Gavino Congia

Da Il Filo della Memoria 2.0 - Biblioteca Multimediale di San Gavino Monreale (VS).

Testimonianza di Gavino Congia

Il sig. Gavino Congia.

Gavino Congia, (San Gavino Monreale (VS), 7 maggio 1939), è stato un operaio della Fonderia di San Gavino dal 1961 al 1967.

Indice

INTERVISTA

Testimonianza dell’operaio della Fonderia di San Gavino Monreale Gavino Congia (a cui si aggiungono gli interventi di Antonio Agri e Marco Antonio Spano).

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Il mio “tutor” operaio lavorava come aggiustatore meccanico, mentre io appartenevo al reparto macchine utensili.

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Per macchine utensile intendo il tornio, la pressa, la rettifica etc. Praticamente si costruivano degli organi meccanici e si preparavano degli argani o degli alberi di trasmissione, quando in un determinato impianto le parti meccaniche potevano logorarsi, come le zoccolature o come l’alloggio dei cuscinetti. Si realizzavano dei veri e propri pezzi di ricambio per eventuali guasti meccanici che potevano verificarsi nell’impianto, in modo da intervenire rapidamente facendo si che la Fonderia non arrestasse mai la sua attività.

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Le differenze salariali aumentavano progressivamente tra un apprendista come me e un operaio specializzato, anche rispetto al premio di nocività, pur respirando entrambi la stessa aria malsana, salendo di categoria aumentava anche l’indenità.

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Ho lavorato in quel reparto sino allo sciopero “del novembre 1966”, quando la direzione della Fonderia per punirci della nostra partecipazione decise di trasferirci. Allo sciopero aderirono molti giovani.

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Fui trasferito nei reparti di produzione, il lavoro là era più pesante e l’ambiente era maggiormente malsano. Mi accorsi subito che avrei avuto difficoltà ad additarmi.

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Era il reparto dove veniva fuso il minerale.

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Il rapporto con i colleghi, soprattutto con i coetanei era buono, tant’è che con Antonio Agri ci si frequentava anche dopo il lavoro, ma si sa i giovani hanno uno animo più spensierato ed entusiasta. Mentre i rapporti tra i giovani operai e quelli anziani erano più difficili. Gli operai anziani nutrivano verso i nuovi venuti una sorta di “gelosia”, infatti ci sentivamo come bloccati, perché loro erano resti a trasferire la loro esperienza professionale,. Temevano che gli rubassimo la loro professionalità, con gravi conseguenze per la loro posizione lavorativa. Ci nascondevano certe fasi del lavoro e noi per sopperire a questa situazione imparammo, per così dire a “rubare, la professionalità”, prestando la massima attenzione a ciò che facevano mentre lavoravano.

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Suppongo di si, soprattutto nel mio reparto.

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Qualche aumento.

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Ricordo che alcuni operai anziani, per la precisione tre, avevano ventilato l’idea di chiedere al capoofficina una sorta di “aumento salariale”per il loro “lavoro di formazione”alle giovani leve operaie della Fonderia, ma alla fine non si fecce più niente.

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I rapporti con i dirigenti, per quanto mi riguarda erano piuttosto formali, ogni tanto facevano delle visite nei vari reparti compreso il mio per verificare l’andamento del lavoro, il tutto avveniva con grande rispetto, ma non c’era un vero e proprio dialogo.

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L’eventuale dialogo rimaneva nell’ambito dell’aspetto lavorativo e basta. [Intervento di Antonio Agri]: ero nello stesso reparto di Gavino e il dialogo tra operaio e dirigente non esisteva proprio. Come operaio si era dei semplici esecutori delle direttive che venivano impartite. Le cose cominciarono a cambiare alla fine degli anni 60’ con l’introduzione dello Statuto dei lavoratori. I dirigenti cominciarono a parlare con i lavoratori e discutere con una relativa libertà. Il signor Laini (gran brava persona) in quanto dirigente difficilmente discuteva con noi operai.

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Anche di sindacato(-.-). Ma credo che il cambiamento sia dovuto principalmente al cambio di gestione della Fonderia, si passò da un “padrone privato” alla mano pubblica. Penso che se la Fonderia fosse rimasta in mani private, i rapporti tra operai e dirigenti non sarebbero cambianti così rapidamente.

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Dopo lo Statuto dei lavoratori.

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C’era l’A.M.I., che era un ente pubblico. (-.-). Ho letto un libro sulla Fonderia, dove si parlava molto favorevolmente dell’Ing. Rolandi, senz’altro un bravo dirigente, un professionista a livello internazionale e tra i tecnici più valenti per lo sviluppo della Fonderia. Ma il libro omette di parlare della condizione degli operai, del lavoro duro che era richiesto, del controllo anche politico a cui si era sottoposti, all’obbligo di frequentare le funzioni religiose la domenica, altrimenti si era visti in maniera sospetta. Ricordo che l’attività politica veniva svolta in una condizione di quasi semiclandestinità. All’epoca, gli operai erano quasi tutti di sinistra, comunisti o socialisti, non tanto per una scelta ideologica, ma come ribellione al sistema di sfruttamento adottato dalla Fonderia. Non si era degli atei, in casa c’era il Crocifisso e si facevano battezzare i figli. [Intervento del Sig. Marco Antonio Spano]. Ho piacere ad intervenire, sotto molteplici aspetti, intanto perché ho un debito con questa realtà gloriosa del passato che ha fatto di San Gavino M.le un paese a livello internazionale. Nel 1949, ricordo il salone delle feste del direttore della Fonderia, l’attuale biblioteca Comunale, nel quale aveva un appartamento attiguo, anni in cui questa era un’oasi preclusa a tutti gli abitanti del paese, quando la Fonderia era l’aristocrazia operaia a livello nazionale,(si sta parlando del clima di quegli anni, nel quale la Fonderia non era avulsa). Perché allora c’erano operai “padroni”, qualche volta ingiustamente identificate in figure professionali intermedie, quali i tecnici che abitavano qui. Ebbe l’intuizione formidabile dei pallini della Fonderia. Mio padre fu il primo responsabile a rappresentare la Fonderia di San Gavino M.le alla Fiera di Iglesias del 1949. Egli era un cacciatore e in quanto tale, sperimentava, faceva le prove di rosate, prove a 36 metri, con bersaglio 70x70, per stabilire la specifica e la durezza e la quantità dell’antimonio contenuto nei pallini e stabilire il loro comportamento chimico-fisico all’interno delle canne. Nel 1956, mio padre attraversa la via Roma, sono le 12,30, con 12 beccaccie appesse. Mio padre è il cacciatore più grande che io abbia incontrato. In quel periodo a caccia di beccaccie non andava quasi nessuno. Aveva un cane, un spaniel brect. Entro in Fonderia verso le 13.00. L’ing. Marini lo convocò e gli domandò: <<Spano, dove hai preso le beccaccie?>>. L’ing. Marini, toscano di origine, era anche lui un grande cacciatore di beccaccie, mentre mio padre cercava di eclissarsi, gli chiese:<<Non dire balle, tanto so dove sei passato e quanti ne avevi, cambiati che andiamo a caccia>>. Mio padre cerco di obiettare:<<Ma io devo entrare a lavoro>>. E così l’ing. Marini costrinse mio padre ad andare a caccia con lui. Tornati dalla battuta di caccia con tre beccaccie, torno a casa. Ma non li pago quella giornata. Questo a conferma dell’atteggiamento padronale e feudale, senza però togliere niente a quella gloriosa realtà economica, [Questo era un atteggiamento dei singoli] ripeto stiamo parlando dell’Ing. Marini che dettava legge a tutto il paese insieme a Don Onnis. Anche la settimana successiva l’ing. Marini disse a mio padre di andare assieme a caccia. Ma mio padre gli rispose:<<Sig. ingegnere abbia pazienza, andare a caccia con lei è stata un’esperienza formidabile, lei è un grande cacciatore, però non mi costringa ad andare a caccia con lei. Non voglio che si dica qua in Fonderia, che io sono il ruffiano dell’ing. Marini. Io non posso più andarci, e basta!>>. Nel 1963, quando l’ing. Freni venne trasferito a Porto Marghera , mio padre organizzò una festa; era ancora responsabile dell’impianto pallini. Dopo tre giorni venne convocato dall’ing. Freni e gli domandò:<<Vi siete divertiti alla festa?>>, mio padre:<<Certo>>, l’ing. Freni che gli aggiunse:<<Sei licenziato!>> e mio padre:<<come sarebbe?>, ing. Freni:<< Perché tu hai organizzato un festa per festeggiare il mio trasferimento a Porto Marghera>>. La mia famiglia fece la fama per ben due mesi, poi mio padre fu riassunto. Spesso accusiamo i dirigenti di cattiveria, ma anche tra gli operai c’erano comportamenti “ruffianeschi”. Perché a denunciare mio padre all’ing. Freni, erano stati alcuni operai. Nel reparto chimico, un giorno entrò il sig. Podda con la sigaretta in bocca e si rivolse a mio padre in questi termini: <<Spano, spenga la sigaretta>>, mio padre:<<la spenga prima lei sig. Podda>>, il sig. Podda:<<la devi spegnere tu, perché io sono praticamente il capo>>, mio padre:<<la spenga lei per favore>>. Scoppiò un litigio e si avvicinarono alla vasca del bismuto. Sig. Podda:<<Spano cosa fa?>>Imprecazioni varie. Nel frattempo intervene Amadori, dopo cinque giorni mio padre abbandonò la Fonderia. Inseguito apri un negozio. Ciò che ho raccontato non toglie niente alla realtà industriale di San Gavino M.le, fatto di operai, dirigenti onesti e capaci.

