Profili biografici di Edoardo Ariu e Gesuino Cirronis di San Gavino

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Profili biografici di Edoardo Ariu e Gesuino Cirronis di San Gavino, emigrati, rispettivamente, in Argentina e Brasile nel secondo dopoguerra.

 

 

 

 

Profili biografici di Edoardo Ariu e Gesuino Cirronis di San Gavino, emigrati, rispettivamente, in Argentina e Brasile nel secondo dopoguerra

di Manuela Ennasa e Massimiliano Melonib

 

 

  1. Premessa

Come è emerso da una recente indagine sull’emigrazione sarda in America Latina da alcuni centri della provincia del Medio Campidano tra il 1920 e il 19601, anche il comune di San Gavino Monreale è stato coinvolto da tale fenomeno sia nel periodo compreso tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento che durante l’ultima ondata migratoria del secondo dopoguerra. Si hanno notizie di sangavinesi emigrati già dall’Ottocento in Brasile, come Raimondo Sanna Orrù (nato il 13.05.1861) e la moglie Anna Caterina Saba2 o dal vicino centro di Villacidro, dove un certo Vincenzo Orrù, emigrò in Brasile nel 18963. Ma è soprattutto dell’emigrazione del secondo dopoguerra che abbiamo maggiori notizie, quando diversi sangavinesi decisero di abbandonare il proprio paese per cercare un lavoro e migliori prospettive di vita oltreoceano, diretti soprattutto in Brasile e in Argentina. La presente comunicazione propone, attraverso alcune testimonianze orali, i profili biografici di Edoardo Ariu, emigrato in Argentina, subito dopo la partenza nel paese del Plata del fratello Bernardino, e di Gesuino Cirronis, emigrato in Brasile, qualche tempo dopo la partenza di un suo zio, don Luciano Usai, ex cappellano della Repubblica Sociale Italiana, approdato nel grande stato latino-americano, come altri gerarchi del regime fascista che scelsero la strada dell’emigrazione diretti, oltre che in Brasile, in Argentina, Cile e altri paesi ancora.

  1. 1950: Edoardo Ariu emigra in Argentina per raggiungere il fratello Bernardino4

Edoardo Ariu nasce a San Gavino Monreale nel 19105. Figlio di Giuseppe e Ersilia Porcella, con i genitori e i fratelli Ermolo e Bernardino trascorre l’infanzia a San Gavino. Rimasto orfano di madre durante l’adolescenza, perde ben presto anche l’amato fratello Ermolo. Edoardo e Bernardino seguono il padre a Iglesias quando questi, sposatosi là in seconde nozze, vi si trasferisce. Dal matrimonio nascono due figlie, Maria e Anna. Con il nuovo nucleo familiare non si crea tuttavia un particolare affiatamento così che Edoardo, fortemente legato ai parenti di San Gavino e alle amicizie dell’infanzia, elegge a propria famiglia d’adozione quella del cugino Gildo Canargiu. In casa Canargiu, nel suo paese natale, stabilisce la propria residenza. La famiglia Canargiu continua ad ospitarlo anche quando, avviatosi al mestiere di falegname egli trova lavoro, poco più che ventenne, in una bottega artigiana di Cagliari, in via Baylle.

Nel tempo il talento di questo lavoratore pendolare emerge tanto a Cagliari quanto a San Gavino. Nel lavorare il legno Edoardo «ha le mani d’oro»: la sua bravura fa sì che a metà anni quaranta Monsignor Tomasi, parroco di Santa Chiara in San Gavino, gli commissiona la costruzione dei banchi della chiesa. Il lavoro di Edoardo riscontra il gradimento del parroco e dei fedeli. I banchi vengono utilizzati ancora oggi e a San Gavino il nome di Edoardo Ariu è legato a questo episodio.

Dotato di un carattere aperto e socievole Edoardo è una persona piacevole e interessante che non ha difficoltà a stringere amicizia con chiunque. Le testimonianze raccolte lo descrivono come un galantuomo, «un vero signore». Sempre impeccabile nei modi, estroverso e raffinato, elegantemente vestito come lo ritraggono le numerose foto raccolte, adora il viaggiare e quella libertà tipica di un vero scapolone, disposto a spendere quanto guadagna per mantenere un elevato tenore di vita. Ama le donne ma non al punto tale da legarsi esclusivamente ad una. Le sue amicizie nascono negli ambienti in cui si condivide l’interesse per la caccia, la villeggiatura e il bel vivere. Tra tutte, la caccia è certamente la sua più grande passione. Egli giunge perfino ad allestire un piccolo laboratorio a Maracalzetta, nei pressi di Iglesias, per prepararvi da sé il necessario per il suo passatempo preferito. Occorre sottolineare che all’epoca la caccia era particolarmente in voga negli ambienti sociali più elevati e ciò consentiva ad Edoardo di vantare amicizie altolocate tanto a San Gavino quanto a Cagliari.

