Convento di San Gavino (Parte terza)

Arrogus de storia
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convento santa lucia picParte terza (1580-1981).

Quattrocento anni di presenza francescana in San Gavino estratto dalla tesi di Laurea di Liliana Cinus.

CAPITOLO 1

Prime notizie sul paese.

Nel raccontare la storia del Convento di san Gavino, occorrerà far riferimento soprattutto alle testimonianze orali in quanto si è sprovvisti di una sufficiente bibliografia. Si è sempre sentito dire che San Gavino non ha una sua storia. Si potrebbe dire che la sua storia si perde nei tempi. Il Pomi diceva testualmente che San Cavino Monreale, (dalla antichissima parrocchia dedicata a S. Cavino Martire e per la distanza di poche miglia dell'or già distrutto castello di Monreale come altresì per distinguerlo da S. Cavino Portotorres; nel capo settentrionale di Sassari), fosse sito nella vasta e lunga pianura del canale cosiddetto di Marceddì capo meridionale di Cagliari. Questo villaggio, per antica tradizione ebbe origine da due piccole popolazioni dette "Ruinas Mannas" e "Ruineddas", che sul finire del decimo secolo si riunirono a queir altro villaggio chiamato I "Nurazzeddu". L' obbligo di integrare burocraticamente il toponimo I "S. Cavino" con "Monreale" si ebbe in virtù del Regio Decreto del 13 dicembre 1863, ottenuto dal Consiglio Comunale dopo la sua delibera del 30 aprile dello stesso anno, delibera che riproponeva, come motivo di integrazione, gli stessi indicati dal Pomi. Presso gli archivi segreti del Vaticano risulta infatti che in data 13 agosto 1630 il vescovo di Ales, Cavino Manconi, si fece rappresentare nella sua "visitatio ad limina" da Cavino Didaco, "rectorem oppiai Sancti Garbini Montis Regalis" (Rettore del paese di San Cavino Monreale). / In data 30 giugno 1602 nella sua Relativo il vescovo di Ales Antonio Sureddu, si fa rappresentare dal rettore "Ecclesiae Sancti Gabini Can. Johannem Antonium". Documenti questi che parlano della presenza dei francescani in San Cavino. Il significato etimologico di Monreale è da associare al castello che sarebbe stato eseguito intorno al secolo nono, abitato dalla Infanta Teresa di Aragona. Gli insediamenti umani nell'area Sangavinese devono senz'altro farsi risalire ad epoca nuragica. Lo confermano quei pochi ruderi che ancora oggi si possono vedere. Già nel 1850 non ne esistevano più anticamente si chiamavano "stazzius", dove abitavano fissamente una o più famiglie di pastori. Queste famiglie erano lontane dal paese alcuni chilometri, appena tre quarti d'ora a piedi. Vari altri promontori, di figura rotonda, si chiamavano con diverso nome, e in essi sorgevano vestigie di norachi, essendovi sparse dintorno pietre di smisurata grandezza. Da questi luoghi si sono scavate le pietre per le fondamenta delle nostre fabbriche (Pomi). San Gavino ed il suo territorio annoverò, dunque, diversi insediamenti umani. Tra questi non bisogna dimenticare, oltre all'antica testimonianza di un simbolo fallico, una volta a ridosso della chiesa si S. Croce ed un altro "abbandonato" di traverso nella via Monreale ed ora misteriosamente "scomparsi", quella di epoca romana. Lo confermano le tombe e le tracce di vita umana dell' epoca rinvenute in varie località, tra le quali Figu Niedda, Nurazzeddu, su Imperdau etc... oltre alla pietra della chiesa di S. Chiara ove si legge chiaramente "ASINIUS CURIALIS". Nel 1967, durante gli scavi fognari effettuati in via Vittorio Veneto, furono rinvenute 19 tombe romane del periodo paleocristiano in cui fu rinvenuto vario materiale tra cui cocci di terra cotta nera dell'età di Cesare. Lasciati gli "stazzius" o "is furriadroxius" i sangavinesi * sarebbero convenuti, alla fine del decimo secolo intorno al Villaggio di Nurazzeddu, ove secondo secondo qualcuno si sarebbe trovata una chiesetta in onore dei santi Lussorio e Gavino. Vi sarebbe stato anche un monastero di monache benedettine, la cui prima supcriora si sarebbe chiamata "S urica" e la seconda "Gavinia", di cui avrebbe parlato lo stesso Gregorio Magno. Il nome "S.Gavino sarebbe dovuto al fatto che la immigrazione degli altri villaggi sia avvenuto verso la zona di "San Gavino" o della supcriora "Gavinia". Nei censimenti delle corti presiedute dal Conte di Lemos nel 1653, mentre imperversava la peste nell'Isola, S. Gavino contava 1711 abitanti dei quali 876 uomini e 835 donne divisi in 212 famiglie. Nel censimento del 1800, la popolazione fu in notevole aumento, poiché in quel periodo contava già 2171 abitanti. Le gravi epidemie del 1812-16- 18, che decimarono e distrussero nell'Isola fiorenti e laboriose popolazioni, tolsero alla popolazione di S. Gavino più di 300 abitanti sopra il numero ordinario di mortalità. Nel 1824 contava 2209 abitanti, nel 25- 2229; nel 26-2300; nel 27- 2287; nel 28 - 2206; nel 29-2067; nel 30 - 1950; nel 31 - 2010; nel 32 - 2080; nel 33 - 2515; nel 1834 - 2574; nel 1837 - 2672. 1' insalubrità del clima, le antiche vessazioni feudali, le difficoltà di vivere, la speranza di maggior fortuna in altre terre ed in altri mari lontani, furono le cause del movimento demografico irregolare che osservasi nella popolazione di S. Gavino Monreale. Nel 1937 la popolazione ammonterà a circa 4400 abitanti nel 1990 raggiungerà il massimo incremento 10300 circa a oggi si registrano 9300 abitanti circa. La popolazione ecclesiasticamente dipese dal Vescovo di Ales e fu governata da un Rettore Parrocchiale e da qualche altro sacerdote Viceparroco.la sua Chiesa Parrocchiale di antica costruzione ha per titolare S. Chiara Vergine di Assisi e fu eretta in parrocchia da Mons. Fra Lorenzo de / Villavincenzio dei Frati Minori, nel 1580. ha quattro chiese minori dedicate rispettivamente a s. Cavino Martire di Torres, a S. Croce, a S. Severa Martire di Centocelle ed a S. Lucia Martire di Siracusa.

