La fonderia di piombo di San Gavino Monreale

Da Il Filo della Memoria 2.0 - Biblioteca Multimediale di San Gavino Monreale (VS).

==La Fonderia di piombo di San Gavino Monreale==

Estratto da '"Notizie sull'industria del Piombo e dello Zinco in Italia" pubblicate dalla Montevecchio Società italiana del Piombo e dello Zinco a ricordo di cento anni di esercizio delle sue miniere.

San Gavino Monreale è in Sardegna, a 52 chilometri a nord-ovest di Cagliari, sul­la linea ferroviaria Cagliari-Olbia, la principale dell'Isola. La Fonderia e le sue dipendenze sono disposte ad arco intorno al paese (tavola 61 del III volume). Chi percorre su ferrovia o su strada oppure sorvola in aereo a bassa quota la zona del Campidano di Cagliari delimitata dai paesi di Sanluri, Sardara, Pabillonis, Guspini, Gonnosfanadiga e Villacidro, viene invariabilmente attratto nei pressi del paese di San Gavino Monreale dalla visione di due altissimi eleganti camini dalla cui som­mità una continua colonna di fumo si perde lontana nella pianura seguendo una linea parabolica. Se poi l'occhio scruta ulteriormente noterà, vicino ai camini e fra macchie verdi di eucaliptus, un chiaro complesso di travature e di capannoni che defi­nisce, nel paesaggio poco movimentato della piana campidanese, il vivace quadro della Fonderia della montevecchio, Società Italiana, del Piombo e dello Zinco. Il visitatore che scende alla vicina stazione ferroviaria di San Gavino e si avvia sul breve rettilineo che porta allo stabilimento ne scorgerà subito l'insieme e, osser­vando i camini colle loro vasche poggianti su archetti di stile moresco e le grigie colonnine rinserranti la rossa muratura, potrà notare in lontananza il caratteristico profilo del Monte Arcuentu e, più giù, la sella di Gennas della Miniera di Montevecchio. Chi lo accompagna gii riferirà che da quel centro metallifero, uno dei più impor­tanti e meglio attrezzati dell'Isola, proviene la galena che sarà trasformata in piombo, rame e argento nel vicino impianto, e la blenda destinata non soltanto allo stabilimento di Porto Marghera della società, ma anche ad alimentare una note­vole corrente di esportazione. Intanto il visitatore sarà giunto all'ingresso della Fonderia e gli si dirà che, dove ora, in riposante contrasto di luci, verdi boschetti di pini e di eucaliptus e rosee fioriture di oleandri e di gerani si alternano a sobrie strutture murarie e a snelle strutture metalliche, esisteva, una ventina di anni fa, una depressione paludosa (Piscina Linu) che deve la sua etimologia all'antica coltivazione del lino a subentrarono falasco e zanzare malarigene. In tale depressione si versarono innumerevoli treni di ghiaia e sabbia, si tracciò una rete di strade sopraelevate canali di drenaggio, si costruirono robuste fondazioni tali da contemperare la lata possibilità di carico unitario del terreno argilloso con gli ingenti carichi a; vati dalla spinta dei venti impetuosi che battono la zona, si sondò il terrei" più punti a profondità anche superiore ai 250 metri per attingervi l'acqua necessaria, si impiantò il binario di raccordo colle FF. SS., si costruirono i primi forni montarono i macchinari, cosicché il 10 giugno del 1932 entrò in esercizio il primo nucleo dell'attuale stabilimento con una capacità produttiva di 12.000 tonnellate anno. Nel 1938-1939 la potenzialità della Fonderia venne triplicata e si abbandonò l'uso della nafta per il riscaldamento dei forni e delle caldaie, sostituendola con il gas ottenuto dal carbone «Sulcis>> gasificato in apposito impianto. Nel 1941 venne portato a compimento l'impianto per il ricupero del rame tenuto nelle galene di Montevecchio. Le vicende belliche non apportarono sensibili danni alla Fonderia ma ne imposero la fermata per circa due anni. Nel corrente 1948 entrò in esercizio un impianto per la raffinazione elettrolitica dell'argento nonché un reparto per la produzione di perfettissimi pallini da caccia ottenuti con uno speciale procedimento che permette di usare leghe di alta qualità non utilizzabili con il consueto processo per sgocciolamento e provenienti dal ciclo di raffinazione del piombo. Prossimo ad entrare in esercizio è un impianto per la raffinazione elettrolitica del piombo secondo il processo Cambi all'acido solfamico. In avanzato allestimento sono l'edificio e le attrezzature di un modernissimo « Centro studi per il Piombo ». Le produzioni della Fonderia nei 16 anni di sua esistenza sono dati alle tavole 117 e 118 del III volume. La Fonderia occupa 500 operai, 50 impiegati e cinque dirigenti. Alla tavola 66 del III volume è riportato un disegno di insieme della Fonderia le fotografie inserite tra queste note illustrano qualche aspetto d'insieme.


