La fonderia di piombo di San Gavino Monreale (2a parte)

Da Il Filo della Memoria 2.0 - Biblioteca Multimediale di San Gavino Monreale (VS).

La Fonderia di piombo di San Gavino Monreale 2a parte

I minerali, i fondenti, i combustibili sono raccolti in un deposito generale sito all'aperto e servito dalle ferrovie privata e dello Stato nonché da automezzi e da­gli impianti di trasporto meccanico della Fonderia. Affidiamo al disegno della tavola 66 del III volume ed alle fotografie che se­guono la illustrazione generale del reparto. Come si vede si tratta di un piazzale di 6.700 metri quadrati (metri 354X19) pavimentato in cemento e fiancheggiato da un terrapieno, sopraelevato di un me­tro sul quale corrono i binari dei raccordi ferroviari, e da un corridoio di deposito secondario di metri quadrali 960 racchiuso ira due muretti. Due gru a cavalletto e un impianto di temperley (ire unità di cui due munite di benne ed una di gancio) assicurano lo smistamento di lutti i materiali in arrivo (dopo pesatura sui bilici ferroviari) o giacenti sul piazzale principale, il caricamento sui vagoni ferroviari per le merci in partenza, nonché l'inoltro ai reparti di lavora­zione delle aliquote di minerali, fondenti ecc., prelevati dal deposito principale e collocati in quello secondario dopo la pesatura. Si traila della riproduzione in grande del funzionamento d'un regolare magazzino ove le unirci sono pesale all'ingresso e all'uscita rendendo possibile una regolare temila dei registri di carico e scarico. Le merci in arrivo od in transito presentano le seguenti caratteristiche

pezzatura Peso specifico Composizione chimica media a) Galena di laveria 2-15 mm 3,5 Pb=-60-697u; S^= 15-22 70; Zn=3-5°/(1 b) Galena di flottazione 150 mesh 3,6 Fe=2-l2"/0; Si 0. = 0,5-5 n/u; Cu = 0,2-l,5 Sb= 0,2-0,3 "/,;, Ag=0.04-0,0570; As= 0,01 -0,03 7U c) Puliture forni 2-15 mm 2,8 Pb=37"/0; S=8,6"/0;Zn = ll,5%; Fe = 15,3%; Si04 = 9,6%; Cu = 4,6%; Ca 0 = 2,7 %; Ag=0,02% d) Ceneri pirite 0.5-2 mm 1,5 Fe= 57,5% ; S=4%; Si0(2)=3% e) Pietrisco siliceo 5-15 mm 1,15 Si0(2)=80%: AI203=12%; Fe=2,5% f) Calcare 5-15 cm 1,35 Ca CO3= 97%; Si02=2,2% g) Minerali ferrosi 2-12 cm 2 Fe = 48,5%1; Si0(2)=18,5%; Mn=L5% Al(2)0(3)=1.2% h) Coke 5-12 cm 0,55 S= l,5%;Ceineri=9,5 %; Calorie/kg=7 mila

In base ad una produzione annua di 36.000 tonnellate di piombo dolce (capacità della Fonderia) i quantitativi giornalieri che dal piazzale affluiscono ai reparti di lavorazione ammontano a circa 350 tonnellate (galena tonnellate 160, ceneri ton­nellate 25, pietrisco tonnellate 32, calcare tonnellate 34, minerali ferrosi tonnel­late 40, coke tonnellate 45, altri tonnellate 14). Vanno aggiunte circa tre tonnellate di merci varie ilei la Fonderia e dieci tonnellate per la miniera, tonnellate 100 di piombo dolce e tonnellate 150 di blenda messa a deposito in attesa dell'imbarco per Porto Marghera od oltre Mediterraneo. Tali blende sono permanentemente presenti nel deposito per migliaia di tonnellate, dato che la ridotta disponibilità di spazio in banchina nel porto di Cagliari e la insufficienza di quelle installazioni meccaniche non consentono la logica realizza­zione di un cospicuo deposito portuale. Complessivamente tenendo conto dei doppi spostamenti vengono mosse oltre 750 tonnellate di materiale al giorno con punte di 1000 tonnellate ed oltre essendo presenti nel reparto un sorvegliante e 16 operai. Ecco alcuni dati sugli impianti meccanici: Gru a cavalletto: lunghezza binario di corsa metri 354; luce compresi gli sbracci metri 42; scartamento dei binari metri 31 ; portata utile della benna metri cubi 0,7 - chilogrammi 3000; velocità sollevamento benna metri 26 al 1'; porta gancio chilogrammi 6.000; velocità sollevamento gancio metri 11 al 1"; velocità translazione ponte melri 45 al 1; velocità translazione carrello metri 75 al 1'; corsa verticale benna e gancio metri 12. Tramoggia pesatrice mobile: lunghezza binario di corsa metri 180; scartamenti metri 5,50; capacità tramoggia metri cubi 9; velocità translazione metri 25 al 1' . Temperly: lunghezza binario di corsa metri 285; binario a metri 15,7 (da terra); velocità translazione carrello metri 200 al 1'; stesse caratteristiche della gru portata e sollevamento gancio o benna.

Reparto macinazione Occupa una parie del. capannone raffinazione (metri 17X38) e comprende: un for­no di essiccamento, due mulini a palle, un gruppo frantoio mulino rotativo e un gruppo frantoio cilindraia; disposti in modo che le rispettive tramogge principali di carico (cinque da 12 metri cubi) che si aprono sul palchetto macinazione a (piota di metri 7,90 da terra sono servite da temperley proveniente dal piaz­zale arrivi. A fianco delle tramogge 'principali di carico esiste un'altra serie di quattro tramogge, pure da 12 metri cubi sussidiarie, le quali sono servite dalla gru di raffinazione. Fra il palchetto dì carico ed il piano del pavimento sullo sistemate nelle le macchi­ne e gli organi relativi. Tutto l'impianto è munito di cappe e condotti di aspirazione che fanno capo alla camera di ricupero delle polveri. I prodotti macinali possono essere convogliali sia a dei vagonetti sia a due nastri trasportatori che li avviano a mezzo di due elevatori a tazze al reparto miscela. La galena in pezzatura solo nella stagione piovosa è consegnata ad un forno di essiccamento, altrimenti va direttamente ai mulini a palle e, dopo macinazione, è consegnata mediante nastro trasportatore ed elevatore a tazze al reparto miscela. Calcare e fondenti ferrosi devono essere invece sottoposti a frantumazione che si effettua nei due gruppi sopra citati; i prodotti frantumali cadono su un nastro trasportatore attiguo a quello della galena seguendo la stessa via. Il forno di essiccamento tubolare lungo dieci metri e con diametro di metri 1,20 è riscaldato da un bruciatore a gas o catrame e alimentalo a mezzo di distributore a cassetto di metri 0.70X1,50. Il materiale essiccato cade in vagoncini oppure più comunemente, viene elevato ai mulini a palle a mezzo di trasportatori metallici ed elevatore a tazze. La fumana e le polveri vengono aspirate dalla tramoggia di scarico a mezzo di un aspiratore centrifugo che convoglia il tutto ad un ciclone, le cui polveri vengono meccanicamente immesse nel circuito del macinato, mentre la fumana passa al camino. Tutti i movimenti sono compiuti da un unico motore trifase da 25 HP. Il forno di essiccamento ha la capacità di cinque tonnellate ora di galena essiccata ed è riscal­dalo a gas o a catrame. Mulini a palle. Sono di costruzione Humboldt ed in numero di due. Ognuno dei due complessi è costituito da: una tramoggia principale ed una secondaria di ali­mentazione dotate di distributori a cassetto, un trasportatore a scosse, un mulino a palle. Dal trasportatore a scosse il materiale cade nel mulino e il macinato ali­menta uno o l'altro dei due nastri trasportatori sottostanti. Ognuno dei due mulini ha diametro esterno di metri 3,15, larghezza metri 1,45. ed è azionato da motore da 50 HP che imprime al tamburo la velocità di 18-19 giri al 1' dando una pro­duzione di cinque tonnellate-ora di galena sotto a quattro millimetri. Frantumazione. E' provvista di un gruppo frantoio a mascelle e cilindraia e di un gruppo di frantoio a mascelle accoppiato a un frantoio rotativo. Ogni gruppo è completato da due tramogge di alimentazione con distributore a cassetto, un trasportatore a nastro snodato di acciaio, un trasportatore a scosse, un elevatore a tazze. Uscendo dal frantoio a mascelle il materiale cade su di un vibrovaglio con fori da 13 millimetri: il lino va a cadere su uno dei nastri trasportatori che alimentano il reparto miscele; il grosso invece, prelevato da un elevatore a tazze, è mandato alla cilindraia per il primo gruppo oppure al frantoio rotativo per il secondo gruppo per essere ridotto alla finezza desiderata. Ogni gruppo è messo in azione da un unico motore da 40 HP ed assicura una pro­duzione di frantumato sotto a 13 millimetri di circa ire tonnellate-ora di calcare o minerali ferrosi. Due nastri trasportatori orizzontali in gomma, larghi 400 millimetri e lunghi 25 metri cadauno, raccolgono tutti i materiali macinati e frantumati e li avviano al Reparto Miscele a mezzo di due elevatori a tazze la cui distanza fra i centri delle mole è di metri 14,5. Il filtro automatico a sacchi che filtra tulle le aspirazioni di aria dispone dì 156 sac­elli di lana lunghi metri 2,90 del diametro di centimetri 20. L'aspiratore centrifugo posto a valle dall'impianto è direttamente accoppiato ad un motore da 75 HP. In media si ricuperano giornalmente circa 300 chilogrammi di polveri. Lavorano nel reparto due operai per turno di otto ore.