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[Gavino Congia] Il rapporto era del tutto subalterno, si diffidava l’uno dell’altro, si stava attenti nel parlare. Si aveva paura dei cosiddetti ruffiani. Il capofficina, per esempio, ci chiamava per nome e non per cognome.

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Anche tra operai e impiegati c’era un rapporto gerarchico, non c’erano rapporti confidenziali. Avevano stipendi maggiori a quello percepito dagli operai e se organizavono delle feste, gli operai non potevano partecipare. [Intervento del Sig. Antonio Agri]. Gli operai dell’officina elettrica e dell’officina meccanica avevano rispetto agli operai della lavorazione, una cultura superiore, c’era chi era diplomato e molti avevano la terza media, che all’epoca era un titolo scolastico di tutto rispetto. Quelli della lavorazioni in genere non avevano potuto studiare. Anche per questo erano i più attivi negli scioperi che si svolsero negli anni 60’. Dallo sciopero del 1966 a quello del 1968, oltre gli operai cominciarono a scioperare anche gli impiegati.

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[Gavino Congia]. L’ing. Marini era burbero e pretendeva da lontano che tutti lo salutassero. [A. Agri]: Ti riconosceva da lontano e pretendeva il saluto, anzi dovevi quasi inchinarti al suo passaggio. [Gavino]: L’ing. Freni era solito organizzare degli incontri con gli operai, ne ricordo uno in particolare: l’ing. Freni aveva delle ambizioni politiche e si era candidato alle regionali per il partito Liberale. Penso che si aspettasse da parte degli operai della Fonderia un forte sostegno, ma fu duramente attaccato dalla sinistra, in particolare dal P.S.I.U.P., questo accadeva un anno prima dello sciopero del 1966. In Fonderia tra gli operai si erano creati due fronti, uno sosteneva l’ing. Freni, l’altro gli era contro.

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-[Gavino Congia]. L’ing. Freni non fu eletto. Ricordo che dopo lo sciopero fecce mettere le catene all’ingresso perché non entrasse nessuno.

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-[Gavino Congia]. Diversamente dall’ing. Marini che organizzava balli per gli impiegati e per gli operai nel dopolavoro aziendale, Freni organizzò diverse riunioni con i dipendenti. [Antonio Agri]: L’ing. Freni attraverso le riunioni voleva raggiungere un alto grado di consenso tra gli operai. [Gavino Congia]: ricordo che al dopolavoro aveva fatto proiettare il film “Fronte del porto”, con l’intenzione di parlare male del sindacato.

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-[Antonio Agri]. Stiamo parlando di un sindacato che al contrario di oggi stava con i lavoratori. [G. Congia]: Quando siamo stati trasferiti al reparto produzione, come punizione per lo sciopero, non c’era ancora in vigore lo Statuto dei lavoratori, altrimenti quel provvedimento della Direzione sarebbe stato impugnato.

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-[Gavino Congia]. Ricordo, che in queste riunioni, l’ing. Freni era solito fare paragoni tra i diversi sistemi economici, come quello capitalista italiano e quello socialista rumeno. La Fonderia, all’epoca, aveva continui rapporti commerciali con quel paese, soprattutto per l’acquisto della galena. Parlava malissimo del sistema socialista rumeno, in quanto dispendioso nell’uso delle risorse e della manodopera, mentre quello capitalista come quello italiano aveva una maggiore razionalità e non vi erano sprechi.

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-[Gavino Congia]. Ma al di là di questo gli operai nutrivano nei confronti dell’ing. Freni un grande rispetto, perché era un valente dirigente, un tecnico preparato, un uomo di grande cultura, dotato di una grande capacità oratoria, ma rimaneva comunque la controparte. [Antonio Agri]: Ricordo che durante una di queste riunioni ci fu l’intervento di Arturo Tuveri, operaio rispetto da tutti, lavoratori e dirigenti, che smonto dialetticamente le argomentazioni dell’ing. Freni, ricordando a tutti che l’ingegnere restava la controparte degli operai. [Gavino Congia]: Arturo Tuveri era rispettato da tutti, dalla direzione come dagli operai. Altri personaggi legati ad altre organizzazioni sindacali non godevano di altrettanto rispetto, erano subalterni rispetto alla direzione della Fonderia. Tuveri era un “leader” per gli operai, tutti si rivolgevano a lui.

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-[Gavino Congia]. Mio padre mi aveva raccontato (anche lui era stato operaio in Fonderia) che il Tuveri non aveva condiviso la scelta di fare lo sciopero nel febbraio del 1949, perché a suo avviso non era il momento giusto. Era un operaio modello e ricordo che trovava sciocco, quando alcuni della commissione interna, chiedevano permessi per anticipare l’uscita dal lavoro per poter vedere alla televisione la partita della nazionale.

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-[Gavino Congia]. E’ stato il primo assunto della Fonderia ed è stato anche consigliere comunale di Guspini.

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- [Gavino Congia]. Era una persona di grande carisma, capace di trascinare a se le maestranze.

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-[Gavino Congia]. Neanche nel 1956 e nel 1956-1957. [Antonio Agri]: Ci sono state diverse ristrutturazioni con licenziamenti di personale, circa 150 unita, nel 1956-57 e 1959, che in gran parte furono nuovamente assunti, ma lui non fu mai licenziato, nonostante non avessi un grande dialogo con il Tuveri, nutrivo verso di lui grande rispetto. Lui era un leader per gli operai.

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-[Gavino Congia]. Nel periodo che l’ho conosciuto io no!