CAPITOLO 2

Convento di Santa Lucia.

Le prime notizie certe riguardanti la chiesa ed il convento di S. Lucia risalirebbero al 1580 quando il vescovo spagnolo francescano, mons. t De Villa Vicencio, venne nominato vescovo della diocesi di Ales Terralba (Pomi). Il medesimo avrebbe ceduto alla provincia francescana sarda la chiesa di S. Lucia ed il convento di S. Cavino oltre che una "larga elargizione" per i medesimi religiosi. Lo stesso vescovo "si compiaceva di dedicare nuove chiese a santi del suo Ordine: così dedicò la parrocchia di S. Cavino Monreale a S. Chiara, quella di Villanovaforru a S. Francesco, quella di Logoro a S. Bernardino e a Tuili il convento in onore di Sant' Antonio (Pomi). E' continua e certa tradizione francescana che il medesimo in data 10 febbraio 1581 ha benedetto la chiesa di S. Lucia, la quale ovviamente si trovava nella zona attuale ma, venne ampliata verso il 1700. E' difficile rintracciare il nome di qualche vescovo che allora fu in carica. Qualcuno parlava di un certo Lauren. De. Villa. Qualche altro ipotizzò la presenza del vescovo di Ales mons. Giovanni Manca. Un insigne filosofo P. Bonaventura Mirabili provinciale della provincia di San Saturnino Martire Cagliaritano, fece vive istanze presso la Santa Sede perché il convento venisse dichiarato convento di Missionari. Dietro la legge di soppressione del 7 luglio 1866 che bandiva con furore satanico mai visto, le comunità religiose dai loro conventi rei solo d'aver sempre speso la loro vita in opere di carità e di amore in mezzo al popolo, anche alla comunità religiosa di S. Lucia I In S. Gavino, toccò la stessa sorte, ed i religiosi affranti dal dolore presero la via dell'esilio. Il convento da quel giorno divenne proprietà dello Stato che lo passò poi al municipio e la chiesetta fu ufficiata sempre dal clero secolare. L'ultimo religioso, che rimase come custode della chiesetta, fu un certo fra Piiamo S cario di Zeppara che moriva il 17 dicembre del 1879 in età di 77 anni. i Dopo l'abbandono dei religiosi, quel bellissimo convento, asilo di pace e di preghiera, ove si santificarono moltissimi religiosi, e divenne i per nequizia degli uomini, stalla d'immondi animali e rifugio ed asilo di uccelli da preda e di rapina. Le giuste lagnanze ed i giusti desideri del popolo non furono però mai stati esauditi. Dopo i patti Lateranensi i giusti desideri del popolo si riaccesero e divennero ben presto speranza e realtà. Infatti costituitosi subito un comitato con a capo i sigg. Calmelo I Argiolas e Giuseppe Matzeu con un lungo memoriale, firmato da oltre duemila cittadini, si rivolsero direttamente al Duce il quale ordinò che dalle competenti autorità si iniziassero subito le pratiche del caso e fosse restituito il convento ai religiosi. I L'undici gennaio dello stesso anno grazie all'intervento del Podestà Cav. Amerigo Sanna, si potè firmare l'atto di retrocessione del convento e dell'orto adiacente. Un' antica tradizione vuole che in vicinanza della Chiesetta di S. I Lucia esistesse un Monastero dei Benedettini, abbandonato forse dopo i che gli Aragonesi conquistarono l'isola. Fino a decenni questa I opinione era diffusa presso gli stessi studiosi francescani. Ci si basava su quanto trovato durante i lavori di restauro del convento effettuati nel 1939. Nel rinnovare le pareti dell'antirefettorio si trovarono in alto i tracce di una antica cupola con i peducci ancora quasi intatti. Se ne deve dedurre, che, una volta, l'attuale refettorio fosse la cappella dei"religiosi, ovviamente non francescani. Sempre durante i medesimi lavori nel chiostro, venne scoperta, una sorgente la quale, molto probabilmente, nei tempi antichissimi, veniva usata come acqua potabile. Vi si accedeva, infatti, per mezzo di alcuni gradini, dal quarto lato del