Reparto miscele

Una fusione' tranquilla e regolare dei minerali al forno a vento è la base del buon andamento di una fonderia di piombo. Le condizioni che la determinano sono da ricercarsi principalmente nella qualità e nella pezzatura dell'agglomerato che alimenta il forno. A sua volta la qualità dell'agglomerato è determinata dalla esatta composizione del­la miscela di minerali e fondenti: particolarmente curata è quindi a San Cavino tale preparazione. Inizialmente la miscela era formata in modo continuo mediante prelievo dei com­ponenti dai silos di deposito a mezzo di dosatovi automatici; si sperimentò in seguito la preparazione in lotti di circa 3.000 chilogrammi pesando tutti i compo­nenti di ciascun lotto. I risultati ottenuti ci hanno indotto ad adottare tal modo di preparazione. Una delle miscele tipo adottate è la seguente: galena flottala chilogrammi 750; galena macinala chilogrammi 350; ceneri di pirite chilogrammi 100; minerali di ferro chilogrammi 270; calcare chilogrammi 150; pietrisco siliceo chilogrammi 80; puliture e fumi chilogrammi 50; agglo­merato lino di ritorno chilogrammi 1400; totale chilogrammi 3.150. Composizione chimica: Pb = 40,2%; S == 7.5%; Si'O, = 11,8%; Fé — 15,2%; CaO = 5,7%. Da notare l'anacronismo tra gli sforzi spesi in miniera per ottenere concentrati di piombo quanto più possibile ricchi e la successiva diluizione in fonderia. Si tratta però di un anacronismo soltanto apparente poiché il tenore è stato abbassato dalla introduzione degli elementi mancanti al minerale per renderlo suscettibile di una buona fusione, elementi non contenuti nello sterile eliminalo in laveria. Il reparto miscele è ospitalo in un capannone di 814 metri quadrati (74X11) alto 16 metri alla imposta delle capriate, collocalo tra i due capannoni della macinazione-raffinazione e desolforazione-fusione ed è diviso nelle due sezioni di prepara­zione dei componenti e di omogeneizzazione e umidificazione. La prima sezione dispone di un gruppo di 20 tramogge (capacità: 25 a 50 metri cubi cadauna) e di un secondo di quattro tramogge della capacità di 25 metri cubi cadauna. 11 primo gruppo riceve minerali e fondenti dal piazzale di deposito a mezzo del temperley e dalla macinazione a mezzo di nastri ed elevatori. Il secondo gruppo riceve i ritorni dalla desolforazione a mezzo di gru ed alimenta a mezzo di nastro una delle tramogge del primo gruppo del quale può essere per­tanto considerato come un deposito generale di rifornimento. Occorrendo, i ritorni possono essere previamente macinati. Le tramogge del primo gruppo sono divise in due- gruppi di dieci unità allineati ed affiancati : sotto ciascun gruppo scorre un carrello pesature elettrico portante un recipiente detto secchione destinalo a ricevere i componenti di un lotto di miscela. Il secchione che è autoscaricatore ha le caratteristiche illustrate nel disegno ripor­talo a tavola 85 del III volume. Passando sotto le tramogge il secchioni; riceve pesati i vari materiali e, misurala a volume, l'acqua di umidificazione. Terminata la sua corsa ed ospitati lutti i componenti di un lotto della miscela il secchione; è sollevato da una gru e il suo contenuto viene tallo defluire nella tra­moggia di caricamento all'apparecchio mescolatore. Si tratta anche qui di un apparecchio discontinuo di noia cosini/ione (mescola­tore del dott. Raps) che assicura una ottima e costante omogeneizzazione. Ruotan­do il mescolatore in senso contrario a quello di mescolamento, la miscela defluisce in un sistema di nastri-elevalori oppure in un secchione che a mezzo di gru alimenta le tramogge degli apparecchi di desolforazione che sono pure servite da­gli elevatori di cui sopra. Il reparto dispone di due mescolatori di cui uno di riserva. Capacità di un mesco­latore 25 tonnellate-ora di miscela. Il reparto è servito da due gru a ponte correnti su metri. 30 di binario fissato alle colonne del capannone a quota di metri 13,10 con scartamento di metri 9,50 e con carrello mobile munito di gancio la cui portata è di cinque tonnellate. Esse sono munite di motori da 9 HP per il ponte, da 3 HP per il carrello e da 15 HP per il gancio: tutti con due sensi di rotazione e con apparecchiatura semi­automatica a controller situata nella cabina di manovra posta ad una estremità del ponte. Nel reparto trovano lavoro nove operai per turno di otto ore.

Reparto desolforazione

Il reparto occupa una buona metà del più granfie capannone della Fonderia che ospita anche i forni fusori, ed è formato come gli altri da tralicciatura in ferro con copertura in eternit sulle pareti e sul tetto. Tale capannone di metri 22X96 con imposta dal tetto a metri 21,80 si prolunga verso ovest con una appendice più bassa in cui è sistemala la camera a polvere del reparto desolfora/ione (tavola 69 e 70 del III volume). Tale reparto è dotato di tre apparecchi desolforatori Dwight Lloyd da 12 metri qua­drati ciascuno di superficie utile, sorretti da incastellature di ferro con tre solai principali: il più alto è a metri 13,20 da terra (tramoggia di carico), l'intermedio a quota sette metri (piano di lavoro), l'inferiore a metri 2,90 (distributori agglomerato). Gli apparecchi Dwight Lloyd sono essenzialmente costituiti da una griglia di ac­ciaio, ferro e ghisa scorrevole a tenuta d'aria sopra ima camera di aspirazione costituita da una serie di tramogge di ghisa collegate ad una tubazione mantenuta in depressione (200-600 millimetri di colonna di acqua) da un aspiratore. La griglia è costituita da 36 elementi detti carrelli della larghezza di meri 1,95 e della lunghezza, ciascuno, di metri uno accostati a pressione a guisa di nastro continuo sopra apposite guide di scorrimento. Ogni carrello porla 210 barrotti di acciaio o di ferro stampato che opportunamente accostati realizzano un grigliato con luce libera di cinque millimetri. L'insieme del nastro realizza una superficie orizzontale nel tratto superiore, ed in­clinata nel tratto inferiore alto ad addurre per gravità i carrelli al dispositivo di movimento. Il tratto orizzontale ha una lunghezza di metri 12. Nel suo cammino il nastro scorre sotto una tramoggia di ferro (1.2 metri cubi) che munita di estrattore a rullo disten­de sui barrotti di ferro uno strato filtrante di graniglia dell'altezza di 4-5 centimetri e costituito da agglomerato opportunamente; vagliato come sarà detto in seguito. Su tale strato, proseguendo il nastro nel suo cammino, viene successivamente a de­fluire, dall'estrattore a tavola metallica d'una seconda tramoggia (pure da 12 me­tri cubi) la miscela da desolforare e che vi si accumula per 14-15 centimetri totalizzando una altezza complessiva di lo-20 centimetri. Opportune sagome danno allo strato una sezione trapezoidale con base di metri 1,50 quale è la larghezza utile del condotto di aspirazione sul quale il nastro viene ora a scorrere. La lunghezza utile di tale condotto è di metri olio, cosicché si realizzano 8X1,50 cioè 12 metri quadrali di superficie sottoposta ad aspirazione per ogni apparecchio Dwight Lloyd. Proseguendo ulteriormente il cammino il pannello di miscela s'inoltra in un forno a riverbero a gas ove si inizia la combustione dello zolfo e, quando del caso, del carbone componente la miscela. La combustione è attivata, dopo il forno di accensione da una corrente d'aria, regolabile a mezzo di opportune valvole, che aspirala dall'ambiente attraversa dall'al­to in basso lo strato di miscela per affluire, tramite un ventilatore, al camino. Seguendo il percorso dell'aria la combustione si propaga attraverso la miscela che nel frattempo viene trasportala verso l'estremità anteriore del tratto di scorrimen­to piano della griglia. Quando vi perviene la combustione è terminala, lo zolfo si trova ridotto a basse percentuali e la miscela incoerente è trasformata in un agglomerato solido e poro­so. Incurvandosi il nastro e staccandosi di una decina di centimetri un carrello dall'altro il pannello di agglomeralo poggiatile sul carrello che inizia il ribaltamento slitta sullo strato di graniglia sottostante e cade tra i pettini fissi ed i denti rotanti di un robusto rompizolle che lo frantuma. Il tutto cade in una tramoggia e viene consegnalo a mezzo di un nastro metallico ad un vibrovaglio - trasportatore. Vengono setacciali tre prodotti: l'inferiore a 13 millimetri che costituisce il ritorno, quello tra 13 e 25 millimetri che passa a formare la graniglia ed il residuo supe­riore a 25 millimetri che costituisce l'agglomerato. I tre prodotti cadono in altrettanti reci­pienti autoscaricatori uguali a quello illu­strato a pagina 85 del IH volume. II ritorno è inviato al reparto miscele con il compilo di diluire lo zolfo delle galene, la graniglia ritorna alle tramog­ge apposite dei Dwight Lloyd, mentre l'ag­glomerato passa alla formazione cariche del successivo reparto fusione. Tutte le polveri che si svolgono ed i fini che si raccolgono durante il proces­so di desolforazione sono captati d;i una apposita apparecchiatura in modo che il reparto risulta completamente depol-verato. La velocità di scorrimento della griglia desolforante varia tra 0,15 e 0,50 metri al 1' e la produzione di pannello desolforato oscilla tra le otto e le 16 tonnellate-ora per apparecchio. La frazione di tale pannello che passa al reparto fusione (l'agglomerato pro­priamente detto) è all'incirca il 35-40% del totale, per cui ogni apparecchio Dwight Lloyd produce da tre a sei ton­nellate - ora di agglomerato per il reparto fusione. Il reparto è servilo da due gru a ponte dominanti dalla sommità tutto il capan­none con portata al gancio di sei tonnel­late cui sono affidati tutti i trasporti del reparto (velocità di sollevamento me­tri, al 1'; di traslazione del ponte: 70 metri; del carrello: 40 metri).



Una buona composizione dei prodotti dei Dwight Lloyd è la seguente:

Percentuali Pb S SiO (2), Fe CaO

Agglomerato Ritorni 42,5

 40.0   		1,6

2,5 12,4 12,7 16,5 16,9 6,4 6,6 La diversa composizione è spiegala dal fatto che una piccola aliquota di galena può sfuggire alla desolforazione e che un'altra modesta aliquota di materiali privi di zolfo (fondenti) si ugge alla agglomerazione. I gas aspirali dai Dwight Lloyd presentano all'uscita di tali apparecchi un tenore di SO dell' 1% tenore che alla base del camino di dispersione nell'atmosfera (102 metri di altezza) si trova diluito a meno di grammi 0.5 per metro cubo, in quantità quindi del tutto inoffensiva. Sono presenti nel reparto sette operai per ogni otto ore.