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-[Gavino Congia].Quando noi siamo stati trasferiti dai reparti di manutenzione a quelli di produzione non c’era ancora lo Statuto dei lavoratori. Era difficile all’epoca proclamare uno sciopero. Non c’erano le basi per poterci difendere. E se si perdeva era peggio, quindi siamo stati un po’ alla deriva. [Antonio Agri]: Come ho già detto, quelli che lavoravano nelle officine elettriche e meccaniche erano dei privileggiati rispetto a quei lavoratori dei reparti di produzione, perché c’erano molti che avevano un livello di istruzione, per l’epoca di tutto rispetto, molti erano diplomati o avevano la terza media o l’avviamento. Tra gli operai all’epoca c’erano anche tanti analfabeti o che avevano appena la terza elementare. Quando per punizione per lo sciopero noi giovani delle officine elettriche e meccaniche, fumo trasferiti nei reparti di produzione, per quegli operai fu come una specie di rivalsa. Questi operai non avrebbero mai indetto uno sciopero di solidarietà nei nostri confronti.

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-[Gavino Congia]. Non è che noi adesso.

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-[Gavino Congia]. C’era una commissione interna. [Antonio Agri]: Ricordo che durante una delle solite riunioni Gigi Matta ebbe l’ardire di porre all’Ing. Freni questa domanda:<<secondo lei signor ingegnere è un bene o un male che gli operai si iscrivano al sindacato>>.

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-[Gavino Congia]. Nessuno lo ascoltava. [Antonio Agri]: neanche ci parlava – e sai come l’ing. Freni rispose a Gigi Matta:<<Lei Matta tira sempre le pietre>>. Gigi matta è stato uno di quelli che hanno riportato il sindacato in Fonderia. Con lo sciopero del 1966, gli operai cominciarono ad iscriversi in maniera massiccia. Poi quando il sindacato si affermò Gigi Matta fu messo da parte. [Il sindacato 700 iscritti no la C.G.I.L.].

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-[Gavino Congia]. E come un bambino appena nato. Io posso parlare sino al 1967.[Antonio Agri]: Il sindacato prese piede in Fonderia gradualmente, non c’era più la Commissione interna, ma c’era il consiglio di Fabbrica dove la presenza del sindacato era molto forte.

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-[Gavino Congia]. Dopo il 1970, con l’introduzione dello Statuto dei lavoratori, anche la Direzione cambio atteggiamento in modo radicale verso gli operai. I rapporti tra direzione e operai si fecero per cosi dire più gentili. Questo cambiamento cominciò con lo sciopero del 1966, dopo che il sindacato cominciò a prendere piede in Fonderia. Era un sindacato che ti difendeva veramente. Poi con il 1960-69 con l’autunno caldo anche gli impiegati, scesero tutti in sciopero.

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-[Gavino Congia] ; [Antonio Agri]. Ti ho raccontato l’anedotto di Fontana, di quando nella forgia cuoceva delle patate ed era passato il Sig, Belli. [Gavino Congia]: Nonostante tutto conservo un buon ricordo.

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-[Gavino Congia]. In questo momento non riesco a ricordare un fatto negativo o positivo.

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-[Gavino congia]. Noi non potevamo più stare nel reparto produzione, infatti sia l’ing. Molinas e il capoofficina Belli ci consigliarono, visto che avevamo acquisito una professionalità, appena si fosse presentata l’occasione di andare via dal reparto di produzione.

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-[Antonio Agri]. Vorrei raccontare come si svolgeva il lavoro nel reparto raffinazione. Spesso accadeva che le caldaie (acciaio spesso 6 cm.) si spaccavano e bisognava ripararle. Venivano portate all’officina meccanica, dove non si usavano gli aspiratori e si usava per tagliare l’acciaio il cannello ossigenotelene. Lui nonostante i lavori molto inquinanti è ancora vivo, un uomo al quale noi ragazzi di allora dobbiamo molto per quello che ci ha insegnato.

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-[Gavino Congia]. Ricordo il primo giorno di lavoro, il capoofficina Sanna mi affido al Sig. ? per insegnarmi il lavoro. Allora a differenza di quello che accade oggi si assumevano i “ragazzi per impare il mestiere”.

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-[Gavino Congia]. Oggi, mi ripeto, penso che i giovani non hanno una adeguata preparazione, mentre noi avevamo imparato osservando attentamente cosa facevano gli operai più anziani e quando fu il nostro turno di subentrare eravamo adeguatamente preparati.

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-[Antonio Agri]. Ho già detto precedentemente che gran parte degli operai della lavorazione erano analfabeti e questo era fra i tanti ostacoli che si frapponevano tra gli operai dei diversi reparti. Non c’era amicizia personale, come la mia con Gavino. Ci si salutava con rispetto, ma non altro. Non si poteva neanche litigare, perché si rischiava di perdere il lavoro. Quando fummo puniti dopo lo sciopero del 1966, quelli della lavorazione erano “contenti”. Per me non c’era amicizia, potevi fidarti soltanto di poche persone.

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-[Gavino Congia]. Gli anni 50’ e parte degli anni 60’, furono anni particolarmente duri per gli operai della Fonderia, perché erano in qualche modo sottoposti ad un controllo formidabile da parte della Direzione, questo controllo fu durissimo sotto il “regno dell’Ing. Marini”. A questo controllo sociale partecipava anche il parroco di San Gavino M.le. Si faceva molta attenzione alla partecipazione degli operai alle funzioni della Domenica. [Antonio Agri]: a mezzogiorno, quando l’ing. Marini si recava in chiesa, gli operai erano presso l’entrata in attesa di poterlo omaggiare con tanto di inchino ed il saluto del buon giorno. [Gavino Congia]: Ricordo che in quegli anni, per chi militava nei partiti di sinistra, in particolare nel partito Comunista, rischiava molto. Mio padre doveva entrare di nascosto a Casa di Giovanni Pisu che era comunista. [Antonio Agri]: Al tempo dell’ing. Marini di certo non uscivi con l’Unità sotto il braccio per le strade. [Antonio Agri]: Marini per questo poteva licenziarti. [Gavino Congia]:..[…15]. [Antonio Agri]: Non potevi parlare, non potevi leggere l’Unità, non potevi fare queste cose altrimenti ti mandavano via.

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-[Gavino Congia]. A molti sembrerà strano, ma le cose andavo propri così. Erano tempi molto duri per gli operai! Avevamo dentro molta rabbia e bastava poco da parte di un caporeparto per intimidirci.

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-[Gavino Congia]. Per capire esattamente cosa voleva dire essere operai in Fonderia in quel periodo bisognava viverlo. Non potevi parlare con il tuo compagno di lavoro, regnava la diffidenza reciproca.

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-[Antonio Agri]. Eravamo talmente condizionati, che anche se andavamo a Cagliari diffidavamo delle persone che incontravamo, difficilmente parlavamo di politica. Perché c’era sempre la paura che qualcuno potesse fare la spia e tu potevi perdere il posto di lavoro. Vivere con questo terrore era molto duro, e se non andavi in chiesa eri visto con sospetto. Ad esempio io frequentavo la chiesa, in quanto parte di una confraternita, ma nonostante questo ero considerato un comunista, una colpa che poteva discriminare me e miei fratelli nella ricerca del lavoro.

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-[Gavino Congia]. Quando sono stato assunto in fonderia aveva la qualifica di manovale comune è tornavo al reparto manutenzione. Trascorsi due anni dalla mia assunzione passai di grado come manovale specializzato e dopo qualche anno di esperienza e formazione divenni operaio specializzato.

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-[Gavino Congia]. Quando entrai in Fonderia nel febbraio del 1961, era assolutamente proibito parlare di politica, potevi rischiare, se ti vedevano leggere l’Unità, il licenziamento. La G.C.I.L. aveva tra gli operai il seguito maggiore. Poi era diventato direttore l’ing. Freni, di cui ho sempre nutrito un grande rispetto. Perché era persona corretta, anche se cercò di bloccare il sindacato.

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-[Gavino Congia]. Considerato come soggetto negativo per l’azienda.

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-[Gavino Congia]. Era una persona correttissima.