chiostro, essendo la medesima chiusa con muri a tre lati poggianti su tavoloni durissimi. Da recentissimi lavori di restauro / del Chiostro, risulta, però una differente lettura della struttura del chiostro medesimo. La parte attigua al Refettorio presenta un numero di archi costruito in arenaria di Collinas, lo stesso tipo di pietra usato per la costruzione del complesso nuragico di Villanovaforru. Questo fa pensare che il materiale provenga da quella zona, per mancanza del medesimo in loco. Gli archi infatti sono, del tutto differenti, e come struttura e come numero e materiale. E' fuori dubbio, quindi, che la parte più antica del chiostro sia quella attigua al Refettorio dei Padri. Altra testimonianza di antichità è il fatto che "questo corpo" è più elevato rispetto agli altri bràcci del Chiostro. Anche la facciata della chiesetta (ora refettorio) era rivolta verso occidente e l'altare verso oriente, secondo le norme dell'antica liturgia. E' quindi, certa la presenza di monaci brasiliani nella zona. Senz'altro lo stile dei già citati cinque archi è di influsso brasiliano, di tutf altra struttura dello stile benedettino, venuto molto più tardi in Sardegna. Si potrebbe ipotizzare che i monaci della primitiva chiesa siano stati proprio brasiliani. Lo dimostravano le ipotesi avallate che in vari manoscritti del Convento i santi venerati secoli prima fossero quelli tipici dei bizantini: S. Raffaele Arcangelo, S. Gabriele e S. Michele. Altra usanza bizantina era l'aghiasma, o piscina sacra, nella quale venivano immersi i malati sperandone la guarigione. Il pozzo rinvenuto nel chiostro di S. Lucia durante i restauri del 39, situato proprio vicinissimo agli archi brasiliani, potrebbe considerarsi una testimonianza del rito dell'aghiasrna. L'area attuale della Chiesa, al tempo del Monastero, doveva essere un camposanto a cui era annessa l'edicola dedicata a S. Lucia V.M. esternamente le pareti erano placate con pietre lavorate. Nel 1580 vi fu aggiunta una navata di forma rettangolare con quattro piccole cappelle f e il 10 febbraio 1581 la Chiesa fu consacrata al culto divino del medesimo Vescovo Mons. Di VillaVincenzo. Nella parte esterna dell'abside è stata trovata una pietra tombale di tufo duro con iscrizione in caratteri gotici che porta la data del 1202, il documento scritto presente del Convento di S. Lucia è l'elezione a Superiore del R.P Michele Sula e a Predicatore conventuale del R.P Giovanni Pitzalis fatta dal Definitorio Provinciale nel 1634. Il 23 Aprile 1657 fu stabilito il Noviziato per gli studenti della Provincia Religiosa. Il 16 febbraio 1679 vi erano di famiglia 10 Sacerdoti, 4 Novizi Chierici a 4 Fratelli Laici. Il 28 ottobre 1687 il Convento fu destinato a Studio di Teologia e vi furono collocati di famiglia i Lettori P. Giuseppe Loi e P. Diego Usai. Il 24 maggio 1702 vi era lo Studio di Belle Lettere. Nel 1719 fu benedetta una nuova campana che portava la seguente iscrizione: "S. Lucia ora prò nobis-Onidi- S. Gavini". Nella medesima occasione fu inaugurata l'ancona di legno dorato che formava il trono della Madonna delle Meraviglie, circondata dalle statue dei quattro Evangelisti, pure in legno dorato, posta al centro dell'antico Altare Maggiore, donata dal Sacerdote Giovanni Antioco Aroffu che in quel tempo viveva a San Gavine. Nelle nicchie laterali c'erano le statue di S. Lucia V:M e di S. Raffaele Arcangelo dell'insigne scultore di Senorbì Giuseppe Antonio Lonis. Il 16 Luglio 1722 Mons. Isidoro Masones Vescovo di Ales approvava l'istituzione della Confraternita di Nostra Signora delle Meraviglie nella Chiesa di S Lucia. Con Breve Pontificio del 6 aprile 1731 il Convento di S. Lucia fu dichiarato Collegio dei Missionan per la provincia di S. Saturnino con tutti i privilegi annessi a tale istituzione.