Reparto fusione

Il reparto comprende: (tavola 71 del 111 volume) a) l'attrezzatura per la preparazione delle cariche per i forni di fusione; b) i forni a vento per la fusione delle cariche suddette; c) l'apparecchiatura per la insufflazione dell'aria; d) i dispositivi per la captazione dei fumi; e) il piazzale scorie. La preparazione delle cariche è ridotta alla più semplice operazione dato che i recipienti contenenti i l'agglomerato della desolforazione, e collocati a mezzo gru su carrelli pesatori che li portano sotto gli scarichi affacciati di due tramogge di ferro, ricevono, pesate, le sole addizioni di scoria di ritorno e di coke. Ad esem­pio per 1.500 chilogrammi di agglomerato, chilogrammi 400 di scoria e chilogram­mi 160 di coke. Coke e scoria affluiscono alle tramogge a mezzo del temperley che serve tutti i reparti collocati tra il piazzale Arrivi ed il piazzale Scorie. Nessuna addizione di fondenti o di correttivi è necessaria data la cura con cui è stata dosata la miscela che ha dato luogo alla formazione dell'agglomerato. Tre sono i forni a vento di cui dispone attualmente la fonderia: due circolari ed uno rettangolare. I due tipi sono raffigurati nei disegni a tavola 76 e 77 del 111 volume e nelle illustrazioni qui riprodotte. Il forno rettangolare normalmente impiegalo per il ciclo principale di produzione del piombo, ha una capacità di 130 tonnellate-giorno di piombo d'opera con un consumo di agglomerato di 320 tonnellate-giorno, in base ad una pressione di aria insufflata di 1.000-1.200 millimetri d'acqua. I forni circolari sono impiegati per la produzione dei cicli rame ed antimonio ed hanno una capacità, ciascuno, di 40 tonnellate-giorno di piombo d'opera. II forno a vento è la riproduzione in piccolo di un allo forno per ghisa privo di ricuperatori per il gas. Come l'alto forno esso ha funzione riduttrice e scorificante e come nell' alto torno, la carica viene alimentata dall'alto mentre in basso si spil­lano i prodotti fusi che qui sono piombo e scoria. Fondamentalmente quattro sono le zone di lavoro del forno: nella prima, la più alta si ha la captazione dei fumi dei gas ed il preriscaldamento della carica; nella secon­da il coke ed il Co a temperatura elevata riducono gli ossidi ed i solfati di piombo presenti nella carica attraverso cui filtra il piombo metallico; nella terza, in corrispondenza degli ugelli porta-vento, si raggiunge la temperatura più elevata (cir­ca 1300°) trasformandosi il coke in Co, e si attua la scorificazione di lutti gli altri elementi che compongono la carica e cioè la combinazioni; della silice con gli ossidi di ferro, calcio, zinco, alluminio ecc.; nella ultima zona del forno, la inferiore, si raccolgono i prodotti della fusione che vengono estratti da punti diversi basandosi sulla forte differenza di peso specifico fra i silicati anzidetti (scoria) ed il piombo metallico. Lo zolfo presente nell'agglomerato si ossida solo in parte a SO2 nella zona più alta e meno riduttrice del forno; una seconda aliquota si combina con zinco, calcio, ferro presenti nella carica; il resto giuoca un ruolo dannoso per il rendimento di lavoro combinandosi con rame, ferro e, quel che più conta, con piombo. Il solfuro complesso così formatosi (metallina) soltanto in parte può essere ricupe­rato nel trattamento successivo del piombo, il resto fuoriesce con la scoria per cui aliquote di piombo e rame vengono irrimediabilmente perdute. Aggiungasi poi che quando la carica tende alla basicità e, in altre parole, quando gli elementi calcio e ferro superano un certo limite nei confronti della silice, tale metallina si raddensa formando banchi che impediscono la normale raccolta di piombo nel crogiolo. Dicasi infine che piccole quantità di piombo possono combinarsi con la silice dando luogo ad altra perdita di metallo. Assai complesso pertanto il giuoco degli elementi introdotti a suo tempo nel miscela e quindi nella carica del forno a vento perché un eccesso di silice favorisce la fluidità della scoria e quindi la facile separazione della metallina ma peggiora il rendimento di estrazione del piombo in quanto favorisce la formazione metallina; un eccesso di base, e segnatamente in calce che ha forte affinità per lo zolfo, da luogo a formazione di scoria più pesante e più difficilmente fusibile che, occludendo la metallina presente provoca la formazione dei banchi cui sopra. Come risulta dalle illustrazioni i forni a vento di San Gavino sono completameli aperti in sommità, l'estrazione dei gas avvenendo alquanto al di sotto della bocca di carico. È evidente la libertà di accesso all'interno del forno od intorno ad esso che ne consegue. Qualora la mancanza prolungata di corrente elettrica o altre cause contingenti richiedessero di intervenire nel laboratorio del forno e specialmente nel bacino per spezzare occlusioni che vi si fossero formate risulta facilissimo a mezzo di una delle gru di servizio, di introdurre nell'interno del forno opportuni strumenti battenti e taglienti. E da notare però che a San Gavino tali manovre sono rarissime per la bontà di l'agglomerato che permette al forno di sopportare anche lunghe fermate di lavoro senza dar luogo a necessità di interventi nella zona di fusione o nel sottostante bacino. Il recipiente contenente due tonnellate circa di carica viene ad intervalli da sei a dieci minuti primi (a seconda della produzione che si desidera conseguire) scari­cato nella bocca di caricamento del forno senz'altro intervento di quello del gruista che dall'alto della sua cabina ha provveduto al prelievo dallo stock preparato nel reparto cariche. Nessun operaio viene quindi a trovarsi al piano di caricamento dei forni: la poca manodopera addetta alla conduzione dei forni, tre per unità, trovasi tutta a pianoterra. Qui si hanno le uscite della scoria (o metallina) e del piombo. Il piombo fuoriesce rosseggiante da uno o due condotti a sifone praticati nella muratura del bacino e defluisce a mezzo d'un dispositivo girevole di colata in una serie di forme di ghisa emisferiche ove si consolida in masselli da 1.500 chilogrammi. La scoria (o la metallina) viene, estratta periodicamente (ad intervalli di pochi minuti) al attraverso due orifici praticati nel manto di ferro raffreddato ad acqua che costituisce l'involucro del forno della zona di più elevata temperatura (1200-1300° C) determinala dalla immissione, che ivi avviene, dell'aria comburente.


Il deflusso avviene al calor rosso arancio ed è accompagnato da svolgimento di fumi (prevalentemente ossido di zinco) che sono immediatamente captali depolverando completamente l'ambiente di lavoro. Se vi è presenza di metallina il flusso di scoria perviene ad un recipiente in refrattario (detto avancrogiolo e mantenuto ad alta temperatura dal calore della stessa scoria defluente) ove decanta la metallina contenuta, e dal quale traboccando va raccogliersi in un recipiente di acciaio a forma di cono rovesciato montato su carrello. Quando non vi è metallina la scoria definisce direttamente nei contenitori coni (localmente chiamali campane). Le campane, del contenuto di circa una tonnellata di scoria, sono addotte, in­volta riempile, in un vasto piazzale antistante il locale di fusione, detto appunto Piazzale Scorie. In modo analogo ma in recipienti di minor volume (precisamente quelli emisferici per la raccolta del piombo) viene raccolta la metallina decantata negli avancrogioli. Il piombo prodotto dalla fusione dell'agglomerato ottenuto dai minerali viene chiamato piombo d'opera e presenta tenori analoghi ai seguenti: piombo 97-98%; antimonio 0,5-0,8%; rame 0,30-0,50%; arsenico 0,2-0,3%; argento 750-850 grammi per tonnellata, il piombo che proviene dalla fusione di prodotti cupriferi del ciclo rame ha un te­nore di piombo di poco superiore al 90% mentre quello ottenuto da prodotti del ci­clo antimonio non arriva aM'89%. La scoria presenta normalmente compo­sizioni analoghe alla seguente: FeO=39% ; SiO, = 26% ; CaO = 11 % ; Pb = 0,8; Cu = 0,18%; Ag = 6 grammi-tonnellata. Il peso specifico è intorno a 3,5-3,6. La metallina prodotta trattando agglome­rato di galena presenta tenori analoghi ai seguenti: Pb —58%; Cu —12%; Zn = 5%; S —5%; Fé = 3%; SiU= 3%; Ag = 1.500 grammi-tonnellata. Peso specifico oltre 4. La metallina ricca ottenuta trattando i prodotti cupriferi del ciclo rame ha com­posizione del tipo seguente: Cu = 35%; Pb = 30 % , S = 19% ; Fe 7%; SiO2 = 3%; Ag = 1 chilogrammo-tonnellata. Peso specifico circa 3,8. I gas prodotti nel forno presentano com­posizioni simili alla seguente: Azoto =72,5%; CO = 18%; CO - 9%; O2 = 0,5%; SO2 = 0,3%. Quando le galene contengono tenori di zinco eccedenti il 7-8% si riscontra nella parte alta dei forni a vento la formazione di incrostazioni che debbono essere periodicamente tolte (e perciò vengono local­mente delle puliture) la cui composizione è già stata data precedentemente. Il piombo d'opera viene tolto dalle forme di colata mediante apposita gru che col suo gancio lo solleva avvalendosi di un apposito ferro curvato ad U infisso nel mas­sello all'atto del suo consolidamento. Dopo pesatura affluisce al Reparto Raffinazione. Riservandoci di ritornare a parlare in appresso della scoria, crediamo utile aggiun­gere qualche notizia complementare sui forni a vento. E stato detto come la combustione del coke frammisto all'agglomeralo sia attivata da una corrente di aria insufflata. A tale scopo sono installali a San Gavino e in un locale in proseguimento del capan­none forni a vento, tre compressori rotativi a capsulismi uno dei quali capace di erogare 400 metri cubi di aria al secondo e ciascuno degli altri due metri cubi 200 al secondo a pressione fino a 3.000 millimetri di colonna d'acqua. Si tratta di macchine di alta efficenza tanto che due di esse sono in marcia da quindici anni senza che ne sia diminuita la loro capacità di prestazione. Una tubazione collettrice generale collega le Ire macchine ai tre forni, e da tale tubazione sono derivali i tubi secondari che portano l'aria agli ugelli di insufflazione che sono in numero di 32 per il forno rettangolare e di nove per ciascuno dei forni circolari. Apposite valvole permettono di dosare l'aria affluente ad ogni ugello ed apposite aperture consentono tenere sgombri da eventuali infiltrazioni di scoria gli ugelli stessi. Essendo dette aperture provviste d'un coperchio trasparente (mica) è possibile sorvegliare dall'esterno e con un sol colpo d'occhio l'andamento della combustione nel forno. E già stato detto che la captazioni dei fumi avviene in sommità, alquanto al di sotto della bocca di carico. I disegni a tavola 76 del 111 volume ci dispen­sano di soffermarci sul particolare: basterà aggiungere che attraverso collettori provvisti di tramogge per la decantazione delle polveri più grossolane il flusso gas­soso e le polveri fini ancora contenute (circa 2-3 grammi per metro cubo) perven­gono alla stazione di aspirazione. Essa dispone di quattro ventilatori centrifughi (due Humboldt e due Usuelli da 400 metri cubi al 1' cadauno) che ricevono i gas alla temperatura di 80-150° C e li convogliano ad una torre di lavaggio in ferro alta metri 10,30 e del diame­tro di metri 3,40 vuota all'interno, dal cielo della quale cade acqua finemente spruzzala. I gas passano in seguito in un elettrofiltro SPIG lavorante alla tensione di esercizio di 75.000 Volt che è messo in depres­sione (100 millimetri di H2O) da una se­conda stazione di ventilatori che in nume­ro di due realizzano una portala di 800 metri cubi al 1'. I gas che escono dall'elettrofiltro contengono meno di 0,5 gram­mi-metri cubi di polveri e sono avviati al camino di dispersione nell'atmosfera che raccoglie anche i gas della desolforazio­ne. Le polveri raccolte nell'elettrofiltro hanno composizioni simili alla seguente: Pb=66%; Zn=9,5%; S=8,3 %; Cd=2,5%. Si ricuperano da 120 a 250 chilogrammi-giorno di polveri. Tutti i servizi finora descritti del reparto fusione occupano 50 operai per turno di otto ore. Passiamo ora al piazzale scorie. In esso vengono accumulate le campane colme di scoria fusa, che a mezzo di due gru a cavalletto (scartamento 10 metri, por­tata al gancio 2,5 tonnellate) che servo­no tutto il piazzale, vengono disposte in una area di raffreddamento ove perman­gono qualche ora sino a completo conso­lidamento. Le campane vengono allora rovesciate e il massello di scoria è privato, a mezzo di mazza, del suo vertice ove si è accen­trato l'eventuale piombo meccanicamente convogliato dalla scoria defluente dal forno. Tali frazioni selezionale e integrate dai frammenti di una porzione di masselli appositamente frantumata, costituiscono la scoria di ritorno, o di ripasso, che viene aggiunta all'agglomerato ed al coke per facilitare la fluidificazione della massa, in fusione nei forni a vento. E già stato detto come sia affidato al temperley che proviene dal reparto Arrivi, il compilo di alimentare di tale scoria le tramogge di preparazione delle cariche. Il resto della scoria (circa il 60% di quella defluente dai forni a vento) viene allontanata a mezzo di appositi carrelli autoscaricatori e passa a formare una di­scarica in un terreno previamente spogliato del manto di terreno coltivo. Va rilevato che da qualche tempo una parte della scoria defluente dai forni a vento viene colata direttamente dal forno o dalla campana in appositi stampi secondo un processo recentemente da noi brevettato che consente di ottenere dei materiali da costruzione di ottima qualità. La mancanza di abbondante acqua ci ha impedito di adottare il comodo sistema di granulazione della scoria che è stato però largamente compensato dall'aumentato ricupero del piombo assicurato dalla selezione della scoria operata sul piaz­zale; una condizione ambientale sfavorevole è stata cosi convertita in una conve­nienza economica. Il piazzale scorie oltre alle due gru a cavalletto ed al temperley ha anche a di­sposizione una autogrù Ransomer-Rapier capace di sollevare 3,5 tonnellate.

