevano alla Lega dei minatori.

Quali organizzazioni sindacali promossero lo sciopero? Chi furono tra gli operai i maggiori attivisti ?

Lo sciopero fu organizzato dalla Commissione interna, che indisse un’assemblea dei lavoratori che doveva deliberare se aderire o meno allo sciopero. Presa la decisione di scioperare, fu inviata una delegazione della Commissione Interna, per informare la Direzione. Ma il Direttore ci mostrò un registro con le firme degli operai che rinunciavano all’azione sindacale. Preso atto di questo, la delegazione della Commissione Interna rimise il mandato all’assemblea, in quanto si riteneva di non rappresentare più la volontà della totalità degli operai. Data la situazione creatasi, decisi di intervenire immediatamente, in quanto segretario di Lega, invitando gli operai a riunire il Consiglio di lega e prendere in breve tempo (in 15 o 20 minuti) una decisione. Si decise di aderire allo sciopero di solidarietà con i Minatori della Miniera di Montevecchio, decisione condivisa anche dagli operai riuniti in assemblea. Non ci fu nessun contrario, a parte gli impiegati (ad eccezione di uno) che si espressero contro lo sciopero. Poi, io, in quanto segretario di Lega, proclamai lo sciopero. Vorrei riportare la sua memoria al periodo della sua assunzione in Fonderia, oltre a chiederle quali mansioni ha svolto in quel periodo, vorrei che mi descrivesse anche la tipologia dei rapporti che intercorrevano tra gli operai, gli impiegati, i tecnici e i dirigenti dell’azienda. Buonissimi, tanto è vero che i miei rapporti con gli operai erano eccellenti! Ho sentito sempre un particolare legame con gli operai della Fonderia, tanto è vero che presentandomi, più volte all’elezioni municipali, ho sempre avuto il loro sostegno elettorale, grazie anche al mio carattere e al mio modo di pensare, che mi ha sempre accompagnato nel corso della mia lunga militanza politica, dal 1944 nelle file P.C.I. sino ai Democratici di Sinistra. Ho partecipato a diverse elezioni, la prima, nel lontano 1946, per una lista civica di Sinistra, denominata “Sardegna due spighe” ed ho sempre raccolto la gran parte dei miei consensi tra gli operai della Fonderia e loro famiglie.

In quel periodo a quale orientamento politico era l’amministrazione comunale?

Una lista civica denominata “Sardegna due spighe” di Sinistra, era il 1946.

Allora che mansioni ha svolto in Fonderia?

Prima di essere licenziato, lavoravo nell’officina meccanica, mentre al momento dell’assunzione lavoravo come apprendista alla forgia, dopo come operaio di turno all’officina meccanica e all’officina elettrica.

Era un lavoro duro?

Non posso sostenere che fosse un lavoro duro. Pesante per me era il lavoro di sterramento con la ditta Manfredi, che svolgevo prima dell’assunzione in Fonderia. Un mese o due prima del mio licenziamento, in occasione del centenario della Monteponi, ricevetti un riconoscimento per il lavoro sin lì svolto, in quanto non mi ero mai assentato arbitrariamente o per malattia. Ricordo di essere andato a lavoro anche in più di una occasione febbricitante.

Vi erano norme a tutela dei lavoratori?

Senz’altro i diritti acquisti dai lavoratori venivano rispettati dall’Azienda. A nessun lavoratore è mai mancato un contributo settimanale, tutti avevano l’assistenza. Il rispetto c’era anche perché le norme erano valide su tutto il territorio nazionale e poi se ci si accorgeva che c’era un qualsiasi problema, subito ci attivava , presentando, a chi di dovere, le nostre richieste.

Quale tipologia di rapporto intercorreva tra i Dirigenti e i lavoratori? Vi era per caso un rapporto di subalternità?

La gran parte degli operai nutriva un vero è proprio senso di subalternità, non solo verso i superiori ma anche verso gli impiegati. Per rendere ancora più chiara la situazione, le faccio il seguente esempio: tra gli operai c’era l’usanza, anche se più anziani, anche se padri di famiglie numerose, di togliersi il berretto per salutare gli impiegati, anche quelli giovanissimi!

Quindi c’era un stratificazione gerarchica?

La distinzione era fortissima, addirittura gli ingressi erano separati, gli operai entravano dal cancello grande, quello usato per il trasporto del materiale, mentre gli impiegati entravano da un altro ingresso più piccolo. Tutto questo per evitare qualsiasi tipo di fraternizzazione, inoltre gli impiegati godevano rispetto agli operai di alcuni privileggi.

Era un modo per dividere i lavoratori…

L’ingegner Rolandi, dirigente tra i più illuminati e intelligenti, quando scendeva ad ispezionare i vari reparti dello stabilimento si intratteneva cordialmente con gli operai, che rimanevano colpiti da tanta gentilezza. Ma io cercavo di metterli in guardia perché non si illudessero, in quanto l’ingegner Rolandi restava comunque la controparte, con la quale gli operai dovevano confrontarsi per far rispettare i propri diritti.

Vi è stato un particolare evento, durante la sua attività lavorativa in Fonderia, a parte lo sciopero del 1949, di cui ha memoria?