Tra gli amici cagliaritani si deve ricordare il dr. Canargiu, farmacista della storica farmacia Spano, sita sotto i portici di via Roma. L’amicizia tra i due resta forte anche quando il dr. Canargiu si trasferisce ad Arborea per aprire la prima farmacia del paese. Divenuto primo sindaco democratico della cittadina questi fa ottenere all’amico l’incarico di realizzare i banchi della chiesa parrocchiale. Anche in questo caso i risultati sono all’altezza delle aspettative.

Talvolta però l’attività di Edoardo deve fare i conti con il tempo che egli sottrae al lavoro a vantaggio dei propri hobby. La signora Doloretta Sanna, moglie di Gildo, il cugino presso cui Edoardo viveva a San Gavino, ricorda affettuosamente:

Mio marito gli chiese di costruire i mobili per la nostra nuova casa. La consegna avvenne la vigilia delle nozze. Ricordo che quando arrivarono i carri con i mobili mia suocera stava preparando il pane per i festeggiamenti ma dovette interrompersi per consolare il pianto che mi feci. I mobili infatti non c’erano tutti, Edoardo mi aveva portato il tavolo senza le sedie. Ci sposammo il 27 novembre, ma le sedie arrivarono il venerdì Santo successivo. Meglio tardi che mai, anche perché il lavoro risultò perfetto.

La vita di Edoardo scorre veloce, tra una battuta di caccia e una serata passata con gli amici. Lo spartiacque nella sua esistenza è rappresentato dal 1950, complici le scelte del fratello Bernardino. Quest’ultimo, falegname anch’egli, a differenza del fratello è dotato di un carattere schivo e riflessivo. Animato da una forte aspirazione a migliorare le proprie condizioni di vita egli matura, come molti suoi connazionali in quegli anni, la convinzione che solo oltreoceano può trovare quelle opportunità che l’Italia, uscita devastata dalla guerra, ancora non riesce ad offrire. Nei primi mesi di quel 1950 Bernardino parte per l’Argentina, destinazione Campana. Perché a distanza di pochi mesi Edoardo lo segue? Certamente la sua non é una decisione frutto di lunghe riflessioni, perché egli è il tipo d’uomo capace di decidere le cose nel volgere di una notte. La presenza del fratello, a cui è legatissimo, gioca senz’altro un ruolo fondamentale e probabilmente Edoardo, come Bernardino, parte con l’intenzione di trattenersi in Argentina quel tanto che basta per mettere da parte un discreto gruzzoletto da reinvestire in patria. Contrariamente al fratello tuttavia in Edoardo deve giocare un ruolo importante anche una buona dose di spirito d’avventura. Inoltre chi lo conosce bene non può non prendere in considerazione il fatto che l’Argentina può ben rappresentare per lui l’Eldorado della caccia: terre sconfinate e tanta selvaggina. Partito da solo nell’agosto del 1950, Edoardo si ricongiunge presto al fratello nella città di Campana. I due avviano una piccola falegnameria. Gli affari ben presto vanno per il meglio e l’attività prospera. I due fratelli mantengono in Argentina i loro caratteri e le loro abitudini. Bernardino non perde mai il proposito di tornare a casa il prima possibile. Edoardo invece si integra da subito nel nuovo contesto. Stringe numerose amicizie e anche là, oltreoceano6, conduce una vita che non differisce molto da quella trascorsa in Italia, con la differenza che in Argentina si guadagna bene, soprattutto nei primi anni, rispetto a quanto si può sperare di guadagnare in Italia. Nel 1955, cinque anni dopo il suo arrivo a Campana, Bernardino decide che è giunto il momento di rientrare, mentre Edoardo preferisce fermarsi ancora un po’. Quel poco tempo che ancora intende passare lontano da casa si dilata tuttavia a tal punto da impegnare tutto il resto della sua vita. Abbracciatisi a Campana con il proposito di ritrovarsi dopo poco, i due fratelli infatti non si incontreranno più. Bernardino, rientrato in Italia, trascorre alcuni anni a Milano. Qui sposa una ragazza calabrese e riprende a lavorare come falegname. Dal matrimonio non nascono figli così quando perde la moglie, poiché nulla lo trattiene in quella città, rientra a San Gavino. Nel paese natale si risposa con la signora Vincenza Manca, originaria di Aritzo. Muore a San Gavino nel 1988.