Reparto di raffinazione

Si presenta come un insieme di forni disposti a gradinata atti a realizzare un tipico ciclo di lavorazione in cascata e si estende in prosecuzione del reparto macinazione occupando circa la metà di tre capannoni affiancati di complessivi metri 39,80X97, alti metri 13,40 i primi due e metri 9,20 il terzo all'imposta del tetto (tavola 72 del III volume). Tutti i forni sono attrezzati per essere riscaldati tanto a gas che a catrame forniti dall'attiguo impianto gasogeni e a mezzo di appositi bruciatori. L'aria comburente è fornita da una batteria di elettroventilatori centrifughi installati in apposita cabina di cui tre capaci di produrre aria a 600 millimetri per la combustione del catrame e tre per aria a 200 millimetri per la combustione del gas. Le tubazioni dell'aria sono altresì collegate con un ventilatore volumogeno di riserva. I fumi sono addotti al camino da condotti sotterranei e dato il loro scarsissimo contenuto in piombo non subiscono particolari depurazioni. I forni rialzati da terra poggiano su robuste solette e pilastri; le caldaie di rifu­sione sono circondate da palchetti pensili e ad ogni piano di lavoro corrisponde una delle cinque fasi componenti il ciclo di raffinazione. I tre capannoni sono serviti da altrettante gru simili a quelle del reparto desolforazione-fusione ma più piccole avendo scartamento di circa 12 metri e portata al gancio di cinque tonnellate. Esse hanno il binario posto a quota di metri 11,50 per le due prime gru interessanti le fasi di rifusione, ossidazione e disargentazione, e a (piota di metri 7,50 per le fasi di dezincazione e colata. Le operazioni manuali si limitano pertanto al controllo della combustione nei sin­goli forni, alla raccolta delle schiume e degli ossidi dai bagni di piombo delle caldaie e dei forni, alla preparazione delle colale, alla marcatura dei pani di piombo ed al loro primo accatastamento. Il reparto è dotato inoltre delle seguenti macchine: sei agitatori ad elica, due pompe centrifughe, una pompa a vite. Disegni e fotografie illustrano sufficientemente i particolari dei forni e delle caldaie e la disposizione di essi nel reparto. Diremo qui che la l'adulazione del piombo si attua nella Fonderia di San Gavino con mezzi termici, integrati nelle fasi di disargentazione e dezincazione, da rea genti chimici; è predisposta altresì l'applicazione del processo «.Harris», basate essenzialmente sull'affinità della soda caustica con arsenico, antimonio1 e zinco. Diamo alcuni ragguagli sulle varie fasi di raffinazione seguendo il ciclo di lavoro. Decuprazionee per rifusione. È operata in tre caldaie aperte (tavola 79 del III volu­me) in lamiera d'acciaio della capacità di 55 tonnellate di piombo cadauna. Ri­fuso il piombo e ricuperati i ganci di ferro introdotti all'atto della colata dai forni a vento, si asportano i solfuri complessi (schiumature), presentanti composizioni analoghe alla seguente: Pb = 65%; Cu = 13%; Ag = 800 grammi-tonnellata; S=5%; Sb=4%; As=1,5%; Fe=2%. Le schiumature ammontanti a circa il 10% del piombo introdotto asportano dallo stesso l'85-88% circa del rame e l'operazione si effe!tua in circa lo ore. Mediante apertura di apposito rubinetto sistemalo nel fondo di ogni caldaia il piombo è immesso per caduta nei forni a riverbero di ossidazione ove si opera la eliminazione dell'antimonio. Questa si effettua in una batteria di quattro forni a riverbero (tavola 78 del III volume) della capacità singola di 50 tonnellate di piombo, costruiti in refrattario silico-alluminoso, salvo il tratto superiore del bacino che è in mattoni di magnesia assai più resistenti all'azione aggressiva dell'ossido di piombo. Va precisato che il 50-60% dell'antimonio presente nel piombo d'opera viene eliminato con la fase precedente di rifusione e che la fase di ossidazione assai più onerosa elimina il restante 40-50%. Da tre dei forni suddetti si estraggono incirca 22 ore, e solitamente in due tempi, degli ossidi neri per un quantitativo di circa il 4% del piombo introdotto aventi la seguente composizione chimica: Pb = 75%; Cu = 0,9%; Ag = 200 grammi-tonnellata; Sb = 7%; As = l%. Tali ossidi asportano completamente l'antimonio e l'arsenico presenti nel piombo da raffinare. Il quarto forno è normalmente adibito alla periodica liquazione delle leghe rame e insolubili prodotte come vedremo nella fase di disargentazione ed ottenendo degli ossidi di leghe rame costituiti da: Pb = 60%; Cu =7%; Ag = 3.000 grammi-tonnellata; Zn = 14% ; Fé =0,5%. Tale prodotto ammonta a circa il 3% del piombo introdotto. Tanto il piombo disantimoniato quanto quello liquato del quarto forno sono addotti alla successiva fase di disargentazione a mezzo di colata dal fondo dei forni stessi. Disargentazione. Questa fase è abbinata ad una ulteriore decuprazione del piom­bo e si effettua in tre caldaie di ferro aperte simili a quelle della rifusione ma della capacità di 45 tonnellate cadauna, ed ha la durata di circa 26 ore. Si inizia con l'aggiunta di 20-30 chilogrammi di zolfo in pezzi e di pochi chilogrammi di zinco ricuperato dalla distillazione (vedi reparto Argento), che, dopo energica agitazione del bagno metallico, promuovono la formazione delle cosiddette leghe rame. Si intro­ducono poi nel piombo delle leghe di ripasso povere in argento prodotte in una ope­razione precedente e si porta il metallo a color rosso eliminando così delle leghe insolubili ancora notevolmente ricche di rame. Questi due tipi di lega sono sottoposti a liquazione al riverbero come visto sopra, Si opera successivamente la vera e propria disargentazione del piombo aggiungendo in diverse riprese da 550 a 600 chilogrammi di zinco in pani. Normalmente la completa disargentazionee si effettua con tre aggiunte e sempre si agita il bagno operando dopo ogni aggiunta la schiumatura della lega ternaria (Pb; Zn; Ag) che per il suo minor peso specifico e per il suo più elevato punto di fusione si raccoglie alla superficie del bagno stesso. Soltanto la prima le tre leghe è ricca a sufficienza in argento ed è sottoposta a liquazione in caldaiette della capacità di circa tre tonnellate intercalate alle caldaie di disargentazione e, mentre il piombo liquato ritorna in ciclo, la lega ricca o lega argento è avviata al reparto argento. Il suo peso i poco inferiore al 3% del piombo in­dotto e la sua composizione chimica se-i Pb=78%; Ag=2',5%; Zn=14%; = 4%. Le due leghe povere costituiscono le leghe ripasso sopra citate. Caratteristica di tale fase è la formazione la superficie del bagno metallico in caldaia di veli di ossidi magnificamente colorati e cangianti che danno la sensazione di a maggior nobiltà acquisita dal piombo dopo il travaglio in esso operato dal fuoco e dall'uomo. Il piombo però non è ancora puro perché, sono state eliminate tutte le impurezze piombo d'opera, è passato in soluzione circail 0,2% di zinco. Si procede pertanto alla fase di dezincazione, immettendo a mezzo pompe il piombo in uno dei tre forni a riverbero sottostanti le caldaie, della capacità di 45 tonnellate cadauno, in cui le operazioni di ossidazione o di estrazione degli ossidi durano mediamente 24 ore. Tali ossidi hanno colore giallo, contengono circa il 10% di Zn e vengono ridotti a metallo in un forno a vento. Il loro quantitativo ammonta a circa il 2,5% del piombo introdotto. Dai riverberi di dezincazione il piombo passa in una coppia di caldaie dette di colala le quali hanno generalmente una semplice funzione di decantazione e di volano per la colala ma sono anche attrezzate per operare all'occorrenza una dezincazione supplementare mediante aggiunta di 50-100 chilogrammi di nitrato di sodio che viene rimescolalo col piombo l'uso. Tanto nell'uno che nell'altro caso altri ossidi gialli sono raccolti nella caldaia dopo di che il piombo si cola in stampi da 50 chilogrammi disposti a semicerchio sul pavimento aprendo il rubinetto sistemato nel fondo e a mezzo di canale d'alimentazione mobile munito di coppa imper­niata in corrispondenza del rubinetto anzidetto. Tolto con asticciuole di legno dall'operatore il velo d'ossido di piombo che può appannare la superficie del pane, il piombo con la sua marca monteveccHio è pronto per la spedizione. Quando non si debba operare ulteriore dezincazione la colata di una caldaia si effettua in circa dieci ore per cui è facile desumere che, dal momento in cui il piombo entra nel reparto raffinazione al momento in cui esce dallo stesso inter­corrono circa 100 ore e cioè quattro intere giornate di lavoro. Esiste una terza caldaia dove si opera la rifusione dei pani di piombo antimoniale proveniente dal trattamento al forno a vento dei sottoprodotti arsenico-antimoniferi. Tale operazione è assai più faticosa della normale colata o della rifusione di piombo d'opera data l'aggressività delle schiume che si formano, assai ricche in rame, e dato il maggior punto di fusione del metallo. Una colata di una quarantina di tonnellate di tale piombo non si fa in meno di 24 ore e, mentre le suddette schiume sono ricondotte al ciclo rame, il piombo si cola separatamente. Le impurezze che caratterizzano il piombo dolce mercantile prodotto nella Fonde­ria di San Gavino sono complessivamente inferiori a 100 grammi per tonnellata (Ag = 12; Sb=20; Bi=30; Cu=8; Zn=6; Fe=15 grammi-tonnellata), per cui il piombo dolce MONTEVECCHIO titola correntemente il 99,99%"." 11 reparto richiede tredici operai per turno di otto ore.

