Una miniera tra le selve

Da Il Filo della Memoria 2.0 - Biblioteca Multimediale di San Gavino Monreale (VS).

Una miniera tra le selve

A Montevecchio i visitatori dimenticano il clichè della Sardegna

A Montevecchio la natura si presenta con una fisionomia cosi pittoresca che, all'esterno, è difficile ammettere e pensare che il sottosuolo brulichi di uomini al buio. Il paesaggio di Montevecchio, infatti, è assolutamente inedito nei confronti di quello che comunemente si ritiene tiebba essere l'aspetto di una cittadina mine­raria. Le selve folte di pini e di eucaliptus, le ville civettuole, le stesse abitazioni operaie così appropriate e opportunamente distribuite, fanno pen­sare ad una felice stazione climatica di monta­gna sorta miracolosamente in una delle plaghe più brulle ed ostili della Sardegna. Le zone confinanti, infatti, da Guspini a San Gavino, e in definitiva tutta la terra che cinge questo altipiano selvoso, hanno una veste calcarea e stepposa che rattrista l'anima. A Montevecchio invece, i dirigenti si sono preoccupati di curare anche il lato estetico della zona e di aumentarne la serenità. Qui gli uomini non hanno soltanto conquistato il sottosuolo con ca­parbia volontà, ma non è lieve merito, hanno sconfitto lo squallore di questa regione una vol­ta disanimata, vivificandola con una vegetazio­ne confortevole e popolandola di case fresche e moderne. Chiunque dalla Penisola venga a visitare questa cittadina mineraria dovrà supe­rare e dimenticare il cliché tradizionale di una Sardegna primitiva e disagiata e, modificando radicalmente la propria opinione dovrà ricono­scere che poche miniere in Italia offrano una attrezzatura cosi progredita ed un aspetto così attraente. Le miniere di Montevecchio sono situate nel­la parte sud-occidentale della Sardegna, nel ter­ritorio di Guspini ed Arbus. Il fascio filoniano è coltivato ed esplorato nelle tre concessioni di Montevcchio e in quella di Piccalina per una estensione di circa sette chilometri e si mani­festa in alcuni punti con affioramenti di rara imponenza. I filoni corrono con notevole paral­lelismo rispetto al contatto granito-scisto con andamento est-ovest ed una immersione che va­ria tra i 85 e i 70 metri. I filoni che si svilup­pano a levante, verso la pianura del Campidano, danno origine a due centri di sfruttamento con le miniere di S. Antonio e di Piccalinna, mentre i filoni che si dirigono verso ponente vengono sfruttati dalle miniere di Sanna e di Pelle di Casargiu. A ponente prevale lo zinco, mentre a levante il piombo e lo zinco si equi­valgono in quantità, Ecco come l'ing. Filippo Minghetti ha descritto il lavoro di esplorazione e di ricerca delle vene mineralizzate: «Il lavoro si svolge in due distinti modi a seconda che esso ha luogo entro la massa filo­niana principale, oppure entro la zona d'influenza delle venute mineralizzanti a letto e a tetto della medesima, Nel primo caso, tagliato il filone princi­pale, che può avere potenze variabili, raggiun­gendo talvolta qualche diecina di metri e riducendosi altrove a semplici filoncelli quarzosi. incassati negli scisti più o meno inquartati, si indirizza il tracciamento della galleria seguendo la migliore vena mineralizzata che si è incon­trata, o talvolta anche semplici tracce della me­desima. Qualora nessuna traccia sia in evidenza, si scava la galleria secondo la direzione inedia del filone. Nello svilupparsi della galleria in dire­zione, la vena può restringersi ed esaurirsi ed allora si può essere costretti a tracciare molte diecine di metri nello sterile, avendo cura di fare sovente qualche traversa a tetto ed a letto per accertare se eventuali altre vene o nuclei minera­lizzati possano essere messi in evidenza nello incassamento principale. Nel secondo caso, in­vece, l'esplorazione con traverse e sondaggi a tetto e a letto, deve essere spinta anche per molte diecine di metri oltre l'incassamento prin­cipale per la ricerca e l'accertamento di even­tuali filoni paralleli. Man mano che la ripiena si accumula, si ha cura di costruire in essa dei fornelli destinati a consentire il deflusso del minerale abbattuto verso la sottostante galleria di carreggio».


I viaggiatori e i tecnici che da ogni parte d'Italia vengono a visitare questa miniera, non nascondono la loro ammirazione dinanzi alla sua attrezzatura cosi progredita e celebrano con pa­role entusiastiche le sue perfette e modernissime installazioni. Specialmente ammirata la gigan­tesca laveria che ha l'aspetto di un colossale tempio babilonese e dove le molte macchine assordanti vivono e fremono ininterrottamente. Attraverso una complicata serie di operazioni, il 'minerale grezzo, ossia- la ganga di Menda e di galena, è Inghiottito dai frantoi che lo ridu­cono a dimensioni inferiori a 16 mm. Successivamente esso è accolto dai crivelli polverizzato stato dalle cilindraie, depurato e selezionato dal­la flottazione. Attraverso tutti questi passaggi, dunque, avviene una strabiliante trasforma­zione. Alla fine di questo complicato ci­clo, miracolosamente, la ganga ibrida è diven­tata galena e blenda purissima, che, dopo aver subito l'estrema prova degli essiccatoi, sarà avviata alla grande fonderia di S. Gavino.