Ciclo di lavorazione

Nelle sue linee fondamentali il ciclo di lavorazione è semplice:

Miscela galene, sottoprodotti, fondenti

Desolforazione

Fusione

Raffinazione

Piombo dolce

Sottoprodotti

Al ciclo Argento Al ciclo Antimonio Al ciclo Rame

Argento Pallini da caccia Rame


Nella pratica attuazione la semplicità schematica è resa complessa dai ricuperi" dei prodotti secondari e dalle circolazioni dei prodotti intermedi necessari per assicurare il buon esito tecnico ed economico delle operazioni. A tavola 62 del 1JJ volume è dato il diagramma completo del ciclo di lavorazione del piombo dolce e nelle tavole 63, 64, 65 quelli dei cicli dell'argento, del rame, dell'antimonio. A chiarificazione dei diagrammi, e prima di passare alla descrizione dettagliati singoli reparti di lavorazione, aggiungiamo qualche cenno di commento. Ciclo piombo dolce (diagramma a tavola 62 del 111 volume). Il piazzale arrivi costituisce il deposito dei minerali di piombo, e di quanto altro entra nel ciclo lavorazione. I materiali pronti per l'uso (galena di flottazione, ceneri di pirite, graniglia siliciosa) passano direttamente alle tramogge del reparto miscela; altri r viali di pezzatura media (galena in pezzi, coke, residui piombiferi provenienti dalla pulitura dei forni) prima di affluire alle predette tramogge vengono macinati in mulini a palle; alcuni materiali infine di grossa pezzatura (calcare e minerali ferrosi) vengono previamente frantumati. Altri prodotti, come polveri ed agglomerate della desolforazione o fumi del forno di fusione, provengono dai reparti successivi. Un carrello dosatore passando sotto le varie tramogge preleva, pesandole, le quantità volute dei singoli componenti la miscela, componenti che vengono omogeneizzati ed umidificati in un apparecchio mescolatore. La miscela viene arrostita in un gruppo di apparecchi desolforatori Dwight Lloyd perdendo quasi tutto il suo zolfo e agglomerandosi. La torta di agglomerato è spezzata e classificata in tre classi : la fina rientra alla formazione della miscela, la media (graniglia) ritorna alla desolforazione, la grossa raccolta in secchioni e pesata con coke e scoria di ripasso costituisce la carica del forno a vento. In tale forno alla elevata temperatura determinata dalla combustione del coke resa viva dal insufflazione d'aria, hanno luogo le reazioni chimico-fisiche che risolvono la carica nei tre prodotti finali: gas, scoria, piombo. I gas sono captati da aspiratori, e, dopo essere stati depurati dalle sostanze solide che convogliano (sostanze che passano ad alimentare la miscela), affluiscono al camino diluendo ancor più la poca anidride solforosa proveniente dagli apparecchi Dwight Lloyd. La scoria che per il suo minor peso specifico (circa 3,5) galleggia sul bagno di piombo sottostante, viene estratta periodicamente, e dopo essere stata decantata uno speciale crogiolo del poco piombo e della scarsa metallina che contiene passa ad un piazzale di raffreddamento e di selezione. La parte meno povera torna al forno a vento favorendo la fusione, quella sterile viene utilizzata per formare blocchi sagomati per usi edili, oppure gettata. Il piombo fuoriesce, mediante un sifone, dal bacino del forno, e, assunto il nome di piombo d'opera viene colato in lingotti da 1.500 chilogrammi. Successivamente il piombo d'opera passa al reparto raffinazione dove è rifuso, con aliquote di piombo più impuro proveniente dal ciclo rame, ed avviato alle varie fa­si della purificazione. La prima fase attuata in caldaie aperte ha per scopo la elimi-na-zione delle schiumature, galleggianti sul bagno di metallo, costituite da solfuri complessi di rame-piombo ecc. che alimentano il ciclo rame. Segue l'ossidazione del piombo a circa 900° in una batteria di forni a riverbero che permette l'eliminazione dell'arsenico e dell'antimonio sotto forma di ossidi (detti neri) da trattare nel ciclo antimonio. Dai forni il piombo è colato in altra serie di caldaie aperte e, in un primo tempo, si completa in esse la