Reparto fusione

Occupa l'ala est del reparto raffinazione per una larghezza di metri otto al piano terra e sì compone essenzialmente di: due batterie di -forni a crogioli per la distillazione dello zinco contenuto nella lega argento., due forni a coppella per la produzione di argento greggio, l'apparecchiatura per la raffinazione elettrolitica di tale argento ed un forno a crogiuolo per la rifusione dell'argento puro in pani. Ognuna delle due batterie di forni a crogioli ha ingombro di metri 1,65X6 in pianta e metri 2,20 in altezza ed è Costruita in muratura di refrattario rivestita di lamiera e rinforzata da tiranti. La batteria è divisa in quattro sezioni ed in ognuna di esse è collocalo in posizione inclinala un crogiolo di grafite a forma di pera della capacità di circa chilogrammi 400 di lega da distillare, prolungantesi con canale refrattario sporgente dal forno e chiuso da sporidio a lunula. Nella parie inferiore dello sporidio è praticalo un loro per la spillatura dello zinco che nella zona più fredda del crogiolo si condensa e si l'accoglie in un incavo opportuna­mente ricavato presso la bocca del medesimo. Il riscaldamento dei forni è effet­tuato con miscela di aria aspirata e gas predisposta nelle adiacenze della batteria ed a mezzo di due bruciatori. La distillazione dello zinco della lega argento si effettua in circa 26 ore dando luogo a un ricupero di zinco metallico dell'ordine dell'80% e a un prodotto ossidalo polverulento contenente il resto dello zinco con poco piombo e 2% circa di argento. Tale prodotto viene localmente denominato tuzia con vocabolo in realtà improprio. Nel crogiolo resta un bagno di piombo argentifero e cuprifero che passa alla successiva fase di ossidazione condotta in forni a coppella. 1 forni a coppella hanno dimensione di ingombro di metri 1,85X3,10, con una altezza di metri 2.25: essi sono costruiti in materiale refrattario e la loro volta ha una speciale curvatura. 11 bacino di fusione è mobile e costituisce la coppella vera e propria della capacità di circa chilogrammi 1.000 di argento, ed è formato da un telaio di ferro rivestito in materiale refrattario magnesiaco poggiatile su car­rello che può scorrere su un piccolo trailo di binario venendo così a tiro di una delle gru del reparto raffinazione. Ogni coppella è scaldata a mezzo di due bruciatori a gas in cui l'aria è insufflata da apposito elettroventilatore previo riscaldamento attraverso un ricuperatore di calore collocalo nel condotto dei gas combusti: le fiamme seguono la curvatura della volta, investono la fiancala del forno opposta a quella in cui sono sistemati i bruciatori, ripiegano in basso lambendo il bagno metallico ed escono a mezzo di condotto praticato al disotto dei bruciatori per essere convogliati all'elettrofiltro del reparto fusione. In una delle fiancate normali a quella dei bruciatori, e posta allo scarico della coppella, un tubo può insufflare un getto -di aria sul bagno metallico. In corrispondenza dello scarico della cop­pella è praticata un'apertura chiusa da portina manovrala a mezzo di leva e i fumi che possono uscire da tale apertura vengono aspirati da apposita cappa. Sotto la suddetta apertura la coppella si prolunga esternamente al forno formando il cosiddetto muso da cui esce il litargirio. Come si è accennato la lega piombo-argen­tifera, estratta dai crogioli di distilla/ione è ancora impura per zinco e rame e viene sottoposta a liquazione in uno dei due forni a coppella sopra descritti, ottenendo un residuo solido galleggiante sul bagno fuso detto agglomerato-coppella. Tale residuo contiene mediamente l'I,7% di Ag, il 6% di Cu ed il 4% di Zn, resto piombo. La lega liquata (piombo pulita di coppella) viene portata in altra coppella ed ivi ossidata a fondo. L'ossidazione si porta sul piombo che fuoriesce dal muso sotto forma di litargirio, rispettando l'argento che viene via via a concentrarsi nel diminuito volume del bagno. Quando si è raggiunto il tenore del 30% circa in Ag si cola la lega piombo-argento in panelli da cinque chilogrammi marcandola con lettere dell'alfabeto (piombo in lettere}. Questa lega alimenta poi un'altra coppella dove è sottoposta ad ossidazione a morte finché, scomparso tutto il piombo od il rame resta nel bacino della coppella soltanto argento greggi o. Occorrono circa 20 giorni partendo dalla lega argento por ottenere una coppellala di 1.000 chilogrammi di argento greggio. La raffinazione dell'argento greggio può avvenire sia con mezzi termici immettendo 100-150 chilogrammi di piombo dolce mercantile nel metallo da raffinare ed elimi­nandolo poi con una nuova ossidazione, perché il litargirio prodotto asporta con sé le ultime tracce di rame contenute nell'argento. Ma poiché tale operazione è assai dispendiosa agli effetti del consumo del costoso materiale magnesiaco formante la coppella e lascia pur sempre nell'argento tracce notevoli di rame, di piombo e di oro si è adottalo nella Fonderia di San Cavino il metodo di raffi-nazione elettrolitica. Questa si compie all'estremità nord del reparto con un impiantino che occupa una superficie di metri quadrali 86 e l'attrezza I lira è sistemala in cascata su tre ripiani di cui il più elevato è a quota di metri 4,65 da terra ed il secondo a quota di metri 2.65. Sul ripiano più elevato sono collocale tre celle elettricamente connesse in serie con tensione totale di circa 7,5 Voli e della capacità utile di circa 80 litri per cella. La soluzione di nitrato d'argento è elettrizzata a circa 35" C da corrente continua fornita da un gruppo motore-dinamo della potenza di kw 36,5 collocato al piano terreno. In ogni cella sono sistemati cinque catodi in argento fino laminato da mil­limetri 280X210X2 della superficie totale di circa 0,5 metri quadrati. La corrente immessa ha la intensità di 200 Amp e la sua densità è quindi di 400 Amp-metri quadrati. Fra catodo e catodo è posta una coppia di anodi di argento greggio colati dalla coppella e delle dimensioni di millimetri 125X200X20 con peso singolo di cinque chilogrammi; la densità della corrente anodica risulta quindi di 500 Amp-metri quadrati. Gli anodi sono contenuti in sacchetti di cotone per la l'accolla delle melme auri­fere mentre i catodi vengono raschiati di appositi diaframmi in legno collegati da un telaio mosso meccanicamente per cui l'argento ivi depositato sotto forma di granuli cristallini viene staccalo depositandosi sul fondo della cella. Nelle 24 ore si raccolgono per ogni cella circa chilogrammi 19 di argento raffinato. Sul ripiano sono collocali anche due tavoli di lavoro di cui uno con cappa di aspi­razione e due vaschette in grès per la -preparazione del nitrato d'argento e per l'attacco, con acido nitrico delle melme anodiche, necessario al ricupero dell'oro; nel secondo tavolo si opera il lavaggio dei cristalli catodici in altre due vasche di grès con acqua di condensa. Sul secondo ripiano sotto le celle sono sistemali due serbatoi in grès per la rac­colta dell'elettrolito e la sua neutralizzazione e cementazione per il ricupero dell'argento, a cui segue un filtro a vuoto pure in grès per il lavaggio del cemento. Nel piano trova pure posto altro tavolo di lavoro con filtro in grès per il lavaggio delle melme aurifere anodiche e per la filtrazione ed il lavaggio delle stesse dopo la dissoluzione con acido nitrico. Al piano terra sono sistemati analoghi serbatoi e filtro per il ricupero eventuale del rame di cementazione nonché la pompa a vuoto per i filtri sopra menzionati. Completa il reparto argento un forno a crogiolo di grafite di forma pressoché cilin­drica in cui si opera la fusione dei cristalli catodici di argento puro e la successiva colata del prezioso metallo in stampi contenenti cinque chilogrammi di argento. Il (orno è rotondo ed ha un diametro esterno di metri 1,10 ed un'altezza di metri 1,50 di cui centimetri 60 sotto il piano del pavimento. Esso può ruotare su due perni subendo un opportuno ribaltamento che rende pratica l'operazione di carico e sca­rico del crogiolo. Il forno è riscaldato a mezzo catrame con bruciatore ad aria insufflata; il suo tirag­gio è naturale ed i prodotti combusti sono prelevati da tubazione a cannocchiale collocata verticalmente sul forno che piega poi ad angolo retto per discendere verticalmente adducendo i gas al camino; nel tratto verticale in discesa è sistemato un ricuperatore di calore dal quale, a mezzo di elettroventilatore centrifugo l'aria riscaldata viene avviata al bruciatore. Graduando opportunamente la temperatura dell'argento fuso si evita il ribollimento provocato dallo svolgimento dell'ossigeno assorbito ad alta temperatura dalla massa fusa che è causa di scabrosità sulla superficie libera del pane. È piacevole assistere ad una colata di argento perché il lucidissimo metallo si tinge nel suo raffredda­mento di una delicata sfumatura rosa trapassante per gradi al tipico bel colore bianco definitivo. L'argento prodotto nella Fonderia di San Gavino ha pochi grammi di impurezza per tonnellata per cui il suo titolo supera correntemente il 99.98%. Nel reparto trovano occupazione due operai per turno di otto ore.