Cosa comune in molte storie di emigrazione, Edoardo resta fermamente convinto per tutta la vita che un giorno o l’altro farà ritorno a casa. Non si rende conto che ormai la sua casa si trova là, a Campana. Mantiene sempre forti i contatti con il fratello, i parenti e gli amici della sua Sardegna a cui sempre assicura che presto tornerà. Muore a Campana nel 1991.

Appendice Documentaria

Segue il testo della lettera che Edoardo scrive al nipote Raimondo Canargiu di San Gavino in occasione del matrimonio di quest’ultimo. La lettera evidenzia quanto Edoardo sia in costante contatto con i familiari e gli amici sardi, dei quali segue con partecipazione le vicende non mancando di far sentir loro il proprio affetto. Nello scritto sono rinvenibili i tratti della sua personalità: il piacere di trascorrere la propria vita in maniera spensierata, la passione per la caccia, il proposito di rientrare in Italia nell’immediato futuro.

Lettera

Campana 15.01.1967

Caro Raimondo e Signora,

ho ricevuto sebbene con ritardo la vostra partecipazione alle nozze. Ti auguro di cuore tutto il bene che possiate desiderare, e molte felicitazioni.

Mi riprometto di cogliere l’occasione per trovare il modo di farti avere un regalo, perchè mi fa tanto piacere pensare che il piccolo Raimondo è oggi un uomo di mezza età.

Già da tempo ho ricevuto da Antonio Corrias notizie dei famigliari tutti, incluso Luciano che spesso sta con loro a Cagliari.

Voglio sperare che in casa di tua madre stiano tutti bene e vorrei che tu mi facessi conoscere le novità su San Gavino.

Da parte mia sto sempre bene seppure faccia ancora vita da scapolo per il semplice motivo di essere libero di rientrare in Italia una volta realizzate le mie cose in Argentina.

Dino da Milano insiste continuamente che io torni in Italia.

Certamente mi piacerebbe moltissimo tornare in Italia quanto prima perché è proprio vero che vicino ai propri cari si sta molto meglio.

Ma lasciamo da parte ciò che mi riguarda augurandoci che tutto vada per il meglio. So che da voi quest’anno fa molto freddo e abbonda la neve mentre in Argentina siamo in piena estate, il raccolto è abbondante e non mancano le incursioni di caccia con ottimi risultati e ricchi carnieri.

In attesa di vostre nuove salutami tanto i tuoi famigliari. A voi novelli sposi un abbraccio affettuoso.

Edoardo.

  1. 1952: Gesuino Cirronis parte in Brasile seguendo le orme dello zio Don Luciano Usai7

Gesuino Cirronis nasce a San Gavino Monreale nel 19288. Trascorre la sua infanzia tra la scuola e il lavoro nei campi col padre. All’età di 20 anni è proprietario di una piccola officina in via Convento dove fa saldature, piccole riparazioni, lavori in ferro battuto come i primi cancelli e le inferriate della Scuola Vescovile di via Santa Severa. Nel 1951 lavora anche come istruttore tornitore presso le scuole d’avviamento professionale di San Gavino. Il suo sogno è quello di riuscire a comprare il terreno adiacente all’officina per poterla ingrandire e migliorarsi nel lavoro. Per lui è molto difficile raggiungere la somma sufficiente visto che non tutte le persone per cui esegue lavori lo pagano come stabilito. Pertanto chiede aiuto al padre suggerendogli di vendere un terreno di famiglia per prestargli i soldi che avrebbe poi restituito col guadagno dell’officina. Ma il padre, temendo di fare un torto agli altri figli e seppur con rammarico, non ha il coraggio di venderlo. Gesuino vede dunque sfumare il suo sogno e deluso decide di dare una svolta alla sua vita emigrando. Dopo aver sentito un annuncio alla radio e letto diversi volantini che invitavano gli italiani ad emigrare in America, fa allora richiesta di lavoro in Brasile, dove era da poco emigrato, sulle orme dello zio Don Luciano Usai9, un altro sangavinese, Mario Garau, di professione musicista (stabilitosi a Curitiba)10. Non tarda ad arrivare una risposta positiva alla sua richiesta, e nell’inverno del 1952, all’età di 24 anni, Gesuino intraprende da solo il suo viaggio verso il sogno americano. Durante il viaggio, lungo e pesante ma carico di speranze ed entusiasmo, incontra altri sardi diretti come lui in Brasile in cerca di fortuna. Il lavoro lo attende nella città di Belo Horizonte. La ditta che lo assume è seria, mantiene le promesse fatte e lui si adatta velocemente al nuovo impiego, alla nuova lingua, al nuovo clima. Lì incontra casualmente due compaesani, Eusebio Atzeni11 e Antonio Indeo, che all’epoca commerciavano cravatte. Dopo due anni di lavoro come dipendente, trascorsi serenamente nonostante la nostalgia di casa, Gesuino decide di mettersi in proprio aprendo una piccola officina. Non pago di questa nuova esperienza, dopo qualche anno si sposta a Rio de Janeiro, si spinge fino in Panama, per poi stabilirsi definitivamente a Ituiutaba, nello stato di Minas Gerais, particolarmente ricco di risorse minerarie e industrie estrattive nascenti.