CAPITOLO 3

L'attività svolta dai francescani.

Da S. Gavino uscivano ben preparati i Predicatori francescani per tutta la Provincia di Cagliari. I Sacerdoti addetti al Convento erano continuamente occupati nell'assistenza spirituale del Popolo, nell'insegnamento degli studenti dell'Ordine e dei fanciulli del paese prima che vi fossero le scuole di stato. Inoltre in un saloncino presso la portineria, di sera, essi davano lezioni di agricoltura agli adulti. Tutti i giorni il fratello cuoco alla porta del Convento dava ai povero la minestra calda e il pane; tre volte la settimana un altro fratello distribuiva gratuitamente una razione di carne. I viandanti privi di mezzi trovavano caritatevole ospitalità nella foresteria. Per questo il Convento di S. Lucia godeva grande rinomanza in tutto il circuito e quando passava il frate cercatore, i benefattori non lesinavano le offerte perché sapevano che venivano destinate ai poverelli. Tante benemerenze dei frati di S. Cavino furono misconosciute dalle autorità civili quando si trattò di mettere in esecuzione l'iniquia legge della Soppressione degli Ordini Religiosi, attuata nel 1866. Ricordiamo infatti che tutti i Religiosi furono cacciati fuori dal Convento ad eccezione di un laicocce che restò sino quando fu ceduto al comune per stabilirvi un istituto di beneficenza. Fu dato invece in affitto ad un conciatore di pelli che impregnò i pavimenti e i muri di sale; poi vi fu messo un caseificio per cui fu continuata l'erosione del fabbricato. Il Municipio tentò di alienarlo; ma i Sangavinesi rispettosi alle leggi della Chiesa non lo vollero acquistare neanche a vii prezzo. Non vi fu fatta alcuna riparazione e quando caddero i tetti, le intemperie lo ridussero a un rudere che non serviva più a nulla; neanche le bestie vi si potevano ricoverare. La Chiesa era ufficiata dal Clero secolare il giorno della festa di S. Lucia che si continuava a celebrare con grande concorso di popolo. La confraternita si era trasferita in Parrocchia e vi costruì una sala per le riunioni. Anche la chiesa restò in abbandono: sui tetti cresceva l'erba e la gramigna aveva screpolato i muri, facendo penetrare l'acqua, sicché nell'interno i i muri, i pavimenti e gli altari erano impregnati di umidità. Si dovrà aspettare all'aprile del 1937 perché gli abitanti del paese possano rientrare in possesso del Convento. Per un anno e mezzo in attesa dei lavori ad opera delle Belle arti di Cagliari, i Religiosi incaricati di attendere ai lavori, furono ospitati amorevolmente da Don Giuseppe Tocco Vice- Parroco di S. Cavino. Nell'autunno del 1983 tre cellette erano abitabili, per quanto assai disagiate. Buone persone provvidero le suppellettili indispensabili e vi si potè stabilire una famigliola formata da un Sacerdote e da due fratelli Laici. Oltre alle riparazioni dell'edificio materiale, l'attenzione dei Religiosi si rivolse alla parte spirituale. Dopo aver dato una ripulitura sommaria all'interno della Chiesa, si cominciò a celebrare belle funzioni, frequentatissime dai fedeli. Venne riordinato il terz'Ordine femminile e fondata la Congregazione Maschile a cui breve tempo si ascrissero più di 200 aspiranti: l'iscrizione degli Araldici e delle Araldine attirò molta gioventù. Tutti i sodalizi esistenti nelle Chiese Francescane di Cagliari furono erette a S. Cavino e stabilite le devozioni francescane, come la "Via Crucia" in paese il Venerdì Santo, i Martedì di S. Antonio, i Mercoledì di S. Salvatore, il Quaresimale predicato. Il lavoro in Chiesa cresceva ogni