Reparto rame

Il reparto è costituito da un capannone di cemento armato, delle dimensioni esterne di metri 23X64 con altezza sottogronda di metri 13,50, con tetto a volta coperta in eternit, in cui sono installati un forno ovale basculante, due forni convertitori pure basculanti, l'apparecchiatura per il ricupero polveri contenute nei fumi dei suddetti forni e una gru (tavola 73 del III volume). È prevista la installazione di un secondo forno ovale e di un terzo convertitore. Come è già stato precedentemente accennato l'inizio del trattamento dei sottopro­dotti cupriferi si compie nel reparto fusione che. con uno dei suoi due forni a vento circolari, fornisce la metallina ricca cupriferi. Tale metallina, accatastala nel piaz­zale scorie nei pressi del capannone sopra menzionalo, è prelevata a mezzo vagoni decauville e poi caricala su cucchiaia mobile (sassola) munita di due perni nella sua parie mediana e di un occhiello nella sua parie posteriore. La gru del reparto provvista di due ganci, uno dei quali sorregge una speciale stalla che atterra i perni della sassola e l'altro infila l'occhiello della sassola stessa, può agevolmente scaricare il contenuto nella bocca di carico del forno ovale, precedentemente munita di tramoggia mobile. La sassola può muovere quattro tonnellate di metallina, il forno ovale ne contiene circa 11 tonnellate e tre manovre sono quindi sufficienti per la carica di esso. Tolta la tramoggia mobile dalla bocca di carico e chiusa quest'ultima con adatta perlina, il forno ovale viene riscaldato a circa 1.200 per circa dieci ore con brucia­tore a catrame. Si opera in lai modo la fusione della metallina, compiuta la quale si procede allo svuotamento del forno versando in tre riprese la metallina fusa in un secchione d'acciaio con due becchi di colala che, come la sassola già descritta, è munito di doppia sospensione pur poter essere scaricalo a mezzo gru in uno dei forni convertitori. Durante la fusione nel forno ovale circa due tonnellate di materiali costituenti la metallina vengono in parte fumigati ed in parte ridotti a scoria contenente il 6% di Cu ed il 12% di Pb circa, che tappezza le pareti del forno e che si scarica poi con successivo ulteriore riscaldamento del forno stesso. Il convertitore previamente riscaldalo con coke, lino a color rosso-chiaro, viene dun­que caricalo con circa nove tonnellate di metallina fusa e la conversione avviene mediante insufflazione di aria compressa in circa quattro ore e in tre tempi diversi, aggiungendo negli intervalli correttivi e combustibile nella misura approssimativa di 200 chilogrammi e di rottami di ferro, 200 chilogrammi di coke e 25-50 chilogram­mi di fluorina. Attuata la conversione, la massa fusa è co­lata in due riprese in secchione con due becchi di colata, analogo a quello sopra menzionato e rivestito internamente di re­frattario. Dapprima il secchione <"• riem­pilo con tutta scoria (ossidi piombiferi del convertitore) che ha una composizione chi­mica analoga alla seguente: Cu=35%; Ag=0,08%; Pb=27,5%; Fe=19,2%: SiO2 = 0,4%; CaO=l,2%; S=0,5% e viene poi colata in campane del tipo usato per la scoria per i forni a vento. Nella seconda ripresa il secchione è riem­pito di rame nero che viene poi colato a mezzo siviera sussidiaria, in stampi d'acciaio da cui si estraggono piastre di centimetri 88X54X2 del peso di circa chilogrammi 80 che presentano la com­posizione approssimativa seguente: Cu=97,50 % ; Ag=0,43 % ; Pb= 1,24% ; Sb=0,08%; As=0,02%; Fe=0,06%; Ni=0,0007% ; Zn=assente. Mediamente per ogni conversione si pro­ducono tonnellate 2,5 di rame nero e ton­nellate 3.5 di ossidi piombiferi: tali dati mettono in rilievo l'imponente quantità di ossidi prevalentemente piombiferi vo­latilizzati nei fumi. Questi, unitamente a quelli prodotti nel forno ovale, vengono .aspirati in un collettore in cemento armalo munito di dieci tramogge di raccolta lun­go metri 40,5 che adduce alla torre di lavaggio. Quest'ultima è in cemento armato e ha una sezione di metri 2,90X8 ed un'altezza di metri 13; porta nella parte superiore una serie di nebulizzatori d'acqua che raccogliesi in vasca sottostante e che forma chiusura della torre. Uno sfiora­tore mantiene costante il livello dell'acqua nella vasca che è aperta da un lato per l'estrazione della fanghiglia ivi depositata. La torre è divisa in due sezioni da un diaframma ed i fumi che entrano dall'alto scendono per poi risalire e introdursi in una serie di tubazioni in lamiera di ferro a brusche deviazioni che provocano la precipitazione di altre polveri, raccolte poi in tramogge ricavate nel fondo dei tubi stessi. Successivamente i lumi pervengono a un elettrofiltro di sezione 8,50X8,50 me­tri con altezza di metri 12 analogo a quello per la filtrazione dei lumi dei forni a vento e a valle del quale tre elettroaspiratori centrifughi convogliano i fumi ad un cunicolo sotterraneo e quindi al camino. L'aria di insufflazione per i convertitori è prodotta da tre compressori monocilindrici collocati in una sala, ricavata nel prolungamento del fabbricato della cabina elettrica, di metri 10X18. Il forno ovale deve il suo nome alla sezione normale al suo asse di rotazione. Gli elementi fondamentali di esso appaiono nel disegno schematico a tavola 80 del III volume. Come già si disse su una sua testata è applicato un bruciatore a catrame. Il catrame è mantenuto fluido nelle tubazioni e nelle vasche da una serpentina di tubi di ferro attraversata da vapore prodotto da una caldaietta a 0.5 atmosfere. L'aria comburente è fornita da un elettroventilatore centrifugo. Il movimento di rotazione del forno è impresso da un motore da 20 HP a due sensi di rotazione che aziona un gruppo riduttore ingranante con corona dentata calettata sul forno. In caso di interruzione di corrente si può far ruotare il forno a mezzo di una ruota dentata azio­nala da due manovelle che, con catena Galle trasmette il movimento all'albero motore, previa azione sul meccanismo che disinnesta il motore elettrico ed inseri­sce il rocchetto comandalo dalla calma citala. Dalla testata del Ionio opposta a quella ove è inserito il bruciatore, si scaricano i fumi a mezzo di due aperture circondale da una cappa fissa in lamiera rivestita di re­frattario entro cui il forno mola con l'aiuto di due anelli a tenuta; fra forno e cap­pa si forma così una camera stagna che raccoglie, i fumi avviali successivamente a mezzo di cunicolo sotterraneo al collettore in cemento armato già citato. La testata suddetta in corrispondenza dell'asse del forno, è poi chiusa da portina circo­lare manovrabile a funi con contrappeso da cui si può sorvegliare l'andamento del­la fusione. Quanto ai convertitori giova precisare che il rivestimento tali forni è costituito da mattoni di materiale refrattario siliceo e che il forno è dotato di una serie di dieci ugelli per l'insufflazione dell'aria necessa­ria alla reazione. Il movimento di rotazione del convertitore è procurato da un motore di 20 HP a due sensi di rotazione, da un gruppo ridut­tore e infine da pignone e corona dentata calettata sul forno stesso. Nei confronti della tubazione dell'aria la libertà di mo­vimento del forno è assicurata da un giun­to a sfera regolato a mezzo di molle. Come per il forno ovale anche qui la ro­tazione può essere effettuata con identico dispositivo comandato a mano e tale pos­sibilità è sommamente utile in quanto una interruzione di corrente a forno mar­ciatile provocherebbe, per la mancanza d'aria d'insufflazione, l'intasamento degli ugelli mentre invece il pronto intervento manuale porta il forno in posizione di ri­poso, posizione in cui gli ugelli non tro­vatisi più a contatto della massa fusa. Sopra il forno è disposta una cappa di aspira/ione, circondata da camera d'acqua che evita l'eccessivo riscaldamento delle sue parti a contatto con i fumi caldissimi che fuoriescono dal torno in marcia, e che adduce tali fumi al collettore già men­zionato. Dopo aver effettuato la carica liquida il forno viene portato in posizione di la­voro facendolo ruotare per il tratto che basta a portare la bocca di caricamento aperta sotto la cappa di aspirazione; la metallina fusa va cosi a gravare contro gli ugelli e, nell'istante in cui essa sia per coprirli, si fa giungere l'aria al forno manovrando rapidamente apposita valvola e continuando a far ruotare il convertitore lino a che gli ugelli pervengono in posi­zione orizzontale. La pressione d'esercizio all'inizio della conversione si mantiene a pochi decimi di atmosfera e la reazione si sviluppa con violenza per cui, oltre ad una notevole pro­duzione di fumi, spruzzi di metallina fuoriescono dal forno e dalla cappa di aspi­razione per raccogliersi in una tramoggetta sita tra cappa e collettore. La conver­sione prosegue e la marcia si fa più pesante per cui la pressione dell'aria d'insuf­flazione aumenta. Si procede allora alla pulizia degli ugelli, in cui è praticalo un foro assiale temilo chiuso da una sfera che agisce da valvola, introducendo in essi mollo rapidamente a colpi di mazza un palelle di ferro che penetra nella massa in reazione. Per protezione del personale da eventuali spruzzi di metallina dagli ugel­li, questi durante la marcia e quando non si operano le manovre di pulizia, restano coperti da due lamiere opportunamente collegale e comandale da funi a mezzo ar­ganetto a mano. A pulizia degli ugelli avvenuta, quando la pressione si mantiene elevata e tende a superare le 1-1,2 atmosfere è segno che la reazione rallenta. Si sospende allora l'o­perazione facendo ruotare il forno in senso inverso al precedente e chiudendo poi la valvola dell'aria. Di fronte al forno, davanti all'apertura di carico è posto un palchetto mobile in fer­ro di metri 2X2 allo metri 1.10 da terra dal quale con mestolo di ferro si estraggono campioni e si operano le aggiunte dei correttivi (coke, fluorina e ferro). Indi si ri­prende la marcia e quando l'operazione è finita (e di ciò ci si accerta sia con prele­vamento di campioni sia da un caratteristico colore verde bluastro dei fumi), si allontana a mezzo gru il palchetto già citalo e si pone in sito un secchione rivestito di refrattario in modo che, facendo ruotare il convertitore, la massa fusa vada a scaricare in esso. A operazione finita, quando occorre attendere perché sia approntata una nuova ca­rica di metallina, il convertitore viene mantenuto caldo accendendo del coke. La zona del refrattario corrispondente alla soffieria è soggetta a forte logorio per cui in media dopo 15 conversioni consecutive occorre rinnovare detto refrattario. Occorrono 16 ore circa perché una carica di metallina di circa 11 tonnellate presa dal piazzale venga rifusa e convertita in rame nero. Dalle 11 tonnellate di metallina si ricavavano mediamente tonnellate 2,5 di rame nero, tonnellate 8,5 di scorie dal convertitore (ossidi del convertitore) e tonnellate una di scorie miste a piombo che si scaricano dal forno ovale. Quattro tonnellate vanno in fumi e gas. Il forno ovale è usalo anche per il ricupero di piombo argentifero dai sottoprodotti del reparto argento opportunamente addizionali d'i fondenti e miscelali. Un esem­pio di carica è il seguente: agglomeralo coppella, chilogrammi 2.000; tuzie chilo­grammi 4.000; li largirlo chilogrammi 1.500; ceneri pirite chilogrammi 1.500; sabbia silicea chilogrammi 2.000; coke pezzatura noce chilogrammi 500; fluorina chilogrammi 500. A fusione avvenuta si scarica, il tulio in campane per scoria e, dopo raffredda­mento, si stacca agevolmente il piombo dalla scoria. Quest'ultima contiene circa 3,5 per cento di piombo e viene ripassala in forno a vento. Il primo, con un tenore in argento di oltre il 5% è avvialo direttamente al reparto argento. Il reparto occupa sette operai per turno di otto ore.

Reparto antimonio

L'antimonio contenuto nelle galene viene a concentrarsi durante i vari cicli di lavora­zione già esaminati in sottoprodotti, che rifusi al forno a vento, danno luogo a una produzione di piombo antimoniale realizzata nel reparto di raffinazione come già detto. Tale piombo presenta tenori di antimonio intorno al 12%, di rame intorno al 0,65% e di argento intorno ai 200 grammi-tonnellata. Ciò beninteso allorquando si raffina il piombo d'opera con il processo termico classico, perché quando si ricorre invece alla raffinazione con alcali secondo il processo Harris l'antimonio è ricuperato sot­to forma di antimoniale sodico clic costituisce direttamente un prodotto mercan­tile ben apprezzalo. Normalmente a San Gavino si raffina termicamente e si dispone pertanto di notevoli quantitativi di piombo antimoniale: ali'ilici rea 1.000 tonnellate-anno in base ad una produzione di piombo dolce di 36.000 tonnellate-anno. Per la utilizzazione di tale metallo si è costruito uno speciale reparto per la produ­zione di pallini e pallettoni secondo un modernissimo processo italiano il quale consente di svincolare le qualità meccaniche della lega dalla necessità che essa as­suma la forma sferica all'atto della caduta dall'alto in goccioline come nei processi tradizionali. È noto che tale necessità limita la composizione delle leghe atte a far pallini ed esclude l'uso di leghe meccanicamente e balisticamente assai interessanti. Tali li­mitazioni sono superale con il nuovo procedimento e pertanto i pallini che si pos­sono ottenere presentano caratteristiche superiori. Il piombo antimoniale, il piom­bo dolce e gli alliganti speciali affluiscono, opportunamente dosati, e sotto forma di pani dal reparto raffinazione in un locale di 37X13,85 metri destinato alla fabbrica­zione di pallini. La lavorazione si svolge in due tempi: la trasformazione dei pani in filo calibrato e lo stampaggio dei pallini dal filo. Lu prima fase ha inizio con la rifusione dei pani di lega in una caldaia di acciaio della capacità di due tonnellate. Dal fondo della caldaia si diparte uno scarico con rubinetto che lascia defluire la lega fusa nella vaschetta alimentatrice, mobile e riscaldata a gas, della macchina formatrice del lingotto continuo (conchiglia) posata sul piano del pavimento nel­le immediate vicinanze della caldaia ed essenzialmente costituita da una ruota del diametro esterno di millimetri 910 sulla cui fascia è inciso un solco, destinato a con tenere la lega, tenuta in sito da un nastro d'acciaio che fa da coperchio al solco. La ruota è raffreddala ad acqua e, ruotando, fornisce alla estremità opposta a quella di entrata del metallo, il lingotto continuo. Dalla conchiglia, questo passa al laminatoio, costituito da un banco di ghisa lungo metri sei e alto metri uno, sul quale sono montati uno di seguito all'altro, 11 gruppi laminanti costituiti ciascuno da tre dischi con fascia scavata a gola posti a 120° e combacianti. I primi gruppi operano da sbozzatori e i seguenti da finitori: a seconda del diametro da ottenere si impiegano tutti o parte dei gruppi laminanti. La lunghezza del filo che si raccoglie in matassa in un secchione di raccolta, è teori­camente senza limiti; in pratica il rotolo viene interrotto quando ha raggiunto i 50 chilogrammi. Il laminatoio è comandato da motore di 21 HP che, a mezzo cinghie trapezoidali, aziona una trasmissione, corrente lungo l'incastellatura del banco e trasmettente il moto ai gruppi laminanti a mezzo catene Galle e ruotismi riduttori rapportati in modo che le velocità dei singoli gruppi crescano proporzionalmente agli allunga­menti che subisce il filo nei vari passaggi. Il lingotto continuo da laminare se si raffredda diventa alquanto fragile e quindi sa­rebbe soggetto a facili strappi se non venisse previamente riscaldalo ad una tempe­ratura prossima al suo punto di fusione; pure i gruppi devono essere riscaldali ma praticamente ciò è necessario solo all'avviamento, in quanto dopo un certo tempo di marcia, i gruppi acquistano una loro temperatura di regime, sufficiente alla la­minazione. Tali riscaldamenti sono realizzali con fiammelle a gas. La macchina è completata da un impiantalo di lubrifica/ione, dei gruppi laminanti a circolazione d'olio continua. Con l'apparecchiatura sopra descritta possono essere laminali svariati metalli e lo­ro leghe. Le matasse di filo prodotte dal laminatoio sono consegnale a comuni trafile per la calibratura finale dei fili e le diverse calibrature vengono eseguite in modo da ri­spettare adatti rapporti con il diametro dei pallini da stampare. Sono montate a San Cavino due trafile per fili sottili (fino a 4-5 millimetri di dia­metro) ed una per filo grosso (fino a 10-12 millimetri). I primi servono per la fab­bricazione dei pallini, il filo grosso per i pallet toni. Per essere immessi nelle trafila­trici i fili vengono prima appuntiti da un apposito laminatoio. I fili trafilali vengono portati, in inalasse, alle macchine stampatrici dei pallini o pallettoni. Sono in funzione 12 di tali macchine ed altre 12 stanno per essere installate. Cia­scuna macchina lavora indipendentemente comandata da apposito motore collocato nell'interno del basamento in ghisa che è posto su uno zoccolo di muratura alto 40 centimetri. Il motore, a mezzo cinghie trapezoidali e ruotismi riduttori comanda due coppie di cilindri collegali da speciale sistema di ingranaggi di precisione che eli­mina ogni possibilità di slittamenti. Nella prima coppia sono scavati alveoli semi­sferici (metà della sfera nel cilindro superiore e metà nell'inferiore), calibrati al centesimo di millimetro, corrispondenti ai diametri dei pallini da produrre. Il filo di piombo introdotto ira la prima coppia di cilindri viene schiacciato tra questi e ne fuoriesce sotto forma di una fettuccia (rosario) solidissima collegante in modo continuo le sferette. II rosario passa nella seconda coppia pure alveolata; in ogni alveolo va ad adagiarsi una sfera. Il fondo di ogni alveolo del cilindro inferiore è costituito da uno stantuffino che provvede a spingere la sfera verso l'alto tranciandola dalla fettuc­cia e avviandola nell'alveolo del cilindro superiore ove imbocca un passaggio ri­cavato nel cilindro stesso per cadere poi in una tramoggetta. Da questa, le sfere si scaricano a mezzo di tubo flessibile, nella levigatrice attigua alla stampatrice e pure montata con la sua incastellatura su di uno zoccolo alto 40 centimetri. Essa è es­senzialmente costituita da due piatii rotanti azionati da cinghie trapezoidali e ruo-tismi che traggono il molo dal motore della stampatrice e che sono sovrapposti a distanza calibrala al centesimo di millimetro e dotati di una determinata eccen­tricità. Le sfere introdotte nella periferia dei suddetti pialli ne fuoriescono al centro per­fettamente rettificate. Durante la rettifica dei pallini si producono polveri metalli che vengono aspirale da ventilatori centrifughi e decantale opportunamente. Ogni macchina produce in media 30-35 chilogrammi-ora di pallini. Questi si rac­colgono in cassette di lamiera posate su cavalletti sotto lo scarico delle rettificatrici cassette che, a riempimento avvenuto, sono prelevate da carrelli a sollevamento automatico e portate a un tamburo multiplo per la brunitura situato in un locale separato. I pallini prodotti vengono versati in cassette autoscaricatrici e, a mezzo di carrello, sono convogliati al locale confezione e magazzino. Qui tali casse a mezzo motoparanco sono scaricale in una serie di tramogge di deposito corrispondènti ai diversi diametri (numeri) dei pallini. Dalle tramogge questi passano al controllo auto­matico della calibratura e successivamente ad una dosatrice pure automatica che li colloca in sacchetti da cinque chilogrammi su cui sono impressi i numeri e il mar­chio di fabbrica. Tali imballaggi vengono poi sigillali a macchina e posti in fusti di legno da circa 200 chilogrammi pronti per la spedizione. Il reparto produce tutta la gamma di pallini e pallettoni richiesti dal commercio.