Il lavoro di certo non gli manca ma i soldi non circolano facilmente. Una volta come retribuzione per un ingente lavoro gli viene proposto un appezzamento di terreno che Gesuino accetta con l’intenzione di costruire una casa e coltivare un piccolo orto per il suo fabbisogno. Intanto gli anni passano ed arriva il momento, l’esigenza di crearsi una famiglia. Gesuino conosce Terry, una brava ragazza di Belo Horizonte, se ne innamora e le chiede di sposarlo. Purtroppo nessun parente della Sardegna riesce a raggiungerli per festeggiare il matrimonio a causa del viaggio troppo costoso. Gesuino e Terry hanno la gioia di avere sette figli: Marisa, Rogerio, Marzia, Suely, Wellington, Remo e Paolo. La famiglia viene purtroppo colpita da un triste evento. Remo e Paolo soffrono di una rara malattia che impedisce loro di camminare – «non andas» dice lui parlando della paralisi che colpisce le gambe dei due bambini, come riferisce la sorella Natalina – . Le loro condizioni peggiorano visibilmente fino a quando i due bambini muoiono, fatalmente nello stesso giorno, Remo la mattina e Paolo la sera. Il dolore sconvolge tutta la famiglia, ma neppure stavolta i parenti della Sardegna riescono a raggiungere Gesuino in Brasile per alleviare le sofferenze di una tale perdita. Nonostante il dolore e per il bene degli altri figli Gesuino riprende subito il lavoro. Riesce perfino ad ampliare l’officina, ad assumere ben sei operai alle sue dipendenze. Poi colpito da una cataratta agli occhi si vede costretto a rinunciare al lavoro e decide di cedere l’officina al figlio Rogerio. Lui va in pensione mentre i figli si sistemano. Un figlio lavora nell’esercito, una figlia fa la parrucchiera, una lavora col marito nel campo degli impianti televisivi, l’altra si occupa del fratello meccanico e fa la ragioniera per l’officina. Nel 1991 Gesuino decide di venire in Sardegna, a San Gavino per rivedere i parenti dopo circa quaranta anni. Per ragioni economiche non gli è possibile portare la moglie e tanto meno il resto della famiglia. La sorella Natalina ricorda l’emozione del fratello nel rivedere i familiari, i luoghi dell’infanzia, le vie del paese, le campagne, i vecchi amici. Gesuino si sorprende per lo stile di vita e le condizioni economiche che trova in Sardegna, commenta dicendo «voi qui siete tutti ricchi, altro che America!». Ma sostiene di non essersi mai pentito per la scelta fatta. Lui in fondo ha vissuto bene il suo stato da emigrato seppur nella modestia e lontano dall’agiatezza che vede in Sardegna. Quando i parenti gli regalano una piccola somma di denaro per il suo rientro in Brasile afferma di non aver mai visto una cifra simile. Nel mentre Gesuino diventa nonno di cinque nipotini: Wellington, Anaflavia, William, Cassio e Cristian. Ora la sua occupazione principale è quella di coltivare l’orto adiacente la casa, allevare galline e maiali, cercando di seguire con i ricordi le tradizioni sarde. Coltiva il riso all’asciutto e non nelle risaie come in Sardegna e poi il mais che viene seminato dagli elicotteri. Gli piace cucinare piatti sardi, con lo zafferano che gli inviano i parenti di San Gavino. Ogni anno tutta la famiglia cerca di riunirsi in occasione del Natale. Si va al fiume a pescare e poi tutti a pranzo a festeggiare con canti e balli in sardo. L’unico sogno di Gesuino rimane quello di poter tornare in Sardegna con tutta la famiglia o ricevere la visita dei i parenti sardi per riunirsi tutti insieme almeno una volta.