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-[Gavino Congia]. Era una personalità forte e per la direzione era l’interlocutore che poteva rappresentare la generalità degli operai della Fonderia. A conferma di questo, ricordo che quando si riuniva la commissione interna con i rappresentanti degli operai e della Fonderia, nonostante la presenza di altri sindacati come C.S.I.L. e U.I.L., l’interlocutore principale rimaneva la G.C.I.L. rappresentata da A. Tuveri, che era comunque l’organizzazione sindacale maggiore in Fonderia.

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-[Gavino Congia]. Il Tuveri era una persona molto preparata. Ed io parlavo spesso con lui. Questo fu notato dallìing. Molinas, che un giorno mi fermo e mi disse:<<Abbiamo fiducia in lei, ma la vediamo spesso parlare con il Tuveri…>>. Io cercai di svincolarmi, affermando che era vero che parlavo con il Tuveri, ma solo per cose attinenti il lavoro, in quanto era un operaio anziano e potevo imparare cose nuove sul lavoro in fonderia. Ma in realtà si parlava quasi sempre di politica, dall’Unione Sovietica alla politica nazionale.

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-[Gavino Congia]. Penso che sia stato.

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-[Gavino Congia]. Molti sostenevano che Tuveri fosse stato contrario allo sciopero del 1949. Io ingenuamente gli avevo chiesto ragguagli sullo sciopero del 1949 e se era vero che si fosse messo in malattia in quei giorni. Mi resi conto che si turbo molto al riguardo.

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-[Gavino Congia]. Silenzio assoluto, subito dopo il patto aziendale. Si è ricominciato a sentire un certo cambiamento in Fonderia intorno al 1964, quando i sindacati cominciarono nuovamente ad organizzarsi.

D-55

- [Gavino Congia]. Lo sciopero fu nel 1966.

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-[Gavino Congia]. […].

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-[Gavino Congia]. Erano conversazioni esclusivamente di tipo politico. Economicamente non si stava male, rispetto almeno ai lavoratori dell’agricoltura e dell’edilizia.

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-[Gavino Congia]. Ho cominciato a lavorare nel febbraio del 1961.

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-[Gavino Congia]. Anche mio padre ha lavorato in Fonderia, raccontava poco del suo lavoro, ma viveva nell’angoscia della perdita del posto di lavoro ed anche noi figli abbiamo vissuto con questa preoccupazione.

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-[Gavino Congia]. Si.

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-[Gavino Congia]. Si, ma non è che raccontasse molto, anche se adesso non ricordo, anche perché all’epoca ero un ragazzino…, ripeto abbiamo vissuto con l’angoscia della perdita del lavoro, incombeva sulla vita della nostra famiglia come una minaccia.

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-[Gavino Congia]. Ridimensionamento del personale.

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-[Gavino Congia]. Le industrie hanno sempre fatto delle ristrutturazioni con conseguenti licenziamenti.[però la tecnologia…]. Mio padre fu licenziato nel 1956 dopo, appunto, una ristrutturazione. Era addetto al controllo delle pompe.

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-[Gavino Congia]. A quei tempi si faceva il bracciante.

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-[Gavino Congia].

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-[Gavino Congia]. Lo sciopero maturo molto lentamente, era assurdo per noi pensare di organizzarlo. Era tutto tranquillo e sereno e poi all’improvviso lo sciopero del 1966. Ma contro di noi ci fu una rappresaglia. Qualche tempo prima mi ero rivolto all’ing. Freni per la richiesta di un prestito per costruire una casa a tasso 0. Ma dopo lo sciopero l’ing. Freni ci convocò e ci disse:<<Voi avete appeso un volantino “per lo sciopero”, adesso rivolgetevi ai vostri compagni>>. Non ci fu più il prestito. Anche se avevamo già comprato il terreno.

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-[Gavino Congia]. Non c’erano stati licenziamenti, ma dei trasferimenti. Io che facevo il tornitore fui velocemente trasferito in produzione. Non ero abituato al nuovo ritmo di lavoro e poi l’ambiente era ostile verso di me perché provenivo dal reparto di manutenzione considerato “più privilleggiato”. Gran parte dei giovani furono trasferiti perché si erano mostrati più entusiasti e per questo fumo puniti.

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-[Gavino Congia]. Il tornitore è l’addetto alla costruzione e alla riparazione dei ricambi di organi meccanici, alberi, boccole etc. Ma noi non abbiamo sopportato a lungo questa situazione e alla prima occasione siamo andati via da quel posto.

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-[Gavino Congia]. I turni erano cosi strutturati dalle 08.00 del mattino alle 16.00 del pomeriggio, dalle 16.00 alle 24.00 e dalle 24.00 alle 08.00 del mattino. Il primo giorno, dopo il trasferimento, non andai a lavoro perché ero malatto. Quando rientrai mi ritrovai in un reparto bruttissimo, era l’impianto rame. Ero spaventato. Bisognava aprire per controllare questi forni convertitori uno sportellino, un operaio anziano mi disse di salire e io mi rifiutai! Ma una volta lo feci. L’operaio disse che non poteva farlo solo lui ma che dovevamo dividerci il lavoro. Era un luogo terribile, sembrava di stare letteralmente all’inferno. C’era un caldo tremendo, si era senza protezione a parte i guanti.

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-[Gavino Congia]. Per esemplificare ciò che ti ho detto prima, ti racconto un aneddoto: gli operai anziani raccontavano che quando si faceva la cosiddetta “Campagna del rame” che dovevano fondere, l’ambiente era terribile e infernale. Il loro corpo, una volta terminato il lavoro, accumulava talmente calore che andando in bagno per i bisogni, le feci avevano forma di pallini. [Antonio Agri]: quei convertitori sviluppavano migliaia di gradi di calore.

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-[Antonio Agri]. C’era il piombo e il rame, il convertitore era per il rame, c’era tanto caldo, centinaia e centinaia di gradi di calore. [Gavino Congia]: era davvero una cosa allucinate. [Antonio Agri]: avevano come protezione solo la tuta. [Gavino Congia]: che era quasi sempre bucata.

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-[Gavino Congia]. Una tuta blu. [Antonio Agri]: Quando dovevano fondere l’argento, indossavano un grembiule di amianto e basta. Con un mestolo, pesantissimo che pesava minimo 15 kg., con una manico di ferro lungo circa 2 m., toglievi l’argento o il rame in un ambiente incandescente per l’alta temperatura presente.

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-[Gacino Congia] C’erano dei sistemi di prevenzione, ma non venivano quasi mai usati. Nei primi tempi del mio lavoro in Fonderia gli operai temevano le malattie professionali come il Saturnismo e la Silicosi. Ricordo che quando frequentavano le scuole per l’avviamento professionale l’ente Nazionale protezione Infortuni, più volte, aveva tenuto alcune lezioni su l’uso della tuta per proteggersi dal saturnismo: i polsini andavano stretti in un determinato modo e poi si dovevano indossare i guanti in modo che il piombo non venisse a contatto con la pelle, per ridurre drasticamente l’assorbimento. Ma in Fonderia, durante il periodo in cui vi ho lavorato questi consigli non venivano assolutamente presi in considerazione. [Antonio Agri]: Anzi chi cercava di seguire determinate norme di precauzione veniva deriso dagli altri operai. [Gavino Congia] : ricordo di essere stato deriso perché avevo usato le dovute precauzioni, indossando la maschera, nell’ambiente delle caldaie dove veniva fuso il piombo; queste caldaie erano fatte con del ferro spesso 5 cm.,che spesso si crepava ed era quindi necessario ripararlo con delle pezze di ferro saldandole. Questa operazioni produceva dei fumi giallastri tossici e per precauzione indossai la maschera, ma subito notai il grande disappunto da parte degli operai intorno a me.

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-[?] Penso che molti dei lavoratori che sono morti precocemente, perchè non si siano seguite le norme di sicurezza. Molti fumavano o mangiavano nell’ambiente di lavoro. [Antonio Agri]: ad esempio il panino veniva mangiato di nascosto. Antonio Agri]: Se ti beccavano mangiando un panino all’interno dell’ambiente di lavoro, l’indomani eri licenziato.