Reparto gasogeni

È sistemato nei pressi del camino dei forni di raffinazione in un locale costruito in cemento armato con pareti in colto coprente un'area di metri 18,50X27,75. Me­tà circa dell'edificio è ad un solo piano, l'altra metà ha due piani rialzati ed è col­legata, con passerella coperta da tettoia, col piazzale arrivi (tavola 74 del III vo­lume). Il reparto provvede alla gasificazione del carbone «Sulcis», alla depura­zione del gas prodotto e all'avvio di quest'ultimo ai reparti di utilizzazione (tavola 82 del III volume). 11 combustibile usalo per la gasificazione ha le seguenti caratteristiche principali: pezzatura noce; carbonio fisso 37%; ceneri 21%; materie volatili 42,5%; zol­fo 8,50%; potere calorifico sul secco circa 6.000 calorie-chilogrammo. Tale carbone è prelevato a mezzo gru nel piazzale arrivi e trasportalo ai silos dai gasogeni a mezzo di un complesso formalo da tramoggia alimentatrice-distributore a carrello-elevatore a tazze- nastro. Dai silos il carbone scende nei gasogeni che nel reparto sono presenti in numero di quattro e, mentre le scorie fuoriescono dalla parte inferiore del gasogeno, il gas prelevato nella zona alla viene prima depolve­rizzato, poi decatramato ed infine avviato alla tubazione di utilizzo. La tramoggia alimentatrice dell'elevatore a tazze, posta nel corridoio attiguo al piazzale arrivi e .servila dalla benna della gru a cavalletto di dello piazzale, è so­praelevata da terra di metri 1,45 ed ha la capacità di metri cubi 4,6. Mediante distributore a carrello il combustibile è scaricato in un elevatore a tazze alto metri 16,50. Tale elevatore scarica il carbone su nastro di gomma dello sviluppo di metri 92,80 che alimenta una serie di quattro tramogge della capacità di metri cubi 40 collocate ognuna sopra uno dei quattro gasogeni dell'impianto. Lo schema riportato a tavola 75 del III volume illustra le parti fondamentali del gasogeno e della restante apparecchiatura. Questi generatori di gas sono del tipo « Koller>> a mantello d'acqua che fornisce acqua calda ai bollitori. Il vapore qui raccolto a 0,5 atmosfere è immesso successivamente sotto la griglia del gasogeno assieme all'aria comburente. La produzione di vapore è integrata da una delle due caldaie a tubi di fumo posta al pianterreno del reparto il cui esercizio si rende in­dispensabile all'avviamento del generatore. La parte inferiore del gasogeno è costituì la da una vasca piena di acqua in cui si raccolgono le ceneri provenienti da speciale griglia che fa corpo con la vasca stes­sa e che è costituita da un cono portante rilievi elicoidali che, a mo' di fresa, ra­schiano la parte terminale della carica staccandone con continuità le scorie. Una pa­letta sfornatrice situata nei pressi della bocca di scarico di detta vasca fa cadere le ceneri in vagonetti decauville che, a mezzo di locomotore a nafta sono portati in discarica. Il lento movimento di rotazione della vasca, e quindi della griglia, è im­presso da un motoriduttore da 3 HP collegalo ad un bilanciere e ad una vite senza fine che ingrana su settore dentato calettalo alla vasca. Questa è adagiata su una corona di sfere d'acciaio per cui ogni attrito è ridotto al minimo. Nel centro della griglia è sistemalo un particolare ugello che convoglia aria a vapore nella carica. Nel piano superiore del gasogeno sono praticali fori spia e la carica di esso è ef­fettuata a mezzo tramoggia con doppia chiusura, di cui una idraulica, contenente 550 chilogrammi di carbone. I separatori di polveri sono a chiusura idraulica e da essi si estraggono periodicamente meline catramose che vengono gettate assieme alle scorie. Alla decatramazione provvede uno speciale ventilatore centrifugo a palette forate (sistema Theisen) nel cui interno vengono iniettati getti di catrame liquido caldo che si polverizzano determinando la precipitazione della più gran parte del catra­me contenuto nel gas. L'operazione è poi ultimata in una torre di metri 1,35 di dia­metro e metri 6,50 di altezza munita all'altezza di metri uno di sfioratore per il trop­po pieno del catrame che deborda nelle vasche sotterranee sottostanti di deposito. Fn alto della torre, e per uno spessore di metri ] .80, è sistemato un letto filtrante di anelli « Raschig » di grès. Una pompa aspira il catrame liquido dalla base della suddetta torre e lo inietta nel Theines. Aggiungasi che la tubazione dell'uscita del gas dal gasogeno può essere messa in comunicazione a mezzo di apposita valvola comandata a mano con altra tubazione che disperde il gas all'esterno quando, per interruzione di corrente o per brevi fermate della Fonderia, cessa il richiamo di gas dai reparti. Ecco le dimensioni principali dei gasogeni. Quelle della colonna A competono a Ire unità, quelle della B ad una unità: diametro interno zona di essiccatone e distillazione m 1,50 2.10 diametro interno zona di gasificazione ecc..... 2,00 2,60 altezza totale compresa la bocca di carico..... 7,00 7,35 altezza del solo tino del gasogeno....... 4,31 5,75 capacità di ciascun bollitore ...... mc 1,50 1,50 Le caratteristiche di esercizio per i primi tre gasogeni (comuni al 4° salvo il com­bustibile, la produzione di gas e catrame) sono: consumo carbone per ora e per gasogeno (una carica) kg 550 temperatura media del gas all'uscita del gasogeno 225 pressione media del gas all'uscita del gasogeno in mm d'acqua 10 temperatura media del gas all'entrata del decatramatore 82° pressione media del gas all'uscita dal decatramatore in mm d'acqua 200 temperatura media della miscela aria-vapore sottogriglia 58° pressione media della miscela aria-vap. sottogriglia in min d'acqua 74



                                                                                                                              a                          b

produzione media di gas all'ora me 850 me 1480 produzione inedia catrame all'ora kg. 27 kg. 35 percent. di incombusto nelle ceneri ca 7% ca 8%

Caratteristiche principali del gas prodotto: CO(2)=7%  ; ()2=o,4%  ; CO 25% ; CH13,5% ; H214% ; N(2)=19% potere calorifico: 1.600 calorie-metro cubo.