Appendice Documentaria

Lettera n. 1

17-01-1985

Carissimi Natalina e Giovanni,

vi faccio sapere che godiamo di buona salute,altrettanto speriamo di voi tutti.

Vi faccio sapere che siamo andati a Belo Horizonte perché Terry doveva firmare un documento della proprietà lasciata da mio suocero, visto che lei è la maggiore avrà la responsabilità di tutto sino alla morte di mia suocera e dopo, garante un giudice, sarà fatta la divisione tra i figli, tanto dell’azienda agricola quanto della proprietà urbana.

In Belo Horizonte ho perduto la carta d’identità e per rifarla sono dovuto andare a Brasilia, alla polizia internazionale. Quindi questo viaggio mi ha fatto compiere 1.050 km da Ituiutaba a Belo Horizonte e 600 km da Belo Horizonte a Brasilia. In quanto a me non faccio più lavoro con macchine da 3 anni a causa della cataratta, adesso sono diventato una specie di contadino, ma solo nel mio terreno vicino a casa; pianto un po’ di tutto ciò che cresce con questo clima, non per guadagnare, ciò che si raccoglie viene usato in casa e questo rappresenta una forma di guadagno perché non si compra altrove. Rogerio ha trascorso una settimana qui da noi, non vedeva le sorelle da 3 anni; il lavoro non gli manca, attualmente ha 8 operai alle sue dipendenze nel campo dell’industria. Lui vive a 360 km di distanza e non può venire spesso, io e Terry andiamo a trovarlo 3 o 4 volte all’anno.

Vi scriverò più avanti facendovi sapere un po’ di questo Brasile.

Saluti a tutti, un grande abbraccio e bacioni a voi.

Ciao Ciao

Gesuino e Terry.

Lettera n. 2

07-12-1985

Carissimi Natalina e Giovanni,

è da molto tempo che non ho vostre notizie e lo stesso voi di noi.

Ti faccio sapere che grazie a Dio sto bene e così i miei.

Ci troviamo in buona salute ed altrettanto speriamo di voi.

Io ho già visto molto luoghi di questo Brasile e sono stato anche in Suriname, nazione che fa frontiera col Brasile. I miei figli sono tutti sistemati. Rogerio lavora nel campo dell’industria metallurgica, ha 6 operai che lavorano per lui, ha molto lavoro ma non vuole sposarsi per non avere la responsabilità di una moglie e per essere libero di andare dove vuole. Marzia abita vicino all’industria di Rogerio e fa di tutto per il fratello, gli prepara da mangiare, lava la sua roba e riassetta la casa. Marisa ha la casa unita alla mia residenza e Suely un poco più distante. Io e Terry siamo andati a Belo Horizonte dove abita mia suocera, ha ormai 86 anni e non sta affatto bene. Ci separano 12 ore di viaggio ed abbiamo voluto vederla ancora in vita, col suo stato di salute possiamo aspettare “il giorno che Dio vuole”.

Natalina e Giovanni fatemi sapere se i vostri figli Serenella e Marco vivono ancora a Milano. Immagino che Milena stia con voi, e Rita?vive a San Gavino? Ti chiedo di rispondere alla lettera inviandomi anche il tuo numero di telefono, almeno potrò telefonarvi.

Vi salutiamo con molti abbracci e bacioni,

Gesuino e Terry.

Vi auguriamo Buon Natale e felice anno nuovo con molta salute e prosperità.

Ciao Ciao.

 

 

 

FONTE: Manuela Ennas, Massimiliano Meloni, Profili biografici di Edoardo Ariu e Gesuino Cirronis di San Gavino, emigrati, rispettivamente, in Argentina e Brasile nel secondo dopoguerra, in Martino Contu, Giovannino Pinna (a cura di), L’emigrazione dalle isole del Mediterraneo all’America Latina fra XIX e XX secolo, Centro Studi SEA, Villacidro 2009, pp. 391-401.