giorno di più, perché oltre ai Sangavinesi accorrevano anche i fedeli dei paesi vicini, desiderosi di visitare la Chiesa Francescana ad accostarsi ai SS. Sacramenti, per cui non era più sufficiente l'attività di un solo Sacerdote. Nel settembre del 1939, in seguito ad un parziale sfollamento dei Conventi di Cagliari a causa della guerra, furono mandati al Convento di S. Cavino due sacerdoti novelli: R.P Vincenzo Cannas e R:P Stefano Frau. Questi due giovani diedero valido aiuto nella predicazione, nella direzione della società del canto in Chiesa e crebbe notevolmente l'afflusso dei fedeli alle Funzioni Sacre. t Tra il 1939 e 40 la Chiesa ebbe il tetto bonificato e intonacato a nuovo, riparato il campanile e acquistate due nuove campane, eretti tutti gli altari di marmo e dotati di croci e di candelieri nuovi di metallo, acquistate nuove statue e riparate le vecchie, rifatte le balaustre in marmo, provveduta sufficiente biancheria e parametri nuovi, collocati gli stalli di faggio del coro, rinnovate porte e finestre, collocati tre confessionali nuovi, acquistati vasi sacri e tutto l'occorrente per ben funzionare la Chiesa anche nelle solenni occasioni. Nel Convento furono aggiunti parecchi metri di muro nuovo, sollevati e rinforzati i vecchi, rifatti i tetti con materiale nuovo, riedificate le divisioni delle camere, rifatti gli intonaci interni ed esterni, i pavimenti in mattonelle di cemento, collocati nuovi infissi, eretta una veranda esposta a mezzo giorno, costruito un braccio nuovo con camere alle due parti e corridoio in mezzo per il Noviziato, costruiti in cemento una grande cisterna nel Chiostro per l'acqua da bere e un pozzo profondo nell'orto munito di pompa e tubatura per tutto l'edificio. Il 20 Aprile 1941 Domenica in Albis vennero benedetti i locali nel piano sopraelevato del Convento. Il 16 Agosto 1942 vide completata la clausura del Convento e la solenne inaugurazione del Noviziato con 4 Chierici e un fratello laico. I Novizi mentre attendevano alla loro formazione religiosa, il 27 Maggio 1943 dovettero abbandonare frettolosamente il Convento e trasferirsi a Ittiri a causa delle incursioni aeree nemiche; ma il 6 Ottobre successivo poterono tornare tranquillamente Al loro posto, non per restarci lungamente perché il campo sportivo sistemato presso l'orto dei frati induceva troppe distrazioni mondane, per cui nell'Ottobre 1946 il Noviziato fu trasferito nel Convento di Quartu S. Elena. i La Chiesa di S. Lucia non avrebbe avuto le necessarie riparazioni e trasformazioni, se la Provvidenza non avesse dato l'occorrente al R.P Vincenzo Cannas, ideatore e realizzatore delle opere, ed ai Religiosi del Convento che collaborarono strettamente con lui. La normale vita religiosa riprese nel 1957 fino al 1977, ventennio che ha visto il susseguirsi di diversi avvenimenti. Il centenario della Madonna di Lourdes- La cappellania del nuovo ospedale- Diversi lutti aggiunti ai precedenti- Visita del ministro generale dell'Ordine- II nuovo altare liturgico- Lavori in convento- Apostolato e feste peculiari- La chiesa di S. Lucia diventa parrocchia. La vera inaugurazione della cappella di Lourdes la si ebbe in effetti il 26 maggio 1957, con imbandieramento e illurninazione del piazzalo, da parte del comitato, messa degli ammalati1, dinanzi alla Grotta, processione serale in paese (con 1500 fiaccole) guidata da mons. Tedde e "cascata" (fuochi pirotecnici) finale dalla facciata del tempio. Nella stessa Grotta il 13-15 maggio dello stesso anno, fu commemorata la morte di