In prossimità di ogni gasogeno, nel piano superiore di lavoro, sono installali i qua­dri per l'apparecchiatura di controllo delle temperature e delle pressioni, consistenti, per le prime, in pirometri a pinze termo-statiche, per le seconde in comuni mano­metri ad acqua. Grandissima importanza per l'esercizio dei forni della Fonderia, in cui il consumo di gas è variabilissimo anche in brevi inter­valli di tempo, è l'apparecchiatura di re­golazione. La regolazione dei gasogeni è automati­ca ed è provocala inserendo nei circuiti aria-vapore opportune valvole a farfalla comandate da dispositivi del tipo « Askania». Il gasogeno in esercizio deve es­sere sempre in pressione perché non si producano risucchi d'aria dall'esterno at­traverso la chiusura idraulica della bocca di caricamento che sarebbero nocivi per la composizione del gas e pericolosi per eventuali formazioni di miscela esplosiva. D'altra parte deve essere immesso nel ga­sogeno un quantitativo optimum d'aria e vapore per cui il gas risponda ai requi­siti voluti. Variando l'equilibrio nella tubazione prin­cipale del gas per maggior richiesta ai forni o per spegnimento di alcuni di essi, la pressione del gas tende a variare sia nella tubazione collettrice sia all'uscita del gasogeno. E mentre agisce il regola­tore che apre o chiude la valvola della tu­bazione principale, il regolatore inserito nella tubazione di uscita del gas tende a riportare la pressione in equilibrio influen­zando a sua volta la mandala d'aria e di vapore nella griglia. In altri termini, a maggior richiesta di gas la pressione del gas all'uscita del gasogeno tende a dimi­nuire e, in concomitanza, una maggiore quantità di aria viene insufflata per stabilire l'equilibrio; il fenomeno si inverte allorché si ha riduzione di consumo. I dispositivi meccanici per il movimento delle due farfalle di regolazione dell'aria e del gas e per riiitrodii/ione del vapore lamio capo a un gruppo « Askania » ad olio il cui motore elettrico aziona una pompa ad ingranaggi capace di elevare, la pressione dell'olio a cinque atmosfere. Per la regola/ione della miscela aria-vapore interviene anche un termo-regolatore in rame, inserito nella tubazione di insufflazione che agisce sull'« Askania » e quin­di, come per le altre regolazioni, sulla valvola di immissione del vapore. La tubazione di mandala del gas ha uno sviluppo di metri 395 con sezioni decrescenti col diminuire dei forni da alimentare. Il tratto di tubazione contenuto nel locale è orizzontale, mentre tutta la restante tubazione è in lieve pendenza per facilitare lo scolo delle acque ammoniacali di condensa e degli olii leggeri verso gli scarichi a chiusura idraulica, che hanno altresì la funzione di valvola di sicurezza in caso di repentini aumenti di pressione, A garantire l'integrità della tubazione in caso di esplosioni dovute a false manovre od altro sono applicale, alle testale delle tubazioni, membrane di sicurezza, costituite da lamierino solidissimo di zinco atte a resistere alla pressione del gas di 200 millimetri, ma facilmente lacerabili in caso di esplosioni. 11 catrame prodotto nella gasificazione del combustibile, raccolto in quattro vasche sol terranee della capacità complessiva di metri cubi 56 viene utilizzato come com­bustibile nei forni del reparto raffinazione in sostituzione del gas. Essendo il catrame alla temperatura ordinaria poco fluido, nelle sue vasche di raccolta sono installati ser­pentini di vapore che lo mantengono ad una temperatura di 50° C rendendolo così alto ad essere pompato al reparto raffinazione mediante una pompa ad ingranaggi, munita ili camicia di riscaldamento a vapore. La tubazione di mandata del catrame, complessivamente lunga metri 110, è comple­tamente calorifugata con coppelle isolanti di amianto e nel suo interno è siste­mato un tubo di vapore. Con tale accorgimento il catrame conserva la dovuta temperatura fino al serbatoio di carico. Quest'ultimo è pure calorifugato e nel suo interno è immesso un tubo a serpentino di vapore. Il serbatoio è disposto a quota conveniente per la discesa del catrame ai forni e la sua capacità è di circa 800 litri. Nel reparto si producono anche delle acque catramose. Infatti quando il gas alla entrata del Theisen supera gli 82" C viene raffreddato da acqua polverizzata che asporta un po' di catrame e olii leggeri che vanno a cadere con l'acqua nel secondo separatore.' Questi è munito di sfioratore che permette al liquido di debordare per essere convogliato a mezzo di cunicoli alle vasche di decantazione situate a circa 140 metri dall'impianto. Tali vasche misurano complessivamente metri 19,50X9 e sono disposte in cascata in modo da permettere la decantazione del catrame nelle prime. Le acque così chiarificale vengono poi immesse in un canale collettore che le disperde. Nel reparto gasogeni lavorano due operai per turno di otto ore.

Servizi ausiliari

Servizio elettrico L'energia elettrica necessaria per il funzionamento dello stabilimento è fornita a 15.000 Volt dalla Società Elettrica Sarda, a mezzo di due linee aeree a conduttori di rame su tralicci di ferro o pali di legno: una di tali linee proviene dalla sotto­stazione di Nuraci (Guspini), l'altra dalla sottostazione di Villasor a circa 20 chi­lometri da Cagliari. L'energia perviene alla cabina elettrica di trasformazione contenuta in una costru­zione con ossatura in cemento armato e pareti in cotto a due piani. Essa copre un'area di metri quadrali 160, consta di due locali e quattro celle al piano terreno e di tre locali al primo piano1, a quota di metri cinque, con copertura piana a quota di metri dieci. Nel piano terreno e nei singoli locali sono installali il quadro generale, le batterie di accumulatori e, in quattro celle, i trasforma tori. Nel primo piano trovatisi le apparecchiature per l'arrivo della linea ari alta tensione, gli interruttori ad alta tensione e i contatori generali. La corrente ;t 15.000 Volt, dopo avere attraversalo la terna di bobine di Self ed un interruttore tripolare automatico da 200 Amp viene condotta alle sbarre principali da cui vengono derivate le quattro alimentazioni per altrettanti trasforma­tori da 500 kVA, con rapporto 15.000-250 Volt e 50 Hz, in olio ed a raffreddamento d'aria con alette e muniti di interruttore automatico da 200 Amp. Da ognu­no di detti trasformatori la corrente a bassa tensione è indirizzata alle sbarre collettrici poste dietro il quadro generale di smistamento. Questo, formato da 17 pannelli, di cui quattro e cioè uno per trasformatore, sono muniti di Voltmetro, Amperometro e volantino per interruttore di uscita. Un pannello serve per i compressori del re­parlo rame, uno lui la funzione di totali/datore, tre servono per i circuiti luce con trasformatore a rapporto di 250-140 Voli e otto servono per i circuiti di forza motrice, muniti di amperometro per ogni cavo che, partendo dalla cabina alimen­ta gli armadi dislocali nei vari reparti di lavora/ione. Detti cavi sono sistemati in appositi cunicoli sotterranei. Sul circuito luce è installato un commutatore automatico che, mancando la cor­rente alternala, inserisce sul circuito stesso la corrente continua a 150 Volt delle bat­terie di accumulatori per cui, in caso di interrii/ione di corrente, lo stabilimento non resta mai privo di luce nei reparti di lavorazione. Dette batterie composte di 55 elementi cadauna, della capacità di 110 Ampere - ora e 360 Ampere - ora sono collegale in parallelo e caricale a mezzo di gruppo motore-dinamo da 15 HP. Gli armadi elettrici a cui pervengono i cavi d'energia a bassa tensione e dislocati, come già dicemmo, in prossimità di gruppi di motori dei vari reparti della Fonderia sono attrezzati con speciali apparecchiature protettive dei motori stessi da sovrac­carichi, cortocircuiti, e interruzioni di corrente. Tali apparecchiature protettive per motori mobili delle gru e degli agitatori piombo sono invece collocate sulle singole macchine. Una apposita officina è attrezzata per la rapida manutenzione di motori, e di altre apparecchiature elettriche, sì da impedire lunghe termale della marcia dell'im­pianto. Essa copre un area ili metri quadrali 165. il servizio elettrico è disimpegnato da un Capo servizio, da un Sottocapo assistente tecnico e da 22 operai.

Officina meccanica

E' prevista per la manutenzione di un impianto a lavoro continuo particolarmente pesante quale è quello della Fonderia quindi per le ripara/ioni rapide di qualsiasi parie di macchina. I cinque reparti di cui è composta l'officina meccanica e cioè macchine, aggiustaggio, forgio, falegnameria, saldatura, nonché ufficio,tecnico d'officina, permettono anche l'esecuzione di nuove costruzioni meccaniche. Complessivamente tulio il complesso ad un solo piano copre una superficie di 1.280 metri quadrati. Il reparto macchine occupa una superficie di 60 metri quadrati, ed è dotato di quattro torni, una piallatrice, una fresatrice, una stozzatrice, una limatrice, una filettatrice; un seghetto idraulico, un trapano radiale, due trapani a colonna, due mole smeriglio, tutti azionali da motore indipendente. Il reparto aggiustaggio è sistemalo nello stesso locale delle macchine, ha 20 posti di lavoro con altrettante morse, è dotato di piano di tracciamento completo di tutta l'attrezzatimi necessaria ed e servilo di gru a ponte con manovra a catena della portala di Ire tonnellate. Ad una estremità del reparto macchine-aggiustaggio trovasi l'attrezzeria che ricopre una superficie di 64 metri quadrati dotata di una affilatrice universale per affilatura delle punte elicoidali, frese a modulo e a disco, di maschi per filettare ecc. e di un apparecchio per la rigenerazione degli olii lubrificanti. Il reparto falegnameria occupa una superficie di 64 metri quadrati in cui sono in­stallate una piallatrice a filo, una sega circolare ed una sega a nastro, tulle molo-rizzate, nonché tre banchi da falegnami. Il reparto forgio ricopre una superficie di 64 metri quadrati ed è dotato di tre forgie a due fuochi con elettroventilatore ed elettroaspiratori incorporali e con cappa mo­bile per l'aspirazione dei fumi, nonché di una quarta forgia ad un fuoco. Un reparto per la lavorazione delle lamiere possiede il macchinario e le attrezzature necessario (cesoie, curvatrici ecc.) per l'esecuzione di notevoli lavori. Il reparto saldatura è dotato di selle saldatrici elettriche e da tre acetilene ed è servito da due gru da cinque tonnellate. L'officina è completala da un magazzeno e dal!"Ufficio Tecnico.

Laboratorio Chimico

Occupa 600 metri quadrati di un fabbricalo suddiviso in due piani. È riccamente dotato di attrezzature e istrumenti ed è in grado di soddisfare prontamente e con alta perfezione le necessità di lavorazione e di ricerca della Fonde­ria. Due laureati in chimica e sei analisti, oltre al personale di servizio, vi sono occupati.

Servizio idrico

Dieci pozzi artesiani del diametro di 100-150 millimetri e della profondità da 150 a 320 metri praticati nei sedimenti alluvionali del Campidano forniscono l'acqua dolce (10-12 gradi francesi di durezza) per i servizi industriali e potabili. I tubi dei pozzi sboccano sul fondo di vasche circolari in cemento armato del dia­metro di metri otto e dell'altezza di metri 4,70 il cui livello autoregola la portata dei pozzi. Una rete di tubazioni collega i dieci pozzi con la stazione centrale di rac­colta e di distribuzione. Essa è provvista di quattro serbatoi indipendenti (acqua dei pozzi da addolcire; acqua addolcita industriale; acque calde provenienti dai reparti; acqua dura proveniente da tre pozzi aperti nella falda più superficiale del terreno. Tale acqua dura presenta 40-45 gradi francesi). Un complesso adeguato di polirne assicura la circolazione di tutte le acque; un refrigerante a gradini provvede al raffreddamento delle acque calde. Un gruppo Diesel direttamente accoppiato a una pompa centrifuga assicura la con­tinuità del servizio anche in caso di mancanza di energia elettrica. Quattro serbatoi sopraelevati collocati sui camini (due da 60 metri cubi a 43 me­tri da terra e due da 140 metri cubi a 30 metri dal suolo) distribuiscono l'acqua industriale e potabile allo stabilimento e sue pertinenze. Si captano dal terreno circa 1000 metri cubi al giorno.

Servizio fumi

Il servizio fumi capta fumi e gas dai centri di produzione e li avvia ai camini che li disperdono a oltre 100 metri dal suolo. Lo schema della tavola 81 del III volume illustra tale servizio. La rete dei condotti sotterranei è lunga complessivamente circa 1.200 metri e tutti i gas contenenti fumi e polveri vengono filtrati meccanicamente od elettrostatica­mente. Due camini smaltiscono nell'atmosfera i gas e i fumi. Sono dotati di una struttura colonnare portante in cemento armalo (12 colonne) avvolgente ed incorporante la canna di laterizi. Smaltiscono circa 5.000 metri cubi al 1' ciascuno ad altezza dal suolo di 102 e 112 metri rispettivamente: diametro interno alla base 4,50 e cinque metri, e tre me­tri in sommità. Le strutture sono state calcolate per una pressione di vento di 200 chilogrammi al metro quadralo, il terreno, grazie a larghe fondazioni, è sollecitato da 1,5 chilogrammi al centimetro quadrato. Come già detto, a 30 ed a 43 metri di altezza i camini portano ciascuno due vasche per acqua. Uffici, magazzini, autocarri, locomotori e relative stazioni di servizio completano i servizi ausiliari.

Servizi assistenziali

Sono largamente e modernamente sviluppati sia in fabbrica che nei quartieri di abitazione degli impiegati e degli operai (Villaggio Sartori) e sono completati da una consistente azienda agricola, da un ampio e moderno campo sportivo, da spacci, mense, docce spogliatoi, ambulatorio medico, asilo infantile ecc. Affidiamo ad alcune riprese fotografiche il compito di riprodurre qualche aspetto. La tavola 86 del III volume riporta la pianta di un appartamento tipo per operai.