"Il ghetto di Varsavia. Cento foto scattate da un soldato tedesco nel 1941" di Joe J. Heydecker - La Giuntina, 2000.
Vecchi con lo sguardo perso nel vuoto, bambini dall’espressione spenta, uomini che non hanno più la forza di sorridere, corpi avvolti in stracci. Ed ancora: miseria, dolore, umiliazione, fame, tristezza, desolazione.
Sembra la rappresentazione di un girone infernale, di un luogo dove l’umanità ha smarrito il senso dell’esistenza e dove gli esseri viventi hanno smesso di interrogarsi sul male del mondo. Scorrendo le pagine de Il ghetto di Varsavia, libro di Joe J. Heydecker pubblicato dalla casa editrice Giuntina, si ha la sensazione di essere dentro l’orrore, di partecipare all’incubo dell’Olocausto, di percepire la tragicità delle situazioni e delle spaventose vicende vissute dagli ebrei durante l’occupazione nazista. Le immagini della Shoah hanno avuto in questi anni una diffusione abbastanza ampia, specie grazie all’arte cinematografica che, con film come Schindler’s list di Steven Spielberg, ha consentito di diffondere in modo massiccio documenti visivi riguardanti quello che può essere considerato uno degli eventi più tragici della storia dell’umanità. Ma la particolarità di questo volume di Joe J. Heydecker sta nel fatto che l’autore delle fotografie è addirittura ex soldato tedesco, appartenente ad una famiglia tollerante, aperta e antirazzista che pur svolgendo il suo triste ruolo di militare nell’esercito tedesco si rese subito conto del delirio farneticante che si nascondeva dietro le teorie razziali ed antisemite propagandate dal nazionalsocialismo. E’ possibile così vedere degli scatti particolarmente scioccanti in cui i reclusi del ghetto di Varsavia vengono fotografati da quello che loro ritengono essere un aguzzino. Si tratta di un meccanismo di comunicazione agghiacciante: gli ebrei perseguitati guardano in macchina in alcuni casi sfidando un potenziale carnefice in altri lasciandosi rubare ciò che rimane della loro anima mentre dietro l’obiettivo si nasconde un individuo che invece assolutamente consapevole della follia nazista. Il volume dunque presenta una documentazione particolarmente toccante che fa comprendere al lettore il reale dramma che colpì il popolo ebraico in quegli anni e permette anche a chi poco sa della Shoah di percepire senza mediazioni l’assurdità del razzismo. Oltre alle cento foto scattate da Joe J. Heydecker il libro contiene una prefazione firmata da Heinrich Böll, tre capitoli scritti dallo stesso fotografo e un saggio conclusivo intitolato “Dov’è tuo fratello Abele?”, firmato da Monica Di Barbora e Alfonso Mignemi.