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-[Antonio Agri e Gavino Congia]. Da quel punto di vista c’erano. [Gavino Congia]: Li avevano fatti osservare, ma quando si lavorava di notte non c’erano…[Antonio Agri]: Le cose sono cambiate nei primi anni 60’, quando noi siamo stati assunti in Fonderia.

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-[Gavino Congia]. Mio padre è morto all’età di 92 anni, era fissato con le precauzioni, osservava con meticolosità le varie norme di sicurezza, ricordo di averlo spesso indossare la maschera.

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-[Gavino]. Molti comunque fumavo nell’ambiente di lavoro.

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-[Gavino Congia]. Si c’erano dei gabbiotti.

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-[Antonio Agri]. All’interno degli ambienti della Fonderia era rigorosamente vietato mangiare e molti lo facevano di nascosto, non osservando così le norme previste.

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-[Antonio Agri]. Se venivi scoperto eri licenziato.

D-81

-[Antonio Agri]. No! Perché era una perdita di tempo.

D-82

-[Gavino Congia & Antonio Agri]. Gavino:<<Comunque sia…>>. Agri:<<C’era la pausa della durata di circa 10 minuti>>.

D-83

-[Gavino Congia & Antonio Agri]. Una volta e basta. Gavino:<<Secondo il mio punto di vista non riguardava solo l’alimentazione, ma anche la trascuratezza da parte degli operai. Ricordo che mio padre mi raccontava che quando lavorava in Fonderia gli operai al termine del lavoro non rientravano immediatamente a casa, ma si fermavano a bere del vino, bianco o nero, in vendite improvvisate in alcune case, senza protezione. Agri:<<Ricordo che c’era il forno a vento dove veniva fuso il minerale per produrre il piombo da una parte usciva appunto il piombo e dall’altra le scorie. Quando si otturava l’ugello delle scorie, per stapparlo dovevano intervenire degli operai armati di grosse mazze che dovevano batterlo per diverse ore.

D-84

-[Antonio Agri]. Mazze di ferro da 3 kg. Gavino:<<Dovevano tapparlo o stapparlo, a seconda delle occasioni, in un ambiente dove le temperatura era molto elevata. Antonio Agri: <<Passavano ore e ore battendo la mazza>>. Gavino:<<Mio padre possedeva una foto di un gruppo di suoi colleghi della Fonderia, aveva rinunciato a farla ingrandire perché di quei lavoratori solo uno era ancora vivente>>.

D-85

-[Gavino Congia]. Quando mio padre andava a farsi le lastre, sia al Brotzu che al Binaghi, i medici si spaventavano osservandole, chiamavano mio padre in disparte e preoccupati gli comunicavano che i suoi polmoni erano talmente neri che sospettavano la presenza di diversi focolari di tumore. Agri:<<per combattere il Saturnismo ti davano un dentifricio speciale e un bicchiere di latte,.

D-86

-[Gavino Congia]. Era poco piacevole. Agri:<<Io lo bevo sempre e non mi ha fatto mai male>>.

D-87

-[Gavino Congia].

D-88

-[Gavino Congia].

D-89

-[Gavino Congia]. Ti mandavano fuori anche se nevicava o durante le notti invernali al gelo, dovevi lavorare.

D-90

-[Gavino Congia]. L’ing. Freni era una mente eccezionale, un professionista veramente preparato con una vastissima cultura. Faceva la sua politica e propaganda.

D-91

-[Gavino Congia]. Era il tipo che poteva salire in sella alla vespa dell’operaio per farsi accompagnare a casa per il pranzo. [Antonio Agri]:<<Non ho avuto modo di conoscere bene l’ing. Marini, perché era andato via alcuni mesi dopo la mia assunzione. Una cosa del genere non l’avevo mai vista, cioè che il direttore della Fonderia sedesse sulla sella di una vespa di un operaio per farsi accompagnare a casa per il pranzo! L’ing. Freni era stimatissimo dagli operai fino allo sciopero del 1966, allora ci fu una rappresaglia, ma non contro gli operai della lavorazione, ma contro gli operai delle officine meccaniche.

D-91

- [Antonio Agri]. Una personalità di spicco tra gli operai era senz’altro Arturo Tuveri, era tra i pochi, se non il solo operaio, che aveva il coraggio di contrastare con i dovuti argomenti, ciò che dicevano sia il direttore e il capofficina, oppure il capo servizio. Era una persona preparatissima in grado di difendere gli operai durante le vertenze od altro.

D-92

-[Antonio Agri]. Questo coraggio derivava da diverse cose, forse dal fatto che gli mancavano pochi anni per andare in pensione e quindi non aveva più nulla da perdere. Ma credo soprattutto che questo coraggio derivasse dal suo passato antifascista e dalle persecuzione a cui lo sottopose il Regime, mi pare che più volte fu spedito al confino. Quindi le cose che potevano succedergli erano ben poca cosa in confronto.

D-93

-[Gavino Congia]. Tutti nutrivano verso Tuveri grande rispetto, sia che fossero operai o dirigenti. Lui era comunista, ma non faceva propaganda per il partito o per il sindacato. Non andava in giro per i reparti della Fonderia a fare propaganda. Badi bene ciò deve essere inteso in senso positivo. Ricordo che una certa propaganda per l’iscrizione al sindacato fu svolta da Gigi Matta, non ricordo se prima o dopo lo sciopero del 1966.

D-94

-[Antonio Agri]. Dopo lunghi anni alla direzione della Fonderia dell’ing. Marini, subentro l’ing. Freni. Ci fu un cambiamento in senso positivo nei rapporti tra la direzione e gli operai, ma in modo relativo. Un giorno convocò una riunione di tutte le maestranze della Fonderia, dagli impiegati agli operai sino alla direzione, avviando così una fase di dialogo.

D-95

-[Antonio Agri]. La riunione si svolse nei locali del dopolavoro, situato nei pressi della stazione ferroviaria. Il dopolavoro era riservato esclusivamente agli operai della Fonderia, c’era una biblioteca, dei biliardi etc.

D-96

-[Antonio Agri]. A questa riunione parteciparono tutti gli operai ed impiegati che in quel momento erano liberi, non mancava proprio nessuno*. L’ing. Freni parlo di tante cose, dai fatti sociali ai futuri miglioramenti di cui noi operai da li a poco avremmo dovuto godere, come ad esempio il possesso di un automobile. Gli operai ascoltavano attentamente e in silenzio. Nessuno tra gli operai era capace di intervenire da pari a pari con l’ing. Freni, eccetto Arturo Tuveri, il quale intervene al termine del discorso del direttore, e ne smontò il discorso. Una volta terminato l’intervento del Tuveri ci fu un applauso da parte degli operai. Molti parteciparono, non perché fossero realmente interessati, ma perché avevano paura che la loro assenza venisse interpretata in senso negativo e per mostrarsi disponibili e servili verso i dirigenti. In prima fila erano seduti i”ruffiani” che all’epoca di Marini avevano fatto piangere tante famiglie, riportando spiate alla direzione. La riunione organizzata dall’ing. Freni, mirava in qualche modo a conquistare le simpatie degli operai in vista della sua candidatura nelle file del partito liberale per l’elezioni regionali.

D-97

-[Antonio Agri]. L’intervento di Tuveri ci riportò alla realtà sulla nostra condizione operaia. Anche se le previsioni dell’ing. Freni si avverarono da li a qualche tempo. Agli inizi degli anni ’70 molti operai poterono acquistare un automobile.

D-98

-[Antonio Agri]. In qualche modo l’acquisto dell’automobile ci fu imposto.

D-99

-[Antonio Agri]. L’automobile per quei tempi era un lusso.