Non ricordo eventi particolari. La vita in Fonderia era inquadrata in una rigida routine che si ripeteva quotidianamente: il lavoro in officina meccanica; i contatti con la Commissione Interna e con la Direzione dell’Azienda.

Ricorda tra gli operai una figura di un qualche rilievo?

La personalità che più emergeva tra lavoratori della Fonderia è senza dubbio quella di Arturo Tuveri, che aveva un gran carisma, ed era ascoltato con grande attenzione sia degli operai che dalla Direzione.

Di cosa si parlava?

Si rivolgevano a me e a lui, sia per i problemi di lavoro, che per questioni famigliari, o per contrasti tra amici etc. Gli operai nutrivano grande fiducia nei nostri confronti. Io ho imparato molto dall’esempio di Arturo Tuveri, un insegnamento che ho messo poi a frutto nel mio rapporto con gli operai.

E’ stato il primo operaio?

Il primo operaio? Viene citato nel capitolo “Metallurgia in Sardegna” scritto dall’ingegner Rolandi… E’ stato l’unico che non è stato licenziato, pur non avendo firmato patto aziendale, aveva un rapporto affettivo con la Fonderia, si può affermare che la Fonderia è nata grazie all’ingegner Rolandi e all’operaio Arturo Tuveri.

Cosa pensa dell’attuale situazione?

Sono molto deluso dal comportamento dei giovani d’oggi. Se faccio il paragone con me giovane, ricordo un maggiore interesse per la cosa pubblica, ci si dava fare maggiormente per il lavoro. A proposito ricordo che assieme ad altri giovani di San Gavino Monreale, avevamo dato vita ad un sorta di “commissione”. Questo accadeva poco prima che entrassi a lavorare alla Manfredi. Fondammo una commissione di disoccupati che si recò alla Prefettura di Cagliari. Il prefetto era allora il dottor. Villasanta di Sanluri. Dopo aver presentato al prefetto le nostre richieste, egli premette un campanello a cicala e dopo qualche minuto entrò un segretario a cui ordò di assegnarci 300.000 lire (che allora era una cifra considerevole), per l’assistenza ai disoccupati di San Gavino. Come capo delegazione, reagì, rivolgendomi al prefetto: -Eccellenza, , siamo dei giovani, sani nella mente e nel corpo non vogliamo elemosine, ne da lei ne da altri! Noi vogliamo lavorare, vogliamo che a San Gavino Monreale si lavori! - . Il prefetto sorpreso, mi rispose: - Abbassi il tono della voce, facciamo così, dottore assegni 800.000 lire per lavori pubblici per San Gavino Monreale.-, e la mia risposta fu: - va bene Eccellenza, va bene, grazie! - . Mentre rientravamo in treno, da Cagliari, cercavamo di pensare a quali lavori fare di utilità pubblica. Ci venne l’idea di realizzare una serie di lavori atti a bonificare alcune zone malsane del paese come la bonifica del Rio Marianna Garau, che attraversa allora l’intero paese. Arrivati alla stazione di San Gavino Monreale ci attendeva una folla di circa 300 disoccupati, che unitasi a noi marciò per via Roma, cantando. Si giunse in piazza Marconi ed anche lì ci attendeva un gran folla di familiari etc. Fummo invitati ad entrare in Municipio, dove ci attendeva la giunta riunita, era allora Sindaco Eusebio Esu (perito della Fonderia, socialista) che ci chiese quali fossero i nostri progetti. Rispondemmo che si voleva bonificare il Rio Marianna Garau e diede l’attrezzatura necessaria alla realizzazione dell’opera. Il sindaco domandò inoltre chi avrebbe diretto i lavori e la folla dei disoccupati all’unanimità rispose come un sol uomo: - Giovanni - . Ci si organizzò in gruppi di lavoro e dopo due giorni incominciammo a lavorare. Questa opera di bonifica fu accolta con grande favore da parte di tutta la popolazione sangavinese. Non vedo, purtroppo, nei giovani di oggi questo spirito, non hanno più i nostri valori. Oggi vedo una grande passività che ai miei tempi era sconosciuta! Se lo spirito che ci animava allora fosse ancora presente nei giovani di oggi, molte cose, forse [n.d.r.], cambierebbero nella società e nella politica e si combatterebbero con maggior forza le ingiustizie presenti nel mondo.

La Fonderia è oramai da tempo giunta al termine della sua “vita produttiva”, pensa comunque che possa lasciare una qualche eredità?

Penso che l’eredità più importante che la Fonderia ci possa lasciare sia di carattere storico. Un giorno, forse, scolaresche e turisti la visiteranno ed una guida descriverà i lavori della fusione, della raffinazione etc. Molti di quelli che vi hanno lavorato la ricorderanno con grande nostalgia. Sono oramai circa 10-15 anni che non visito la Fonderia. L’ultima volta fu in occasione di una manifestazione politico-amministrativa e in quella occasione ho provato un sentimento di profonda commozione nel rivedere il piazzale dove un tempo la locomotiva con i suoi vagoni proveniente da Montevecchio, scaricava il minerale con il movimento delle gru semoventi etc. Oggi c’è una grande desolazione e sento una grande ammarezza. Vedo una lenta ed inesorabile rovina!


Intervista a Giovanni Pisu, rilasciata in data 02.08.2004.