decuprazione del piombo con aggiunta di zolfo e di piccole quantità di zinco; in un secondo tempo, mediante aggiunte di maggiori quantitati­vi di zinco in diverse riprese se ne effettua la disargentazione. Tanto lo zolfo che lo zinco sono portati intimamente a contatto con la massa di piombo fuso rimescolan­do energicamente a mezzo di agitatori meccanici. Le leghe cuprifere sono liquate in apposito forno a riverbero e, mentre il piombo liquato ritorna alla fase della disargentazione, il residuo costituito da un solfuro complesso di piombo-rame-zinco è rielaborato nel già citato ciclo rame. Delle varie leghe argentifere prodotte con le successive aggiunte di zinco1, le ricche in argento sono pure liquale e poi avviate ad apposito ciclo, le povere sono aggiunte insieme a dello zinco alla successiva caldaia di piombo da disargentare. Il piombo così decuprato e disargentalo tiene in soluzione un certo quantitativo di zinco che è eliminalo in altra batteria di forni a riverbero ove il metallo viene addotto a mezzo pompe. Gli ossidi (detti gialli) che si producono a temperatura di circa 800" sono ricondotti nel forno a vento per ricuperarne il piombo. Il metallo è colato in una terza batteria di caldaie aperte e, se si riscontrano in esso ancora tracce di zinco, si aggiungono piccoli quantitativi di nitrato di sodio il qua­le determina una energica ossidazione del metallo e con essa la totale scomparsa dello zinco presente. Accertatisi della completa e perfetta raffinazione del metallo lo si cola in pani da 50 chilogrammi in stampi che portano la sigla «Montevecchio» e che pesati e accatastati in numero di 60 sono pronti per la spedizione. Ciclo Argento (diagramma a tavola 63 del III volume). Le leghe piombo-zin­co-argento vengono riscaldale a circa 1200° C in crogioli di grafite conseguendo la distillazione dello zinco presente, gran parte del quale viene raccolto allo stato metallico e ricondotto al ciclo di raffinazione del piombo. Si ottiene contempora­neamente un prodotto polverulento ossidato contenente piombo, zinco e argento, che viene impropriamente chiamato tuzia, ed una lega metallica di piombo ed argento contenente anche piccoli quantitativi di zinco e di rame. Tale lega viene rifusa e surriscaldata in un piccolo forno a riverbero chiamato coppella ottenen­dosi la separazione di una schiuma piombo-cuprifera contenente piccoli quantita­tivi di argento, localmente detta agglomeralo coppella. Asportata la schiuma, il bagno metallico viene fortemente surriscaldalo ottenendo la ossidazione del piombo sotto forma di litargirio. Tale litargirio cola in filo con­tinuo dalla coppella e dopo solidificazione passa al forno a vento per piombo. Con­tinuando l'ossidazione il litargirio che si produce incorpora alquanto argento e vie­ne allora raccolto separatamente. Ossidato lutto il piombo, resta nella coppella solo l'argento, non ancora però suf­ficientemente puro. Tale argento greggio viene colato in anodi e raffinato elettroliti­camente in soluzione nitrica: il deposito catodico di purissimo argento viene fuso in crogiolo di grafite e colato in pani di cinque chilogrammi. Le tuzie, l'agglomerato coppella ed il litargirio argentifero vengono addizio­nali di sabbie silicee, ceneri di pirite, fluorina e carbone macinati, e portati a fusione in uno speciale forno ovale del reparto rame. Si ottiene del piombo ricco in argento che alimenta le coppelle ed una scoria contenente piombo ed argento che viene passata al forno a vento per piombo. Ciclo Rame (diagramma a tavola 64 del III volume). Quando si ha un sufficiente quantitativo di metalline povere in rame, di schiumature piombo-cuprifere e di le­ghe piombo-zinco-cuprifere si opera il trattamento di esse previa grigliatura. I pro­dotti fini sono miscelati e agglomerati come dianzi visto per la galena con la sola variante dell'aggiunta di pirite e di un più elevato quantitativo di silice e di fluo-rina. Differisce altresì la condotta degli apparecchi desolforatori che qui non han­no la funzione