D-100

-[Antonio Agri]. All’epoca neanche la gran parte degli impiegati possedeva l’auto, nonostante godessero di tanti privilleggi rispetto agli operai, come prestiti per l’acquisto della casa, luce e acqua gratis, la possibilità di trascorrere le ferie, per un mese al mare gratis a Cagliari.

D-101

-[Antonio Agri]. Dopo l’intervento di Tuveri, l’ing. Freni non si arrabbio. Conservo di lui, nonostante ci punì con il trasferimento al reparto produzione, un buon ricordo, era propenso al dialogo, rispetto alla durezza del Marini, non sopportava i “ruffiani che mandava via. Per questo, anche gli operai avevano una certe stima di lui. E’ stato, a mio avviso uno tra i migliori dirigenti che la Fonderia di San Gavino M.le abbia avuto. Tutte le migliorie che lui propose ebbero successo.

D-102

-[Antonio Agri]. Eccetto quello che disse.

D-103

-[Antonio Agri]. Tuveri aveva sempre la risposta pronte, era un componente della Commissione Interna ed era persona competente in grado di discutere con la direzione.

D- 104

-[Antonio Agri]. Sapeva spiegare le sue idee e le sue opinioni argomentandole con dovizia di fatti, tant’è che impiegati e operai rimanevano impressionati dai suoi interventi.

D-105

-[Antonio Agri]. Gli operai della Fonderia rispetto ad altri che lavoravano in altre aziende stavano decisamente meglio. Gli operai della Fonderia lavoravano bene, perché non potevano fare altrimenti posso raccontarti un altro aneddoto a proposito: era una giornata d’inverno, ho già detto che era proibito mangiare in questi ambienti ciò era giusto visto l’alta concentrazione di piombo. Ma uno dei miei colleghi di lavoro, Pasquale Fontana, operaio specializzato, aveva tre o quattro patate che mise a cuocere nella forgia (un posto per niente igienico), ad un certo punto entrò nel nostro reparto il caposervizio, noi stavamo lavorando e il Fontana appena lo vide arrivare, per non essere scoperto, si mise in tasca le patate bollenti. Il caposervizio si avvicinò a lui per comunicargli di svolgere un determinato lavoro. Il Fontana, era talmente sudato a causa delle patate bollenti che aveva messo in tasca, che gli procurava un gran dolore ma non poteva gridare altrimenti poteva essere scoperto e licenziato. Vedendolo in quelle condizioni il caposervizio gli chiese se stesse male, il Fontana rispose:<<No, ho solo un poco di caldo>>, questo detto in dialetto cagliaritano e il caposervizio gli ribatte:<<ma se fa un freddo cane>> e il Fontana:<<Ma io ho caldo, forse ho un po’ di febbre>>. La conversazione si protrasse per circa 10 minuti. Il Fontana si ustiono tutta la coscia. E per nascondere l’ustione si fascio la coscia con della garza e continuo a lavorare. Questo per mostrarti quanta paura avevamo.

D-106

-[Antonio Agri]. Questo accade nell’anno 1964.

D-107

-[Antonio Agri]. …era peggio di stare in caserma. Non potevi esprimere le tue idee ne con i tuoi colleghi di lavoro dentro la Fonderia, ma neanche fuori. E se capivano che eri comunista, ti mandavano via in quattro e quattrotto.

D-108

-[Antonio Agri]. Perché era una persona intelligentissima ed era ormai anziano.

D-109

-[Antonio Agri]. Tuveri era tra gli operai più anziani della Fonderia, se il fatto fosse capitato a lui avrebbe senz’altro agito diversamente. Il signor Naemi che era il nostro capo servizio non si sarebbe nascosto ad un eventuale rimprovero del caposervizio sul fatto che fosse proibito mangiare nei reparti avrebbe senz’altro risposto che lo sapeva ma che in quel momento aveva fame. Era persona che godeva di grande rispetto da parte di tutti. Era tra i primi operai che costruirono la Fonderia, collaborando con l’ing. Rolandi.

D-110

-[Antonio Agri]. Tuveri c’era dall’inizio con Rolandi, l’ingegnere che costruì la Fonderia nel 1932 a San Gavino Monreale.

D-111

-[Antonio Agri] Marini non poteva licenziarlo perché era amico di Rolandi che era suo superiore. Ma Tuveri era una persona per bene e coerente e non aveva paura di nessuno. E discuteva sempre con grande pacatezza e garbo e se sbagliava sapeva anche scusarsi.

D112

-[Antonio Agri] Era un operaio specializzato, si occupava delle elettropompe.

D-113

-[Antonio Agri]. C’erano anche altre, ma a mio avviso nessuna a livello di Arturo Tuveri, per correttezza e preparazione.

D-114

-[Antonio Agri]. Tuveri partecipo al primo sciopero, dopo circa 20 anni dal 1949, ricordo che era soddisfatto! Dopo tanto tempo finalmente gli operai, i lavoratori della Fonderia riprendevano a lottare per migliorare le loro condizioni. Lo sciopero ebbe un grande successo! I tempi, rispetto al 1949 erano finalmente cambiati, ma non tutti gli operai l’avevano capito, perché alcuni, pensando che la direzione reagisse nella stessa modalità repressiva del 1949 (licenziando coloro che scioperarono) entrarono in Fonderia passando attraverso la discarica, l’unica parte dello stabilimento non recintato, dal quale era possibile entrare nei reparti credendo in questo modo di salvarsi, ma ormai, il clima non era più quello del 1949. Vennero cacciati via dall’ing. Freni, ricordo che erano solamente tre persone e che dovettero uscire dall’ingresso principale accolti dagli operai che scioperavano con lanci di monetine da 1 lira o da 5 lire o da pezzi di pane.

D-115

-[Antonio Agri]. Probabilmente il Tuveri è andato in pensione nel 1979, alcuni anni dopo che mi sono licenziato, ma era il 1974.

D-116

-[Antonio Agri]. Era stato consigliere comunale a Guspini, forse vicesindaco.

D-117

-[Antonio Agri]. C’era il dopo lavoro aziendale, riservato agli operai e il circolo per gli impiegati. Il dopolavoro aziendale degli operai era gestito da un lavoratore che veniva eletto, ogni due o tre anni a cui veniva affidato l’incarico della gestione delle attività che si svolgevano nei locali. Apriva nel pomeriggio sino alla mezzanotte, c’era la televisione, la sala lettura con una discreta biblioteca, i biliardi, il giradischi con dischi per ascoltare ogni tipo di musica, dalla lirica alla classica sino alla musica leggera. Si giocava a carte e si organizzavano tornei di biliardo o gite, almeno una volta l’anno.

D-118

-[Antonio Agri]. Una volta organizzarono una gita a Torino, con la partecipazione di gran parte degli operai. Questo avvenne nel periodo delle ferie estive, quando puntualmente gli impianti della Fonderia venivano sottoposti alla manutenzione. Un altro aspetto importante dell’attività ricreativa organizzata dalla Fonderia erano gli sport, soprattutto il calcio ma anche il gioco delle carte.

D-119

-[Antonio Agri]. Tutti i giochi escluso il poker.

D-120

-[Antonio Agri]. Partecipava tantissima gente, il dopolavoro era frequentatissimo, c’erano tutte le comodità e le novità rispetto agli altri bar di San Gavino M.le. Nel 1957 arrivò la televisione, tutto questo era riservato esclusivamente ai lavoratori della Fonderia. Il dopolavoro si apri all’intera popolazione di San Gavino M.le alla fine degli anni ’60, si aggiunse un giardino con fiori etc. e d’estate era piacevole trascorrere le serate.

D-121

-[Antonio Agri]. Il dopolavoro aziendale era situato lungo la strada che va verso Guspini, immediatamente dopo il passaggio a livello. Mi sono dimenticato di dire che c’era anche la pista da ballo estiva.