 

a Operatrice culturale.

b Funzionario della Provincia del Medio Campidano.

1 Cfr. Contu Martino (a cura di), L’emigrazione sarda in Argentina e Uruguay (1920-1960). I casi di Guspini, Pabillonis, Sardara e Serrenti, Centro Studi SEA, Villacidro 2006.

2 Per notizie dettagliate si consulti il sito www.plusgenealogia.com

3 Cfr. Ibidem.

4 Il presente paragrafo è stato curato da Meloni Massimiliano.

5 Le notizie relative all’emigrato Edoardo Ariu sono state raccolte grazie alla testimonianza di Sanna Doloretta, rilasciata a Meloni Massimiliano, San Gavino Monreale, 24 giugno 2006 e alla testimonianza di Canargiu Raimondo, rilasciata all’autore del presente paragrafo, San Gavino Monreale, 26 giugno 2006.

6 Tra i suoi amici anche diversi sardi di Pabillonis, come i fratelli Antonio, Giovanni e Francesco Troncia, e Mario Nuscis di Arbus con sua moglie Olga Atzori, di Bindua, frazione di Iglesias, tutti emigrati in Argentina nel secondo dopoguerra. (Cfr. Garau Manuela, Pabillonis: le ondate migratorie degli anni Venti e Cinquanta-Sessanta e il fenomeno dei rientri, in Contu (a cura di), L’emigrazione sarda in Argentina e Uruguay, op. cit., pp. 95-144. In particolare, si veda la pagina 122, dove viene citato Ariu).

7 Questo paragrafo è stato curato da Ennas Manuela.

8 Le notizie su Gesuino Cirronis sono state raccolte grazie alle testimonianze di Cirronis Natalina e Corda Giovanni, rilasciate a Ennas Manuela, San Gavino Monreale, 13 luglio 2006.

9 Don Luciano Usai, prima cappellano militare in Africa al seguito dei militari italiani che combatterono a El-Alamein, e successivamente del battaglione “Giovanni Maria Angioj” (unico battaglione etnico, formato esclusivamente da militari sardi) della Repubblica Sociale Italiana, fu processato dal tribunale militare nel marzo del 1945 per alto tradimento e altre imputazioni. Condannato e rinchiuso nel carcere dell’Asinara, uscì nel 1946 a seguito della cosiddetta “Amnistia Togliatti”. Nel secondo dopoguerra, dopo aver svolto in Sardegna e per alcuni anni attività religiosa in favore delle missioni saveriane, «trovandosi spesso in contrasto con le “direttive” politiche delle autorità religiose, preferì partire missionario in Brasile. Finisce in un villaggio di capanne chiamato Jundiai Do Sul». (Abis Angelo, L’ultima frontiera dell’onore. I sardi a Salò, Doramarkus, Sassari 2009, p. 170, nota n. 16. Sulla vicenda biografica di don Usai, compresa la sua attività missionaria in Brasile, cfr., soprattutto, Sanna Michelangelo, Luciano Usai, missionario cappellano dei Guastatori, Edizioni Fiore, San Gavino Monreale 1993; e Contu Martino, Gavino De Lunas (“Rusignolu ‘e Padria”). Vita di un cantante, ufficiale postelegrafonico, martire delle Fosse Ardeatine, Centro Studi SEA, Villacidro 2005, pp. 140-152).

10 Costui viene citato nella prima pagina di un articolo de «L’Unione Sarda» del 25 novembre 1996, intitolato Più vicino a casa col computer, nel quale si afferma che a Curitiba vivono quattro sardi: Aldo Mario Deiana di Oristano, il reverendo Ciriaco Bandino di Nuoro, Tullio Serci di Pirri e «il maestro Antonio Garau di San Gavino».

11 Atzeni, emigrato in Brasile nel 1954, si sposò con una donna brasiliana, dalla quale ebbe due figli: Mirella e Giovanni. Separatosi dalla moglie e rientrato a San Gavino, non rivide più i suoi figli, lasciati in Brasile quando Mirella aveva 11 anni e Giovanni 9. Il 27 febbraio del 2000, dopo 30 anni, Atzeni ha incontrato e riabbracciato i due figli all’aeroporto di Elmas. (Cfr. San Gavino, pensionato riabbraccia i figli persi da trent’anni, in «L’Unione Sarda», 28 febbraio 2000, pp. 1 e 12.