che è implicita nel loro nome ma bensì quella di formare semplice­mente un agglomerato compatto che passa interamente al forno a vento. I prodotti di pezzatura grossa, con le dovute aliquote di fondenti e di pirite in adatta pezza­tura costituiscono anche essi materia prima per il forno fusorio. Come per il ciclo del piombo dolce le cariche del forno sono completate con coke e scoria di ripasso. Nel forno a vento ha particolare importanza l'avancrogiolo per la raccolta della me-tallina ricca in rame mentre il piombo molto impuro per rame e quindi di più elevato punto di fusione nei confronti di quello del piombo d'opera non può essere"edotto con continuità'ma soltanto periodicamente per spillatura. Tale piombo, come si è visto parlando del ciclo del piombo dolce, è opportunamente miscelato a quest'intimo per subire la raffinazione. La metallina ricca piombo-cuprifera viene spezzata, passa a stock, e successivamente viene rifusa in un l'orno ovale basculante. Con opportuna una siviera essa viene versata allo stato qui do in uno dei forni convertitori dell'impianto rame ove l'aria insufflata da una batteria di compressori fumiga gran arte del piombo sotto forma di ossido e solfato e ove la reazione fra ossido e sol fu-o di rame a temperatura di circa 1100° permette la separazione di una forte ali-quota di quest'ultimo metallo. Il resto del piombo e rame nonché tutti gli altri elementi costituenti la metallina si raccolgono in una speciale scoria che può essere trattata per produzione di solfato rame oppure avviata nuovamente al forno a vento. Il rame (detto nero) è colato dal convertitore in stampi e gli anodi di rame nero cosi ricavati vengono spediti allo stabilimento di Porto Marghera ove sono raffi­nati elettroliticamente. I residui piombo-argentiferi colà ottenuti ritornano a San Gavino e rientrano nel ciclo argento. Composizione media del rame nero : Cu = 97,50% ; Pb = 1,24% ; Ag = 0,43% ; Sb = 0,08% ; Fe =0,06% ; As = 0,02% ; Si = Ir. ; Ni = 0,0007% ; Zn = as­sente. Ciclo Antimonio (diagramma a tavola 65 del III volume). Come per il ciclo rame si attuano anche qui delle campagne di produzione al forno a vento quando si dispone di sufficienti quantitativi di ossidi neri. Semplice è la riduzione di tali ossidi a piombo metallico non richiedendosi speciali preparazioni preventivi.,' ma solamente di caricarli nel l'orno tal quali con coke e sco­ria di ripasso. La scoria fusa si getta in discarica anche se il suo tenore in piombo è di qualche po' superiore alla media contenendo molte impurezze che non conviene rimettere in ciclo mentre il piombo rifuso in apposita caldaia del reparto raffinazione e, schiumato per ossidi vari, che sono poi immessi nel ciclo rame, è colalo coinè per il piombo dolce, in pani di circa 50 chilogrammi cadauno raccolti però in calaste ben distinte. Dosando opportunamente tale piombo duro antimoniale, con piombo dolce ed even­tualmente addizionandolo degli elementi mancanti o insufficienti si ottengono adatte leghe per la fabbricazione di pallini da caccia in uno speciale impianto brevettato. La prima operazione che qui si eseguisce è la colala continua della lega di piombo in una conchiglia rotante formala da una ruota scanalata e raffreddata ad acqua per mezzo di tubazioni radiali. Si ottiene così un lingotto continuo di sezione tra­pezoidale che ancora caldo imbocca subito un laminatoio continuo disposto sullo stesso asse e formalo da 11 gruppi laminali posti in serie che plasmano il metallo riducendolo in sezioni sempre minori finché si ottiene un lingotto del diametro deside­ralo. Il filo è poi trafilato nei diametri corrispondenti ai vari calibri dei pallini da ottenere e passa in seguito attraverso macchine stampatrici che lo riducono a un sottile nastro intervallato da sferette; queste sono tranciate e levigate dalla stessa macchina. I pallini perfettamente calibrali sono sottoposti alle consuete operazioni di finitura e quindi vengono insaccati e spediti in fusti da circa 200 chilogrammi.