D-122

-[Antonio Agri]. La Fonderia esercitava un potere assoluto sul paese di San Gavino M.le. Le personalità più influenti a San Gavino M.le erano naturalmente il direttore della Fonderia, il parroco e il sindaco che sino al 1975 è stato quasi sempre democristiano.

D-123

- [Antonio Agri]. Il dopolavoro ha raggiunto il suo apice nel decennio che va dal 1970 al 1980, poi c’è stato un lento ma inesorabile declino.

D-124

-[Antonio Agri]. Ora non esiste più. Lo stabile lo ha acquistato il comune. Attualmente la Fonderia non ha più un dopolavoro e non svolge più le attività ricreative che svolgeva in passato.

D-125

-[Antonio Agri]. La sede della biblioteca era il circolo degli impiegati e sopra c’era l’appartamento dell’Ing. Marini. Il direttore frequentava il circolo degli impiegati per vedere la televisione e rimaneva talvolta sino al termine delle trasmissioni. Questo lo so perché accompagnavo mia sorella al circolo degli impiegati per fare la pulizia dopo la chiusura. Io dovevo aspettarla fuori perché non mi era permesso entrare.

D-126

-[Antonio Agri]. C’era poi il campo da tennis, gli impiegati giocavano a tennis e avevano anche un bel giardino tenuto e curato naturalmente dagli operai.

D-127

-[Antonio Agri]. Lavoravano per conto della Fonderia, venivano a pulire. Gli impiegati usufruivano di molti privilleggi come la casa gratis a Cagliari per le ferie. Mentre gli operai avevano per i loro figli la colonia di Funtanazza.

D-128

-[Gavino Congia]. Mi viene in mente adesso, Domenico Ariu, era una persona modesta ma alla buona. C’era anche il paradosso, pur di avere un aggancio, di far cresimare i propri figli dal direttore della Fonderia.

D-129

-[Gavino Congia]. Si parlava del lavoro. Ma c’era una grande paura di parlare di politica anche nel privato.

D-130

-[Gavino Congia]. Il lavoratore era tenuto d’occhio, c’era una scheda dove si riportavano le note caratteristiche dell’operaio e se manifestava idee contrarie a quelle della azienda eri finito, perché queste informazioni venivano comunicate ad altre aziende e rischiavi quasi al 100% di non trovare lavoro. E stato per questo che noi siamo stati puniti con il trasferimento ai reparti di produzione dopo lo sciopero del 1966.

D-131

-[Gavino Congia]. Chi aveva parentele all’interno dell’officina meccanica e buone relazioni con i dirigenti dell’azienda veniva trattato con un certo riguardo. Al contrario chi non godeva di certe amicizie poteva essere sottoposto a qualsiasi tipo di “intemperie”.

D-132

-[Gavino Congia]. Il capofficina, il caporeparto naturalmente erano quelli che avevano più agganciati. Io mi sono salvato per un certo tempo perché rispetto ad altri perché avevo un certo livello di scolarizzazione, cioè l’avviamento ed avevo lavorato sodo, conquistando così un certo rispetto. Sono stato scelto per poi lavorare nelle macchine utensili che era considerato un buon posto in Fonderia, perché non eri esposto ai fumi etc. Ma il primo a saltare dopo lo sciopero del 1966 sono stato proprio io.

D-133

-[Gavino Congia]. Direi di si. Ricordiamoci che a quei tempi un ragazzo doveva trovare subito da lavorare, se non erano guai. Entrare in Fonderia e lavorare nelle officine era un grande salto per due motivi principali: imparavi un buon mestiere eri ben pagato ogni mese con un buon stipendio rispetto alla stragrande maggioranza dei giovani che all’epoca facevano i manovali come muratori (un lavoro faticoso dove spesso venivi trattato male). Il lavoro in fonderia mi era parso una grande conquista, avevo di fronte a me un futuro sicuro. Ricordo il primo stipendio che presi, avevo lavorato per circa dieci giorni, era il febbraio del 1961, avevo preso tra premio di produzione e altro 20mila lire! Ero al settimo cielo!

D-134

-[Gavino Congia]. Non mi viene in mente niente di particolare.

D-135

-[Gavino Congia]. Un incidente allo stabilimento, mentre rientravo mi sono scontrato e abbiamo fatto un volo di cinque metri, è stato un po’ per colpa mia perché non guardai bene prima di mettere in moto.

D-136

-[Gavino Congia]. Ho riportato alcune ferite, ho fatto tre mesi di infortunio. Fu avvenimento molto negativo. Una volta l’ing. Freni mi fermo all’ingresso della Fonderia, meravigliato perché mi trattenevo spesso a parlare con Arturo Tuveri. Si era convito che io avessi un ideologia contraria all’azienda.

D-137

-[Gavino Congia]. Se pure l’ambiente in cui lavoravo era tra quelli meno esposti alle polveri o ai fumi, era mio uso di altri sperare che soffiasse il maestrale in modo da disperdere il più lontano possibile eventuali elementi inquinanti lontani dal luogo in cui si lavorava. Le officine meccaniche erano sistemate dietro i reparti produttivi. Se al contrario soffiava il levante i fumi e le polveri potevano invadere il nostro ambiente di lavoro. Quando mi alzavo, prima di recarmi a lavoro osservavo in quale direzione i fumi fuoriuscivano dai comignoli della Fonderia in modo da capire se soffiasse il maestrale o il levante. Comunque qualche precauzione la nutrivamo lo stesso. Antonio mi è testimone! Noi giovani eravamo ben affiatati ci siamo organizzati…La Fonderia ha accresciuto la mia professionalità, infatti quando sono andato via per il nuovo lavoro che ho svolto ho colto immediatamente la differenza, quello in Fonderia era senz’altro più preciso e duro. Gli operai anziani non è che fossero gran che comunicativi con noi giovani principianti, dovevi in qualche modo rubare le informazioni e dovevi fare i lavori di poco conto mentre loro facevano il lavoro principale. La professionalità si acquisiva molto lentamente e prestando molta attenzione a quello che veniva fatto dagli operai più anziani.

D-138

-[Gavino Congia]. Nel reparto dell’officine meccaniche le meccaniche utensili erano distanti l’una dall’altra. Non era facile seguire il modo in cui lavoravano gli operai più anziani.

D-139

-[Gavino Congia]. Non vedo alcun futuro per la Fonderia a parte per il fatto che non c’è più la classe dirigente aziendale di una volta e poi perché si è messo in atto un processo che ha ridotto l’importanza della Fonderia di San Gavino M.le, in quanto gran parte della produzione è stata trasferita ad esempio a Portovesme La Fonderia oggi è ridotta ad un “spezzatino”. Penso che il mondo della Fonderia come quello che io ho conosciuto, sia definitivamente finito.

D-140

-[Gavino Congia]. Si chiude! Ma per chi vi ha lavorato, fermo restando anche le tragedie che ha portato, ha dato un contributo importante al benessere di San Gavino M.le e dei paesi circostanti, ci ha dato da mangiare, ha permesso ai figli degli operai di studiare.

D-141

-[Gavino Congia]. Non voglio fare il nostalgico, c’era un lato positivo della Fonderia, ricordo il dopolavoro dove c’era una biblioteca o dove si poteva ascoltare della buona musica e se si apparteneva al Cral aziendale una volta l’anno si organizzavano delle gite. Ci si divertiva!

D-142

-[Gavino Congia]. Era aperto quasi tutti i giorni della settimana, c’erano dei gestori simpatici, i prezzi erano buoni, i locali erano ben tenuti, potevi andare con la ragazza e passare un pomeriggio o una sera tranquilla. Durante il periodo invernale si organizzavano dei balli e trovo questo, non solo perché eravamo giovani, molto più positivo di quello di oggi. Se a vent’anni, in quel periodo non avevi ancora trovato un lavoro eri considerato un fallito. Oggi è diverso, quando ho preso il primo stipendio ho toccato il cielo con un dito. Perché trovare un lavoro come quello in Fonderia, con una buona paga, con i contributi, ti sentivi rispetto ad altri come un privilleggiato. Anche se c’era sempre il timore che per una causa o l’altra potevi perdere il lavoro o di ammalarti a causa dei fumi o delle polveri nocive. Se qualcuno andava via per sua volontà voleva dire che aveva trovato un lavoro altrettanto buono.