un domestico. Ora i religiosi potevano dedicare maggiore cura alla gioventù sia valorizzando il salone e l'organo2, sia con la palestra e le gite. Il nuovo serbatoio dell'acqua potabile costruito nell'orto del convento cominciò l'erogazione nel giugno 1961. Sentiti i pareri dell'ufficio lavori della fonderia e della commissione francescana provinciale per l'edilizia, venne abbattuta la cucina risalente al 1940- 1941 e nell'ambiente dietro il refettorio era già funzionante la nuova nel 1962. L'ospedale «7V. Signora di Bonaria», ebbe per cappellano, un sacerdote di S. Lucia. Il 18 marzo 1967 muore p. Giovanni Mattana, custode assiduo della chiesa e I cronista solerte. La salma, esposta nella chiesa di S. Lucia e visitata in f continuazione, il pomeriggio del 19 fu accompagnata al cimitero da una folla eccezionale.3 religiosi di S. Lucia erano a Cagliari il 15 I dicembre 1969 per i funerali del p. Ilario Orni, deceduto due giorni prima nell'ospedale «Is Mirrionis» di Cagliari. Nel febbraio del 1972 la ditta Venanzio Correli lavorava al risanamento di quella parte del tetto del braccio sud- est non eseguito nel 1964. Sulla soletta in j cemento armato fu elevata la copertura in tegole, ricavandovi pure | l'accesso alla terrazza. Uno sguardo all'orto nel 1972. Nel febbraio a» dell'anno precedente la pala meccanica aveva sradicato la vigna per far luogo al nuovo campo sportivo; il quale dal giugno (1972) cominciò ad accogliere la parte folkloristica della festa popolare di S. Antonio ed ebbe presto il palco in blocchetti di cemento. Nella porzione dell'orto compresa tra i due campi sportivi- conventuale e comunale- centinaia di piantine, collocate nel 1972, davano già l'idea della pineta, del frutteto e dell'agrumeto; fatica del superiore p. Silvestre Oliano. Tra il 1975 e il 1976 vennero effettuati nuovi restauri. Nella facciata fu addossato un loggiatino per i servizi di ristoro durante la festa di s. Antonio. Nel 1977 i religiosi, che curano con diligenza il servizio in chiesa, la predicazione, la gioventù e le feste sia religiose che religioso- civili, auspicano una ripresa del Terz’Ordine e che non si spenga la Confraternita della Vergine delle Meraviglie. Convento e orto sono stati ripuliti: accogliente il primo, un mini parco il secondo. Restano la facciata della chiesa, il piazzale, e il chiostro. Con l'erezione della chiesa di S. Lucia in parrocchia, inaugurata da mons. Antonio Tedde il 2 ottobre alla presenza della comunità erede t degli antichi avi, di molti francescani, di autorità religiose e civili e del popolo delle grandi circostanze, si concretizza una particolare aspirazione di quella parte della popolazione che vive al di qua della linea ferroviaria: avere una propria assistenza spirituale.

Note:

1 Erano una trentina, trasportati in buona parte dall'autoambulanza della fonderia. Predicò il p Girolamo Pinna. " Nel salone nel 1958 il guardiano p. Raffaele Orni di Logoro installò un televisore, allora raro, per il circolo giovanile, attirandovi ogni pomeriggio anche molti adulti. 77

3 Celebrò la liturgia, i! ministro provinciale, p. Bernardo Sussarellu, circondato da parecchi religiosi di altri conventi. 78

4 Feste. Religiose: Purificazione, con intervento dei fratelli della Vergine delle Meraviglie, Madonna di Lourdes; Corpus Domini, unificata con quelle delle parrocchie di S. Chiara e di S. Teresina; Vergine delle Meraviglie; S. Francesco d'Assisi; S. Elisabetta d'Ungheria, patrona del Ter/ordine. Religioso- civili: S. Lucia, S. Antonio da Padova. 79