Servizio trasporti

La Fonderia di San Gavino è collegata alla Miniera di Montevecchio a mezzo d'una linea ferroviaria a scartamento ridotto che, partendo dai piazzali di scaricamento di Sciria della miniera stessa, attraversa il piano di carico del piazzale della Fon­deria e prosegue fino alla stazione privata di San Gavino posta nelle adiacenze della stazione FF. SS. La linea con scartamento di metri 1,05 si sviluppa con forte pendenza (fino al 31 per mille) nei pressi di Sciria e pressoché pianeggia per il restante percorso che in totale è di chilometri 18,3. Essa è sorvegliata da nove cantoniere, una delle quali (Nuraci nei pressi di Guspini) ai piedi della salita, è dotata di piazzale prov­visto di un secondo tronco di binario che permette eventuali incroci o alleggeri­mento di treni diretti alla miniera. Ai due capi della linea sorgono due piccole stazioni: quella di Sciria è dotata di rimessa per locomotive e di officina di ripa­razione delle stesse; quella di San Gavino di magazzino e piazzali per il deposito di merci in transito per la miniera e di piano di caricamento di metri 40X6 co­perto da tettoia e munito di apparecchiature meccaniche per lo scarico delle merci da vagoni FF. SS. e per il ricarico di esse nei vagoni della ferrovia privata. A Sciria i minerali di piombo e zinco nonché il pietrisco siliceo contenuti in undici tramogge (fornelli) aperte nella discarica che costituisce il piazzale Principe Toma­so e della capacità di circa 40 metri cubi cadauna sono caricati su cassoni autoscaricatori della capacità di metri cubi 1,2 collocati in coppia su vagoni senza sponde. Il breccino ed altri eventuali fondenti si caricano su vagoni a sponde della portata di circa dieci tonnellate. Il treno è trainato da una delle tre locomotive della società alimentate con carbone « Sulcis», che hanno la capacità di trazione da 80 a 120 tonnellate e peso da 20 a 23 tonnellate. Le manovre dei vagoni sono effettuate a Sciria da una quarta locomotiva capace di trainare 50 tonnellate e pesante circa dieci tonnellate e, nei piazzali della Fonderia, può intervenire per tali manovre un locomotore a nafta da 11 HP con capacità di trazione di 40 tonnellate. Trentadue secchioni auloscaricatori e 60 vagoni completano la dotazione del servi­zio ferroviario privato. La Fonderia è raccordata alla stazione FF.SS. di San Gavino a mezzo di binario sviluppantesi per oltre 500 metri su un rettifilo in cui è presente anche il binario della ferrovia privata e per oltre 450 metri nel recinto dello stabilimento. Al traino dei vagoni FF.SS. provvedono due locomotori a nafta da 25 HP con capacità di trazione di circa 50 tonnellate. Merci varie, minerali acquistati da terzi, e fondenti provenienti da cave o da altre miniere della società possono pervenire in Fonderia anche a mezzo di camion.