D-143

-[Gavino Congia]. Era il 1961 e c’era stata l’iniziativa Italia 1961. Prima del 1961 si lavorava saltuariamente. Italia 1961 era un evento nazionale.[Antonio Agri]: Veniva celebrato il centenario dell’unità d’Italia 1861-1961 ed era un momento molto favorevole per l’economia: c’era il boom economico. Intorno agli anni 60’ a San Gavino M.le, oltre alla fonderia, si era sviluppata l’industria del mobile, che aveva dato ad alcuni giovani la possibilità di trovare, dopo quello della Fonderia, un lavoro meglio retribuito rispetto a quello dell’agricoltura o dell’edilizia. Quando io e Gavino siamo stati assunti in Fonderia agli inizi degli 60’, vivevamo un certo disgelo rispetto al passato, in quanto l’ing. Marini non c’era più. Tant’è vero che quando c’è stato lo sciopero del 1966 la stragrande maggioranza dei giovani vi aderì anche se ne subirono le conseguenze. Questo era il segno che si respirava un’altra aria, più libera. Avevamo meno paura perché erano sorte nel circondario altre fabbriche, come la SNIA a Villacidro, che poteva offrire un eventuale sbocco lavorativo. La punizione inflittaci dall’ing. Freni che aveva sostituito l’ing. Marini, nel trasferire i giovani nei reparti di produzione, fu dettata soprattutto dall’idea di ristabilire il predominio della direzione sulla Fonderia. Ma non avevamo più la paura di un tempo, almeno noi giovani, perché come ho detto c’era la possibilità di trovare nella zona altri lavori, altrettanto ben pagati e meno faticosi di quello in Fonderia. Fu cosi che molti giovani abbandonarono la Fonderia. Eravamo ormai degli operai specializzati e non volevano lavorare nei pesanti reparti produttivi. Mentre i manovali dei reparti produttivi passarono ad una qualifica superiore: quella di operaio qualificato. [Gavino Congia] : Quando noi siamo stati trasferiti nei reparti di produzione, i caposquadra non è che ci trattassero bene. Sentivamo il peso di questo trattamento, perché rispetto ai reparti di produzione noi eravamo degli operai privilleggiati e alla prima occasione per un non nulla ci rimproverava assegnandoci le mansioni più umili. Vorrei tornare al 1961, in quella occasione la Fonderia organizzò con degli operai, una gita a Torino. Io non partecipai perché ero stato da poco assunto. Molti di questi operai non tornarono più a San Gavino M.le, perché approfittando della gita cercarono il lavoro nell’aziende di Torino. Ricordo ad esempio un operaio, un certo Pusceddu. [Antonio Agri] : Molti operai approfitarono di questa gita per cercarsi un lavoro meglio pagato e meno pesante, molti di questi hanno dato le proprie dimissioni non tornando più a lavorare in Fonderia. [Gavino Congia]: Molti sono scappati, molti sono andati via.

D-144

-[Antonio Agri]. Avevano sfruttato questo viaggio.

D-145

-[Antonio Agri]. Questi operai evidentemente erano andati in gita a Torino non tanto per divertirsi, ma sapendo che in quella città cercavano operai specializzati, cogliendo l’occasione per trovare un lavoro migliore. [Gavino Congia]: perché nella Fonderia l’ambiente era malsano.

D-146

-[Gavino Congia]. Si spiega cosi la scelta del Pusceddu, che approfittando della gita a Torino, si mise alla ricerca di una lavoro diverso da quello che svolgeva in Fonderia, anche il padre aveva lavorato in Fonderia ed era morto di silicosi. Molti lavoratori della Fonderia si sono ammalati di silicosi o di saturnismo. Malattie riconosciute come professionali. Anche l’ing. Freni fu colpito da saturnismo. [Antonio Agri]: Tant’è che finì paralizzato.

D-147

-[Antonio Agri]. L’ing. Marini era come un re, mandava altri a controllare le attività della Fonderia, a differenza dell’ing. Freni che era il direttore, ma anche un validissimo tecnico, che aveva radicalmente innovato le strutture della Fonderia e andava di persona a controllare i reparti. [Gavino Congia]: Non lo si vedeva mai. [Antonio Agri]: L’ ing. Marini più che rispetto incuteva una grande paura tra i lavoratori della Fonderia (sia che fossero operai o impiegati) quando passava per la paura sembravano tanti burattini.

D-148

-[Antonio Agri o Gavino Congia]. Marini nel dopoguerra.

D-149

-[Antonio Agri o Gavino Congia]. Si dice così. [Antonio Agri]: L’ing. Freni era una mente.

D-150

-[Gavino Congia]. E’ stato lui ha realizzare le grandi innovazioni tecniche della Fonderia. [Antonio Agri] : Il reparto pallini e la giostra dove avveniva la raffinazione, sono state tra le grandi innovazioni realizzate dall’ing. Freni che poi furono vendute alla Romania per diversi miliardi. [Gavino Congia]: Parlava male della Romania in quanto era un regime totalitario, lui era di formazione liberale.

D-150

-[Antonio Agri]. Difficilmente l’ing. Freni ti avrebbe licenziato per le tue idee politiche, mentre per l’ing. Marini bastavano delle voci per licenziarti o per costringerti ad andartene da solo.

D-151

-[Gavino Congia]. All’epoca, parlo dei primi anni 60’, era molto difficile trovare un buon posto di lavoro, c’era la Fonderia e le miniere, che erano proprietà della stessa società.

D-152

-[Antonio Agri]. Tutto cambiò radicalmente con l’introduzione dello Statuto dei Lavoratori, tant’è che rapporti tra Direzione e operai migliorano sensibilmente. Un aneddoto che può rendere concretamente ciò che sto dicendo: un grande macchinario chiamato mescolatrice che serviva a miscelare circa 6 tonnellate di minerale, progettata dall’ing. Freni che dopo un tot di lavoro necessitava di una manutenzione che per essere eseguita necessitava che un operaio entrasse all’interno del macchinario attraverso un apertura larga appena 60 cm. Un operaio si rifiutò di entrarvi perché lo riteneva pericoloso per la sua salute e venne mandato via. Ma fece causa e dopo quattro anni fu riassunto. Ciò non sarebbe potuto accadere prima, quando ancora non c’era lo Statuto dei Lavoratori. Dopo questo fatto molti operai ottennero di entrare in questi luoghi bruttissimi, con le tutte e una serie di aspiratori, per pulire questa mescolatrice. Con un ambiente di quattro metri per tre giravano su galoppini per mescolare il minerale che veniva scaricato su un nastro trasportatore che andava su duaubled, dei nastri non in gomma ma in mattoni refrattari dove per tre metri questo materiale veniva mescolato e dove venivano bruciati i minerali di piombo e la galena. Dopo tale fase il materiale dove veniva grigliato finendo in alcuni contenitori poi nel forno a vento e per essere fuso. La galena proveniva non solo da Montevecchio, ma anche dal Canada e dalla Romania. La migliore era quella di Montevecchio. I mescolatori mescolavano i minerali e dalla mescolatrice finivano sui nastri trasportatori duenbled come ho già detto erano nastri trasportatori di tre metri di larghezza per 20 metri di larghezza che giravano continuamente. Siccome avevano mattoni refrattari sotto il fuoco, questi passavano sopra. Nel mezzo c’erano due operai con dei ferri dovevano pulire questi mattoni refrattari dalle rimanenze delle scorie.